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domenica 23 giugno 2024

Bene la Corte di giustizia che tutela il consumatore contro le clausole abusive

La Corte di giustizia ha, di recente, ritenuto di dover ribadire alcuni principi che riguardano le clausole abusive (vessatorie) inserite nei contratti bancari di credito al consumo, consentendoci di ricordare i diritti spettanti ai consumatori contro le banche.

Tali diritti, come osservato da giudice comunitario, devono essere estesi anche ai contratti accessori, ma collegati, a quello principale, con conseguente invalidità delle clausole inserite che limitano, come accaduto nel caso affrontato, la facoltà del consumatore di ottenere del credito dalla banca.

Ricordiamo che è abusiva la clausola che limiti i diritti del consumatore in ipotesi di acquisizione di servizi accessori, od anche laddove l'istituto bancario subordini la concessione del credito all'attivazione di ulteriori contratti.

Nella concreta fattispecie, i consumatori bulgari avevano stipulato un contratto di credito al consumo con il quale era stata avanzata la richiesta di una modesta somma di denaro (circa EUR 2 500), per un periodo di 36 mesi, soggetto ad un tasso d’interesse annuo del 41% e a un TAEG del 49,02%, con rimborso dell'importo di euro 4 400. 

Il contratto prevedeva la possibilità, in favore del cliente, di attivare una serie di servizi accessori al contratto principale, tra i quali:

- servizio "fast" con il quale il cliente poteva disporre della "priorità nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione dei fondi, la quale doveva avvenire entro 24 ore dal ricevimento, da parte del creditore, del contratto di credito firmato.". 

- servizio "flexi", il quale "consentiva, a determinate condizioni, la modifica del piano di rimborso iniziale.", al verificarsi di determinate condizioni, come ad esempio in ipotesi di inabilità al lavoro, di risoluzione del contratto di lavoro, di ferie non retribuite, di licenziamento, o decesso di un componente del nucleo che contribuisce  al reddito familiare. 

Il servizi accessori, però, non sono gratuiti, ma prevedono un costo che, secondo quanto accertato dal giudice bulgaro, comporta per i consumatori l'incremento dell'importo totale da rimborsare all'istituto di credito alla conclusione del contratto (circa EUR 6.257,00).

Peraltro, tale maggior importo era previsto solo nel caso di effettivo utilizzo del servizio accessorio, tant'è che per il professionista non esisteva alcun carattere vessatorio del contratto.

Orbene, il giudice comunitario ha accertato il carattere abusivo delle clausole previste nei contratti accessori, nel caso in cui prevedano dei costi supplementari a carico del consumatore, anche nell'ipotesi in cui non siano effettivamente esercitati dal cliente, prevedendo comunque dei costi spropositati a carico di quest'ultimo per il servizio ottenuto.

Corte di giustizia UE - Sez. IX - sentenza C - 714/22 .


 SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

21 marzo 2024 (*)


«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Contratti di credito al consumo – Direttiva 2008/48/CE – Articolo 3, lettera g), articolo 10, paragrafo 2, lettera g), e articolo 23 – Costo totale del credito per il consumatore – Assenza di indicazione dei relativi costi – Sanzione – Direttiva 93/13/CEE – Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Articolo 3, paragrafo 1, articolo 4, paragrafo 2, articolo 6, paragrafo 1, articolo 7, paragrafo 1 – Punto 1, lettera o), dell’allegato della direttiva 93/13/CEE – Servizi accessori a un contratto di credito – Clausole che attribuiscono a un consumatore che acquista tali servizi una priorità nell’esame della sua richiesta di credito e nella messa a disposizione della somma presa in prestito nonché la possibilità di dilazionare o di riorganizzare le rate mensili del credito dietro pagamento di costi supplementari»

Nella causa C‑714/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria), con decisione del 21 novembre 2022, pervenuta in cancelleria il 22 novembre 2022, nel procedimento

S.R.G.

contro

Profi Credit Bulgaria EOOD,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da O. Spineanu-Matei (relatrice), presidente di sezione, S. Rodin e L.S. Rossi, giudici,

avvocato generale: J. Richard de la Tour

cancelliere: R. Stefanova-Kamisheva, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 15 novembre 2023,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Profi Credit Bulgaria EOOD, da H. Hinov, M. Voynova, advokati, e K. Vonidova-Milcheva;

–        per la Commissione europea, da N. Nikolova, I. Rubene e N. Ruiz García, in qualità di agenti, vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni, ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’articolo 4, paragrafi 1 e 2, dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29), del punto 1, lettera o), dell’allegato della direttiva 93/13 nonché dell’articolo 3, lettera g), dell’articolo 10, paragrafo 2, lettera g), e dell’articolo 23 della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra S.R.G., residente in Bulgaria, e la Profi Credit Bulgaria EOOD, un istituto di credito di diritto bulgaro, in relazione all’invalidità di un contratto di credito e alle conseguenze che ne derivano per quanto riguarda la restituzione di somme dovute a titolo degli interessi e delle spese pagati in forza di tale contratto.

Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 93/13

3        Ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 93/13:

«1.      Una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale si considera abusiva se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

2.      Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto.

Il fatto che taluni elementi di una clausola o che una clausola isolata siano stati oggetto di negoziato individuale non esclude l’applicazione del presente articolo alla parte restante di un contratto, qualora una valutazione globale porti alla conclusione che si tratta comunque di un contratto di adesione.

Qualora il professionista affermi che una clausola standardizzata è stata oggetto di negoziato individuale, gli incombe l’onere della prova.

3.      L’allegato contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive».

4        L’articolo 4 di tale direttiva prevede quanto segue:

«1.      Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

2.      La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

5        L’articolo 6, paragrafo 1, di detta direttiva così dispone:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

6        L’articolo 7, paragrafo 1, della stessa direttiva enuncia quanto segue:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

7        L’allegato della direttiva 93/13 è intitolato «[c]lausole di cui all’articolo 3, paragrafo 3». Il punto 1, lettera o), di tale allegato è così formulato:

«1.      Clausole che hanno per oggetto o per effetto di:

(...)

o)      obbligare il consumatore ad adempiere ai propri obblighi anche in caso di eventuale mancato adempimento degli obblighi incombenti al professionista».

 Direttiva 2008/48/CE

8        I considerando 19, 20, 43 e 47 della direttiva 2008/48 enunciano quanto segue:

«(19)      Affinché i consumatori possano prendere le loro decisioni con piena cognizione di causa, è opportuno che ricevano informazioni adeguate, che il consumatore possa portare con sé ed esaminare, prima della conclusione del contratto di credito, circa le condizioni e il costo del credito e le loro obbligazioni. Per assicurare la maggiore trasparenza possibile e per consentire il raffronto tra le offerte, tali informazioni dovrebbero comprendere, in particolare, il tasso annuo effettivo globale [(TAEG)] relativo al credito, determinato nello stesso modo in tutta la Comunità. (...)

(20)      Il costo totale del credito al consumatore dovrebbe comprendere tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte, le spese per gli intermediari del credito e tutte le altre spese, legate al contratto di credito, che il consumatore deve pagare, escluse le spese notarili. (...)

(...)

(43)      Al fine di promuovere l’instaurazione e il funzionamento del mercato interno e di garantire ai consumatori un elevato grado di tutela in tutta la Comunità, è necessario assicurare la comparabilità delle informazioni riguardanti i [TAEG] in tutta [l’Unione]. (...) La presente direttiva dovrebbe dunque definire chiaramente ed esaurientemente il costo totale del credito al consumo.

(...)

(47)      Gli Stati membri dovrebbero stabilire norme sulle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni interne adottate a norma della presente direttiva ed assicurarne l’attuazione. Benché la scelta delle sanzioni sia lasciata alla discrezionalità degli Stati membri, le sanzioni previste dovrebbero essere effettive, proporzionate e dissuasive».

9        L’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(...)

g)      “costo totale del credito per il consumatore”: tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili; sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte;

(...)

i)      “[TAEG]”: il costo totale del credito al consumatore espresso in percentuale annua dell’importo totale del credito, se del caso includendo i costi di cui all’articolo 19, paragrafo 2 (...)».

10      L’articolo 10 della direttiva in parola, intitolato «Informazioni da inserire nei contratti di credito», al suo paragrafo 2, dispone quanto segue:

«Nel contratto di credito figurano, in modo chiaro e conciso, le informazioni seguenti:

(...)

g)      il [TAEG] e l’importo totale che il consumatore è tenuto a pagare, calcolati al momento della conclusione del contratto di credito; sono indicate tutte le ipotesi utilizzate per il calcolo di tale tasso; (...)».

11      L’articolo 19 della medesima direttiva, intitolato «Calcolo del [TAEG]», al paragrafo 2, così dispone:

«Al fine di calcolare il [TAEG], si determina il costo totale del credito al consumatore, ad eccezione di eventuali penali che il consumatore sia tenuto a pagare per la mancata esecuzione di uno qualsiasi degli obblighi stabiliti nel contratto di credito e delle spese, diverse dal prezzo d’acquisto, che competono al consumatore all’atto dell’acquisto, in contanti o a credito, di merci o di servizi.

I costi di gestione del conto sul quale vengono registrate le operazioni di pagamento e i prelievi, i costi relativi all’utilizzazione di un mezzo di pagamento che permetta di effettuare pagamenti e prelievi e gli altri costi relativi alle operazioni di pagamento sono inclusi nel costo totale del credito al consumatore, a meno che l’apertura del conto sia facoltativa e i costi correlati al conto siano stati indicati in modo chiaro e distinto nel contratto di credito o in qualsiasi altro contratto concluso con il consumatore».

12      L’articolo 22 della direttiva 2008/48, intitolato «Armonizzazione e obbligatorietà della direttiva», è così formulato:

«(...) 3.      Gli Stati membri provvedono inoltre affinché le disposizioni adottate per dare esecuzione alla presente direttiva non possano essere eluse attraverso l’impiego di forme particolari di contratti, in particolare includendo prelievi o contratti di credito che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva in contratti di credito la cui natura o finalità consenta di evitare l’applicazione della direttiva stessa.

4.      Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché i consumatori non siano privati della tutela accordata dalla presente direttiva a seguito della scelta della legge di uno Stato terzo quale legge applicabile al contratto di credito, se tale contratto presenta uno stretto legame con il territorio di uno o più Stati membri».

13      L’articolo 23 di tale direttiva, intitolato «Sanzioni», così dispone:

«Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive».

 Diritto bulgaro

 Legge sulle obbligazioni e i contratti

14      Lo Zakon za zadalzheniyata i dogovorite (legge sulle obbligazioni e sui contratti, DV n. 275 del 22 novembre 1950), al suo articolo 26, paragrafo 1, stabilisce quanto segue:

«Sono nulli i contratti contrari alla legge o volti a raggirarla, nonché i contratti contrari al buon costume, compresi i contratti riguardanti future successioni».

 ZPK

15      Lo Zakon za potrebitelskia kredit (legge sul credito al consumo, DV n. 18, del 5 marzo 2010; in prosieguo: lo «ZPK»), al suo articolo 10 bis, prevede quanto segue:

«(1)      Il creditore può fatturare al consumatore spese e commissioni per servizi accessori relativi al contratto di credito ai consumatori.

(2)      Il creditore non può esigere il pagamento di spese e di commissioni per attività relative a un prelievo e alla gestione del credito.

(3)      Il creditore può percepire una sola volta spese e/o una commissione per la stessa attività.

(4)      Il contratto di credito ai consumatori deve determinare in modo chiaro e preciso il tipo e l’importo delle spese e/o delle commissioni, nonché l’attività per la quale sono fatturate».

16      Ai sensi dell’articolo 11 dello ZPK:

«(1)      Il contratto di credito ai consumatori è redatto in un linguaggio comprensibile e contiene: (...)

10.      il [TAEG] e l’importo totale che il consumatore è tenuto a pagare, calcolati al momento della conclusione del contratto di credito; devono essere indicate le ipotesi utilizzate per il calcolo di tale tasso, quali definite all’allegato 1 (...)».

17      L’articolo 19 del ZPK così recita:

«(1)      Il [TAEG] del credito corrisponde alla somma dei costi attuali e futuri del credito per il consumatore (interessi, altri costi diretti o indiretti, commissioni o compensi di qualsiasi natura, [...]), espresso in percentuale annua dell’importo totale del credito.

(2)      Il [TAEG] del credito è calcolato tramite una formula (...)

(3)      Il calcolo del [TAEG] del credito non include le spese:

1.      che il consumatore versa in caso di mancata esecuzione dei suoi obblighi derivanti dal contratto di credito ai consumatori;

2.      diverse dal prezzo di acquisto del bene o del servizio che competono al consumatore all’atto dell’acquisto, in contanti o a credito, di beni o di servizi.

3.      di gestione di un conto in relazione al contratto di credito ai consumatori; le spese (...) sono indicate in modo chiaro e distinto nel contratto di credito o in qualsiasi altro contratto concluso con il consumatore.

(4)      (...) Il [TAEG] non può eccedere il quintuplo degli interessi moratori al tasso legale in [leva bulgari (BGN)] e in valuta estera determinati con decreto del Consiglio dei ministri della Repubblica di Bulgaria.

(5)      (...) Le clausole contrattuali eccedenti le spese determinate al paragrafo 4 sono considerate nulle.

(6)      (...) Qualora siano stati eseguiti pagamenti in forza di contratti contenenti clausole che siano state annullate ai sensi del paragrafo 5, gli importi fatturati che eccedono la soglia indicata al paragrafo 4 sono dedotti dai successivi pagamenti effettuati a titolo del credito».

18      L’articolo 21 ZPK così dispone:

«(1)      È nulla qualsiasi clausola di un contratto di credito ai consumatori che abbia lo scopo o il risultato di eludere gli obblighi di cui alla presente legge.

(2)      È nulla qualsiasi clausola di un contratto di credito ai consumatori a tasso fisso che preveda un’indennità per il creditore superiore a quanto previsto all’articolo 32, paragrafo 4».

19      L’articolo 22 del ZPK così dispone:

«(...) In caso di inosservanza degli obblighi di cui all’articolo 10, paragrafo 1, all’articolo 11, paragrafo 1, punti da 7 a 12 e 20 e paragrafo 2, nonché all’articolo 12, paragrafo 1, punti da 7 a 9, il contratto di credito ai consumatori è invalido».

20      L’articolo 23 dello ZPK prevede quanto segue:

«Qualora il contratto di credito ai consumatori sia dichiarato invalido, il consumatore è debitore soltanto del valore netto (il capitale) del prestito; egli non è debitore degli interessi né di altre spese del credito».

21      Ai sensi dell’articolo 1, punto 1, delle disposizioni complementari allo ZPK:

«Ai fini della presente legge: per “costo totale del credito per il consumatore” si intendono tutti i costi del credito, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte, la remunerazione degli intermediari del credito e tutti gli altri tipi di spese direttamente connesse con il contratto di credito ai consumatori che il consumatore deve pagare e di cui il creditore è a conoscenza, compresi i costi relativi ai servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito o in applicazione delle clausole e delle condizioni commerciali. Il costo totale del credito ai consumatori non comprende le spese notarili».

GPK

22      Il Grazhdanski protsesualen kodeks (codice di procedura civile, DV n. 59 del 20 luglio 2007; in prosieguo: il «GPK»), all’articolo 7, paragrafo 3, così dispone:

«(…) Il giudice controlla d’ufficio la presenza di clausole abusive contenute in un contratto stipulato con un consumatore. Esso offre alle parti la possibilità di formulare osservazioni su tali questioni».

23      Ai sensi dell’articolo 78 del GPK:

«(1)      Gli oneri sostenuti dall’attore nonché, in caso di patrocinio da parte di un avvocato, i relativi onorari e spese, sono sostenuti dal convenuto proporzionalmente alla parte della domanda che è stata accolta.

(2)      Se il convenuto non è, con il suo comportamento, all’origine del procedimento e riconosce la fondatezza della domanda, le spese sono poste a carico dell’attore.

(3)      Anche il convenuto ha il diritto di chiedere il rimborso delle spese sostenute, proporzionalmente alla parte della domanda che è stata respinta.

(4)      Il convenuto ha altresì diritto alle spese in caso di archiviazione della causa. (…)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

24      Il 10 ottobre 2019 le parti nel procedimento principale hanno stipulato un contratto di credito al consumo avente ad oggetto il prestito di una somma di BGN 5 000 (circa EUR 2 500) per un periodo di 36 mesi, soggetto ad un tasso d’interesse annuo del 41% e a un TAEG del 49,02%. L’importo totale da rimborsare a titolo di tale contratto ammontava a BGN 8 765,02 (circa EUR 4 400).

25      Detto contratto prevedeva che il cliente avesse la possibilità di acquistare uno o più servizi accessori le cui regole di utilizzo erano specificate nelle condizioni generali del medesimo contratto. Pertanto, in forza del punto 15 di queste ultime, il cliente poteva scegliere di non acquistare servizi accessori o di acquistarne uno o più. Il punto 15.1 di tali condizioni descriveva il servizio «Fast» nel senso che attribuiva al cliente che acquistava tale servizio una priorità nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione dei fondi, la quale doveva avvenire entro 24 ore dal ricevimento, da parte del creditore, del contratto di credito firmato. Al punto 15.2 di dette condizioni, il servizio «Flexi» era descritto nel senso che consentiva, a determinate condizioni, la modifica del piano di rimborso iniziale. Quest’ultimo servizio dava la possibilità di dilazionare il pagamento di rate mensili in caso, in particolare, di inabilità al lavoro, di risoluzione del contratto di lavoro, di ferie non retribuite, di perdita o di deterioramento di beni a seguito di una catastrofe o di decesso della persona che contribuisce al reddito familiare. Secondo il punto 15.2.2.1 delle medesime condizioni, per beneficiare di tale servizio «Flexi», doveva essere firmata una clausola aggiuntiva al contratto.

26      S.R.G. ha scelto di acquistare i servizi accessori «Fast» e «Flexi» rispettivamente ai prezzi di BGN 1 250 (circa EUR 625) e di BGN 2 500 (circa EUR 1 250). Poiché tali prezzi sono stati inclusi nel piano di rimborso in quanto componenti del contratto di credito di cui trattasi, essi hanno portato l’importo totale da rimborsare a titolo di quest’ultimo a BGN 12 515,02 (circa EUR 6 257).

27      Secondo il giudice del rinvio, nel procedimento principale è pacifico che tali servizi accessori sono stati richiesti liberamente al momento della conclusione del contratto di credito di cui trattasi, senza che sia addotto che S.R.G. sarebbe stata indotta in errore per quanto riguarda la natura di tale contratto e che la Profi Credit Bulgaria non avrebbe acconsentito alla concessione di tale credito se detti servizi non fossero stati acquistati.

28      S.R.G. ha adito il giudice del rinvio con un’azione di accertamento negativo diretta a far dichiarare di non essere debitrice nei confronti della Profi Credit Bulgaria di un importo totale di BGN 7 515,02 (circa EUR 3 775), di cui BGN 3 765,02 (circa EUR 1 900) corrispondono all’importo accumulato degli interessi contrattuali, ivi compreso il tasso d’interesse annuo e il TAEG per tutta la durata del contratto di credito in questione, e BGN 3 750 (circa EUR 1 875) a tutte le somme dovute per i servizi accessori «Fast» e «Flexi».

29      Secondo S.R.G., le clausole contrattuali che stabiliscono l’obbligo di pagare tali interessi e detti servizi sono nulle, in quanto contrarie al buon costume. Da un lato, la ricorrente nel procedimento principale sostiene che detti servizi, per la cui remunerazione viene richiesto un importo superiore alla metà dell’importo prestato, rientrano in realtà nell’attività di gestione del credito. Orbene, ai sensi dell’articolo 10 bis, paragrafo 2, dello ZPK, il creditore non potrebbe esigere il pagamento di spese e commissioni per tale attività. Dall’altro lato, ella afferma che il prezzo degli stessi servizi avrebbe dovuto essere incluso nel TAEG, in quanto rappresenta un costo compreso nel contratto di credito e nel piano di rimborso di cui trattasi. Orbene, il creditore avrebbe deliberatamente omesso di includere tale prezzo nel TAEG al fine di eludere l’articolo 19, paragrafo 4, dello ZPK, secondo cui il TAEG non può eccedere il quintuplo degli interessi moratori al tasso legale in BGN e in valuta estera.

30      Per contro, la Profi Credit Bulgaria afferma che S.R.G. ha scelto di acquistare i servizi accessori «Fast» e «Flexi» con conoscenza delle informazioni che essa le aveva fornito prima della conclusione del contratto di credito di cui trattasi e che S.R.G. si sarebbe avvalsa di tali servizi. Per quanto riguarda i tassi di interesse e il calcolo del TAEG, la convenuta nel procedimento principale fa valere che tale contratto di credito prevedeva che detto calcolo fosse effettuato sulla base degli importi iniziali degli interessi e degli altri costi e che esso fosse applicato fino alla fine della durata di detto contratto.

31      In tale contesto, il giudice del rinvio si interroga, in primo luogo, sull’interpretazione della direttiva 2008/48, in particolare sulla determinazione del TAEG, sulle conseguenze di un’indicazione inesatta di tale tasso in un contratto di credito nonché sulla proporzionalità della sanzione prevista dalla normativa bulgara in caso di indicazione inesatta di detto tasso.

32      A tale riguardo, detto giudice fa valere che, conformemente all’articolo 22 dello ZPK, in combinato disposto con l’articolo 11, paragrafo 1, punto 10, e con l’articolo 23 dello ZPK, un contratto di credito al consumo che non indica il TAEG è nullo e non avvenuto, e il consumatore è debitore solo del valore netto del prestito, senza interessi o spese. Pertanto, detto giudice si pone la questione se, nel caso di specie, la remunerazione convenuta per i servizi accessori «Fast» e «Flexi» costituisca un costo che avrebbe dovuto essere incluso nella formula di calcolo del TAEG, conformemente all’articolo 3, lettera g), della direttiva 2008/48, e se l’indicazione inesatta di tale tasso nel contratto di credito di cui trattasi potesse essere assimilata alla mancata indicazione di detto tasso. Esso si interroga, inoltre, sulla proporzionalità, ai sensi di tale direttiva, di una normativa nazionale che sanziona la nullità di un contratto indicante un TAEG errato e priva, per tale motivo, il creditore del suo diritto agli interessi e alle spese previsti da tale contratto.

33      In secondo luogo, facendo riferimento al suo obbligo di controllare il carattere abusivo delle clausole nei contratti stipulati con i consumatori, il giudice del rinvio si interroga sull’interpretazione della direttiva 93/13, in particolare sulla questione se clausole di un contratto di credito vertenti su servizi accessori come quelli di cui trattasi nella controversia di cui è investito rientrino nell’oggetto principale di tale contratto di credito e, eventualmente, se esse presentino un carattere abusivo.

34      In terzo e ultimo luogo, sempre alla luce della direttiva 93/13, come interpretata dalla Corte nella sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578), il giudice del rinvio si interroga sulla ripartizione delle spese, in particolare sulla questione se un eventuale obbligo, per S.R.G., di farsi carico di una parte delle spese in caso di accoglimento parziale della sua domanda violi l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, di tale direttiva.

35      In tali circostanze, il Sofiyski rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 3, lettera g), della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che le spese per servizi accessori, concordati in relazione a un contratto di credito al consumo, come le spese per la possibilità di dilazione e di riduzione dell’importo delle rate, rappresentano una componente del [TAEG] per il credito.

2)      Se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera g), della direttiva 2008/48/CE debba essere interpretato nel senso che l’errata indicazione del [TAEG] in un contratto di credito tra un professionista e un consumatore in veste di prenditore del credito deve essere considerata come mancata indicazione del [TAEG] nel contratto di credito e il giudice nazionale deve applicare le conseguenze giuridiche previste nel diritto nazionale per la mancata indicazione del [TAEG] in un contratto di credito al consumo.

3)      Se l’articolo 22, paragrafo 4, della direttiva [2008/48] debba essere interpretato nel senso che una sanzione prevista nel diritto nazionale sotto forma di nullità del contratto di credito al consumo, in base alla quale deve essere rimborsato unicamente l’importo del capitale erogato, sia proporzionata nel caso in cui il [TAEG] sia indicato in modo impreciso in detto contratto.

4)      Se l’articolo 4, paragrafi 1 e 2, della direttiva [93/13] debba essere interpretato nel senso che le spese per un pacchetto di servizi accessori, previsti in un distinto accordo integrativo di un contratto di credito al consumo quale contratto principale, devono essere considerate come parte dell’oggetto principale del contratto e non sono quindi oggetto della valutazione di abusività.

5)      Se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [93/13] in combinato disposto con il punto 1, lettera o), dell’allegato della direttiva debba essere interpretato nel senso che una clausola contenuta in un contratto sui servizi accessori a un credito al consumo è abusiva se, ai sensi della stessa, viene riconosciuta al consumatore la possibilità in astratto di dilazionare e riorganizzare i suoi pagamenti, a fronte della quale tale consumatore è debitore di spese anche qualora non si avvalga di detta possibilità.

6)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nonché il principio di effettività debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a un regime che consente, nei seguenti casi, di far gravare sul consumatore una parte delle spese processuali[, in primo luogo,] in caso di accoglimento parziale della domanda di accertamento della non debenza di determinati importi in ragione dell’accertato carattere abusivo di una clausola (...)[, in secondo luogo,] quando l’esercizio del diritto del consumatore in relazione alla quantificazione del credito è praticamente impossibile o eccessivamente difficile[, in terzo luogo,]; ogniqualvolta vi sia una clausola abusiva, compresi i casi in cui la sussistenza della clausola abusiva non incide direttamente, né in tutto, né in parte, sull’ammontare del credito vantato dal creditore o in cui la clausola non è direttamente collegata all’oggetto del procedimento».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

36      In via preliminare, occorre osservare che, sebbene, nella formulazione della prima questione, il giudice del rinvio si limiti a menzionare il servizio, accessorio al contratto di credito al consumo, che consente di dilazionare il rimborso delle rate mensili o di ridurne l’importo, tuttavia dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che la problematica sollevata da tale questione riguarda entrambi i servizi accessori di cui trattasi nel procedimento principale, menzionati al punto 25 della presente sentenza.

37      Pertanto, al fine di fornire una risposta utile e completa a tale giudice, si deve ritenere che detta questione riguardi tali due servizi accessori e che, con essa, detto giudice chieda, in sostanza, se l’articolo 3, lettera g), della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che i costi relativi a servizi accessori a un contratto di credito al consumo, che attribuiscono al consumatore che acquista tali servizi una priorità nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione della somma presa in prestito nonché la possibilità di dilazionare il rimborso delle rate mensili o di ridurne l’importo, rientrano nella nozione di «costo totale del credito per il consumatore», ai sensi di tale disposizione, e, di conseguenza, in quella di «TAEG», ai sensi di tale articolo 3, lettera i).

38      Ai sensi dell’articolo 3, lettera g), della direttiva 2008/48, la nozione di «costo totale del credito per il consumatore» include «tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili». Conformemente a tale disposizione, detti costi comprendono anche i costi relativi ai servizi accessori connessi con il contratto di credito, a condizione che la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio sia obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte.

39      Ai sensi dell’articolo 3, lettera i), della direttiva 2008/48, il TAEG corrisponde al costo totale del credito al consumatore espresso in percentuale annua dell’importo totale del credito, se del caso includendo i costi di cui all’articolo 19, paragrafo 2, di tale direttiva.

40      Al fine di garantire una tutela dei consumatori estesa, il legislatore dell’Unione europea ha adottato una definizione ampia della nozione di «costo totale del credito per il consumatore» (sentenza del 16 luglio 2020, Soho Group, C‑686/19, EU:C:2020:582, punto 31 e giurisprudenza ivi citata), che designa tutti i costi che il consumatore è tenuto a pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza (sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová, C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 84).

41      Inoltre, al fine di garantire tale tutela, l’articolo 22, paragrafo 3, della direttiva 2008/48 impone agli Stati membri di provvedere affinché le disposizioni da essi adottate per l’attuazione di tale direttiva non possano essere eluse attraverso particolari formulazioni dei contratti (sentenza dell’11 settembre 2019, Lexitor, C‑383/18, EU:C:2019:702, punto 30).

42      Da quanto precede risulta che, al fine di rispondere alla prima questione, occorre esaminare, da un lato, se l’acquisto dei servizi accessori di cui trattasi costituisca una condizione per ottenere il credito o sia reso obbligatorio in applicazione delle clausole contrattuali e delle condizioni commerciali e, dall’altro, se si tratti effettivamente di servizi accessori al contratto di credito di cui trattasi nel procedimento principale e non già di una montatura destinata a dissimulare il costo effettivo di tale credito, come affermato, in sostanza, da S.R.G.

43      A tale riguardo, occorre precisare, anzitutto, che spetta soltanto al giudice del rinvio procedere a un siffatto esame tenendo conto di tutte le informazioni di cui dispone. Nel corso di tale esame, detto giudice non può fondarsi unicamente sulla circostanza che i servizi accessori di cui trattasi nel procedimento principale sono stati richiesti liberamente al momento della conclusione di tale contratto di credito o che, come la Profi Credit Bulgaria ha fatto valere in udienza di discussione, gli importi dovuti in forza di detto contratto e i costi relativi a tali servizi erano indicati separatamente nel piano di rimborso iniziale.

44      Detto giudice deve altresì riferirsi all’insieme delle disposizioni del contratto di credito di cui al procedimento principale e delle sue condizioni generali nonché al contesto giuridico e alle circostanze di fatto in cui tale contratto si inserisce al fine di stabilire se la conclusione di quest’ultimo fosse subordinata all’acquisizione dei servizi accessori di cui trattasi o resa obbligatoria da tali disposizioni e condizioni generali o da condizioni commerciali e se una costruzione contrattuale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, non mirasse, in realtà, a che la remunerazione per la somma data in prestito sia in parte esternalizzata mediante clausole relative a tali servizi accessori, di modo che essa non figuri completamente in detto contratto e, di conseguenza, non rientri né nella nozione di «costo totale del credito per il consumatore» né in quella di «TAEG», ai sensi della direttiva 2008/48.

45      In particolare, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 41 della presente sentenza, spetta al giudice del rinvio verificare se la mancata inclusione del prezzo di detti servizi accessori nel TAEG mirasse, in realtà, ad eludere il divieto enunciato all’articolo 19, paragrafo 4, dello ZPK, il quale prevede che tale tasso non possa eccedere il quintuplo degli interessi moratori al tasso legale in BGN e in valuta estera determinati con decreto del Consiglio dei ministri della Repubblica di Bulgaria.

46      Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, lettera g), della direttiva 2008/48 deve essere interpretato nel senso che i costi relativi a servizi accessori a un contratto di credito al consumo, che attribuiscono al consumatore che acquista tali servizi una priorità nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione della somma presa in prestito, nonché la possibilità di dilazionare il rimborso delle rate mensili o di ridurne l’importo, rientrano nella nozione di «costo totale del credito per il consumatore», ai sensi di tale disposizione, e, di conseguenza, in quella di «TAEG», ai sensi di tale articolo 3, lettera i), qualora l’acquisto di detti servizi risulti obbligatorio per ottenere il credito di cui trattasi o qualora gli stessi costituiscano una montatura destinata a dissimulare il costo effettivo di tale credito.

Sulle questioni seconda e terza

47      In via preliminare, occorre rilevare che, sebbene il giudice del rinvio abbia fatto riferimento, nella sua terza questione, all’articolo 22, paragrafo 4, della direttiva 2008/48, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, come precisata da tale giudice, risulta che i suoi dubbi vertono essenzialmente sull’articolo 23 di tale direttiva.

48      Peraltro, dal momento che la Corte è competente a fornire a tale giudice tutti gli elementi interpretativi che possano essere utili per definire il procedimento principale, traendo dall’insieme degli elementi forniti da tale giudice, e in particolare dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione tenuto conto dell’oggetto della controversia (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2021, Profi Credit Slovakia, C‑485/19, EU:C:2021:313, punto 50 e giurisprudenza ivi citata), occorre rispondere alla terza questione in considerazione di tale articolo 23.

49      Di conseguenza, si deve ritenere che, con le sue questioni seconda e terza, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chieda, in sostanza, se l’articolo 10, paragrafo 2, lettera g), e l’articolo 23 della direttiva 2008/48 debbano essere interpretati nel senso che ostano a che, qualora un contratto di credito al consumo non menzioni un TAEG comprendente tutti i costi previsti all’articolo 3, lettera g), di tale direttiva, detto contratto sia considerato esente da interessi e da spese, di modo che il suo annullamento comporta soltanto la restituzione, da parte del consumatore interessato, del capitale prestato.

50      Al fine di rispondere a tali questioni, occorre ricordare, da un lato, che l’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/48 opera un’armonizzazione totale per quanto riguarda gli elementi che devono essere obbligatoriamente inclusi in un contratto di credito (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2016, Home Credit Slovakia, C‑42/15, EU:C:2016:842, punto 56). A tal fine, l’articolo 10, paragrafo 2, lettera g), di tale direttiva prevede che il contratto di credito indichi, in modo chiaro e conciso, il TAEG e l’importo totale che il consumatore è tenuto a pagare, calcolati al momento della conclusione del contratto di credito.

51      Dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’indicazione del TAEG nel contratto di credito riveste un’importanza essenziale, segnatamente nei limiti in cui consente al consumatore di valutare la portata del suo impegno (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2016, Home Credit Slovakia, C‑42/15, EU:C:2016:842, punti 67 e 70).

52      Dall’altro lato, dall’articolo 23 della direttiva 2008/48, letto alla luce del considerando 47 di quest’ultima, risulta che, sebbene la scelta del regime sanzionatorio applicabile in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma di tale direttiva venga lasciata alla discrezionalità degli Stati membri, le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Ciò implica che la severità di dette sanzioni deve essere adeguata alla gravità delle violazioni che esse reprimono, garantendo, in particolare, un effetto realmente dissuasivo, fermo restando il rispetto del principio generale di proporzionalità (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2016, Home Credit Slovakia, C‑42/15, EU:C:2016:842, punti da 61 a 63 e giurisprudenza ivi citata).

53      In considerazione dell’importanza essenziale che l’indicazione del TAEG in un siffatto contratto riveste per il consumatore, la Corte ha dichiarato che un giudice nazionale può applicare d’ufficio una normativa nazionale in base alla quale la mancanza di tale indicazione comporta che il credito concesso sia considerato esente da interessi e da spese (v., in tal senso, ordinanza del 16 novembre 2010, Pohotovosť, C‑76/10, EU:C:2010:685, punto 77).

54      La Corte ha altresì dichiarato che, in una situazione in cui un contratto di credito menzionava un TAEG stimato, il cui importo esatto doveva essere specificato dopo la concessione del credito, una siffatta sanzione di decadenza del creditore dal suo diritto agli interessi e alle spese doveva essere considerata proporzionata, ai sensi dell’articolo 23 della direttiva 2008/48 (v., in tal senso, sentenza del 9 novembre 2016, Home Credit Slovakia, C‑42/15, EU:C:2016:842, punti 18 e da 69 a 71).

55      Nel caso di specie, in considerazione del carattere essenziale della menzione del TAEG in un contratto di credito al consumo al fine di consentire ai consumatori di conoscere i loro diritti e i loro obblighi, nonché dell’obbligo di includere nel calcolo di tale tasso tutti i costi di cui all’articolo 3, lettera g), della direttiva 2008/48, occorre considerare che l’indicazione di un TAEG che non rifletta fedelmente l’insieme di tali costi priva il consumatore della possibilità di determinare la portata del suo impegno allo stesso modo della mancata indicazione di tale tasso. Di conseguenza, una sanzione di decadenza del creditore dal suo diritto agli interessi e alle spese, in caso di indicazione di un TAEG che non include l’integralità di detti costi, riflette la gravità di una siffatta violazione e riveste un carattere dissuasivo e proporzionato.

56      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla seconda e alla terza questione dichiarando che l’articolo 10, paragrafo 2, lettera g), e l’articolo 23 della direttiva 2008/48 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a che, qualora un contratto di credito al consumo non menzioni un TAEG comprendente tutti i costi previsti all’articolo 3, lettera g), di tale direttiva, detto contratto sia considerato esente da interessi e da spese, di modo che il suo annullamento comporta soltanto la restituzione, da parte del consumatore interessato, del capitale prestato.

Sulla quarta questione

57      Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che clausole vertenti su servizi accessori a un contratto di credito al consumo, che attribuiscono al consumatore che acquista tali servizi una priorità nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione della somma presa in prestito nonché la possibilità di dilazionare il rimborso delle rate mensili o di ridurne l’importo, rientrano nell’oggetto principale di tale contratto, ai sensi di detta disposizione, e sfuggono quindi alla valutazione del loro carattere abusivo.

58      In via preliminare, occorre osservare che, sebbene, secondo la formulazione di tale questione, i servizi accessori di cui trattasi nel procedimento principale fossero previsti in un accordo accessorio al contratto di credito considerato, una siffatta indicazione non risulta chiaramente dalla domanda di pronuncia pregiudiziale. Tuttavia, poiché le clausole relative a tali servizi sono intrinsecamente connesse a detto contratto, esse non possono esistere autonomamente, in assenza di tale contratto, e i costi relativi a detti servizi sono inclusi nel piano di rimborso del prestito. Tali clausole devono, pertanto, essere analizzate nel contesto di detto contratto e rispetto all’oggetto di quest’ultimo, indipendentemente dalla questione se esse figurino nel contratto stesso o in un accordo accessorio a quest’ultimo.

59      A tale riguardo, occorre ricordare che l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 sancisce un’eccezione al meccanismo di controllo nel merito delle clausole abusive quale previsto nell’ambito del sistema di tutela dei consumatori attuato da tale direttiva e che, pertanto, occorre dare un’interpretazione restrittiva alla disposizione in parola (sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU:C:2017:703, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

60      Per quanto riguarda la categoria delle clausole contrattuali rientranti nella nozione di «oggetto principale del contratto», ai sensi di detta disposizione, la Corte ha statuito che tali clausole devono intendersi come quelle che fissano le prestazioni essenziali di detto contratto e che, come tali, lo caratterizzano. Per contro, le clausole che rivestono un carattere accessorio rispetto a quelle che definiscono l’essenza stessa del rapporto contrattuale non possono rientrare in tale nozione (sentenza del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU:C:2017:703, punti 35 e 36 e giurisprudenza ivi citata).

61      Le prestazioni essenziali di un contratto di credito sono che il creditore si impegna, principalmente, a mettere a disposizione del prenditore del credito una determinata somma di denaro, mentre quest’ultimo si impegna, da parte sua, principalmente a rimborsare, generalmente con gli interessi, detta somma secondo le scadenze previste [v., in tal senso, sentenza del 16 marzo 2023, Caixabank (Commissione di apertura del mutuo), C‑565/21, EU:C:2023:212, punto 18 e giurisprudenza ivi citata].

62      In considerazione dell’obbligo di interpretare restrittivamente l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, la Corte ha dichiarato che l’obbligo di remunerare servizi connessi all’esame, alla concessione e al trattamento del prestito o altri servizi analoghi inerenti all’attività del creditore occasionata dalla concessione del prestito non può essere considerato come rientrante tra le prestazioni essenziali risultanti da un contratto di credito quali individuate al punto precedente della presente sentenza [sentenza del 16 marzo 2023, Caixabank (Commissione di apertura del mutuo), C‑565/21, EU:C:2023:212, punti 22 e 23].

63      Occorre altresì ricordare che le clausole contemplate da tale disposizione si sottraggono alla valutazione del loro carattere abusivo soltanto qualora il giudice nazionale competente consideri, in seguito a un esame caso per caso, che esse sono state formulate dal professionista in modo chiaro e comprensibile (sentenza del 5 giugno 2019, GT, C‑38/17, EU:C:2019:461, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

64      Nel caso di specie, per quanto riguarda la qualificazione delle clausole vertenti sui costi relativi ai servizi accessori di cui trattasi nel procedimento principale, dalla decisione di rinvio risulta che tali servizi vertono sulla priorità concessa al consumatore che li acquista nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione della somma presa in prestito nonché sulla possibilità di dilazionare il rimborso delle rate mensili o di ridurne l’importo.

65      Alla luce della giurisprudenza ricordata ai punti 61 e 62 della presente sentenza, non risulta quindi che detti servizi riguardino l’essenza stessa del rapporto contrattuale di cui trattasi, vale a dire, da un lato, la messa a disposizione di una somma di denaro da parte del creditore e, dall’altro, il rimborso di tale somma, generalmente con gli interessi, secondo le scadenze previste, circostanza che spetta tuttavia al giudice del rinvio verificare.

66      Inoltre, se, a seguito dell’esame cui è tenuto a procedere nell’ambito della prima questione, il giudice del rinvio giunge alla conclusione che i costi relativi ai servizi accessori di cui trattasi nel procedimento principale avrebbero dovuto essere inclusi nel «costo totale del credito per il consumatore», ai sensi dell’articolo 3, lettera g), della direttiva 2008/48, e, pertanto, nel TAEG, ai sensi di tale articolo 3, lettera i), ciò non significa che le clausole relative a tali costi rientrino automaticamente nell’esclusione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13.

67      Infatti, come dichiarato dalla Corte al punto 47 della sentenza del 26 febbraio 2015, Matei (C‑143/13, EU:C:2015:127), la portata esatta della nozione di «oggetto principale», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, non può essere determinata dalla nozione di «costo totale del credito per il consumatore», ai sensi dell’articolo 3, lettera g), della direttiva 2008/48. Pertanto, il fatto che diversi tipi di spese siano compresi nel costo totale di un credito al consumo non è determinante al fine di stabilire che tali spese rientrano tra le prestazioni essenziali del contratto di credito considerato (v., in tal senso, sentenza del 3 settembre 2020, Profi Credit Polska, C‑84/19, C‑222/19 e C‑252/19, EU:C:2020:631, punto 69).

68      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quarta questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che clausole vertenti su servizi accessori a un contratto di credito al consumo, che attribuiscono al consumatore che acquista tali servizi una priorità nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione della somma presa in prestito nonché la possibilità di dilazionare il rimborso delle rate mensili o di ridurne l’importo, non rientrano, in linea di principio, nell’oggetto principale di tale contratto, ai sensi di detta disposizione, e non sfuggono quindi alla valutazione del loro carattere abusivo.

Sulla quinta questione

69      Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, in combinato disposto con il punto 1, lettera o), dell’allegato di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che una clausola di un contratto di credito al consumo che consente al consumatore interessato di dilazionare o di riorganizzare le rate mensili del credito dietro pagamento di costi supplementari, anche qualora non sia certo che il consumatore si avvarrà di tale possibilità, ha carattere abusivo.

70      L’allegato della direttiva 93/13, al quale rinvia l’articolo 3, paragrafo 3, della medesima, contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive, tra le quali figurano, al punto 1, lettera o), di tale allegato, quelle che hanno per oggetto o per effetto di obbligare il consumatore ad adempiere i propri obblighi anche in caso di eventuale mancato adempimento degli obblighi incombenti al professionista.

71      Dalla formulazione di tale punto 1, lettera o), risulta che quest’ultimo non riguarda una clausola di un contratto di credito che consente al consumatore interessato di dilazionare o di riorganizzare le rate mensili del credito dietro pagamento di costi supplementari, nei limiti in cui una siffatta clausola prevede un obbligo eventuale che il professionista è, in linea di principio, tenuto ad eseguire, in cambio dei costi corrispondenti a una maggiore flessibilità accordata al consumatore nell’esecuzione di tale contratto.

72      Tuttavia, ciò non significa che una siffatta clausola non possa essere considerata abusiva, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, se non è stata oggetto di negoziato individuale e se, in contrasto con il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

73      Per quanto riguarda la questione se una particolare clausola contrattuale presenti o meno carattere abusivo, l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prevede che il carattere abusivo di una clausola contrattuale debba essere valutato tenendo conto della natura dei beni o dei servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole di tale contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

74      Si deve comunque ricordare che, nella valutazione del carattere eventualmente abusivo di una clausola contrattuale, incombe allo stesso giudice del rinvio pronunciarsi sulla qualificazione di detta clausola in funzione delle circostanze proprie alla fattispecie, e la Corte è competente a desumere dalle disposizioni della direttiva 93/13 i criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame delle clausole contrattuali riguardo ad esse [sentenza del 10 settembre 2020, A (Sublocazione di un alloggio sociale), C‑738/19, EU:C:2020:687, punto 31 e giurisprudenza ivi citata].

75      Ne consegue che, nel caso di specie, spetta al giudice del rinvio stabilire se la clausola che consente al consumatore interessato di dilazionare o di riorganizzare le rate mensili del credito dietro pagamento di costi supplementari, indipendentemente dal fatto che tale consumatore si avvalga effettivamente di siffatti servizi, debba essere considerata abusiva alla luce di tutte le circostanze che accompagnano la conclusione del contratto di credito.

76      A tal fine, sia il carattere trasparente di detta clausola, come richiesto dall’articolo 5 della direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, C‑609/19, EU:C:2021:469, punto 62 e giurisprudenza ivi citata), sia il margine di discrezionalità di cui il creditore dispone in occasione di una domanda di modifica del piano di rimborso del credito costituiscono criteri da prendere in considerazione nella valutazione del carattere abusivo di detta clausola, e in particolare dell’eventuale squilibrio contrattuale creato da quest’ultima.

77      A quest’ultimo riguardo, spetta altresì al giudice del rinvio operare un bilanciamento tra l’importo dei costi supplementari generati dall’acquisto del servizio di cui trattasi e l’importo del prestito concesso, tenendo anche conto di tutte le spese connesse al contratto di credito di cui trattasi nel procedimento principale. Infatti, la Corte ha già dichiarato che, qualora una valutazione economica di natura quantitativa riveli un significativo squilibrio, quest’ultimo può essere accertato senza che sia necessario esaminare altri elementi. Nel caso di un contratto di credito, un siffatto accertamento può essere effettuato, in particolare, se i servizi forniti come corrispettivo dei costi extrainteressi non rientrano ragionevolmente tra le prestazioni effettuate nell’ambito della conclusione o della gestione di tale contratto, o se gli importi posti a carico del consumatore a titolo di spese di concessione e di gestione del prestito appaiono manifestamente sproporzionati rispetto all’importo prestato (sentenza del 23 novembre 2023, Provident Polska, C‑321/22, EU:C:2023:911, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

78      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla quinta questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che una clausola di un contratto di credito al consumo che consente al consumatore interessato di dilazionare o di riorganizzare le rate mensili del credito dietro pagamento di costi supplementari, anche qualora non sia certo che tale consumatore si avvarrà di tale possibilità, può avere carattere abusivo, laddove, in particolare, tali costi siano manifestamente sproporzionati rispetto all’importo del prestito concesso.

Sulla sesta questione

79      Con la sua sesta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che consente di obbligare un consumatore a farsi carico di una parte delle spese processuali qualora, in seguito alla dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale a causa del suo carattere abusivo, venga accolta solo parzialmente la sua domanda di restituzione di somme che ha indebitamente versato in forza di tale clausola.

80      In particolare, tale giudice si pone la questione se l’interpretazione alla quale è giunta la Corte al punto 99 della sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578), trovi applicazione soltanto qualora sia praticamente impossibile o eccessivamente difficile determinare la portata del diritto di un consumatore alla restituzione di somme che egli ha pagato sul fondamento di una clausola dichiarata abusiva o se tale interpretazione si applichi anche in tutte le situazioni in cui la sua domanda di restituzione di tali somme venga accolta solo parzialmente.

81      Secondo detto giudice, se non accogliesse integralmente la domanda di S.R.G., dichiarando o che le clausole vertenti sui servizi accessori di cui trattasi nel procedimento principale rientrano nell’oggetto principale del contratto, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, o che i costi relativi a tali servizi non dovrebbero essere inclusi nel TAEG in forza della direttiva 2008/48, oppure che la domanda relativa alla decadenza del creditore dal suo diritto agli interessi e alle spese deve essere accolta solo parzialmente, esso dovrebbe parimenti pronunciarsi sulla ripartizione delle spese, ai sensi dell’articolo 78 del GPK.

82      Occorre ricordare che la ripartizione delle spese di un procedimento giurisdizionale dinanzi ai giudici nazionali rientra nell’autonomia procedurale degli Stati membri, fatto salvo il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività (sentenza del 22 settembre 2022, Servicios Prescriptor y medios de pagos EFC, C‑215/21, EU:C:2022:723, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).

83      Se è vero che il principio di effettività non osta, in generale, a che il consumatore sopporti determinate spese giudiziarie quando propone un ricorso diretto all’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale (sentenza del 7 aprile 2022, Caixabank, C‑385/20, EU:C:2022:278, punto 51), occorre altresì osservare che la direttiva 93/13 attribuisce al consumatore il diritto di rivolgersi a un giudice al fine di far accertare il carattere abusivo di una clausola contrattuale e di escludere l’applicazione della stessa, diritto la cui effettività va preservata. Pertanto, il regime di ripartizione delle spese di un siffatto procedimento non deve dissuadere il consumatore dall’esercitare tale diritto (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2022, Servicios prescriptor y medios de pagos EFC, C‑215/21, EU:C:2022:723, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).

84      Al punto 99 della sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578), la Corte ha dichiarato che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13 nonché il principio di effettività devono essere interpretati nel senso che essi ostano a un regime che consente di far gravare sul consumatore una parte delle spese processuali, a seconda del livello delle somme indebitamente pagate che gli sono restituite in seguito alla dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale per via del suo carattere abusivo, in quanto un simile regime crea un ostacolo sostanziale che può scoraggiare i consumatori dall’esercitare il diritto a un controllo giurisdizionale effettivo del carattere potenzialmente abusivo di clausole contrattuali, quale riconosciuto dalla direttiva 93/13.

85      Il regime processuale di liquidazione delle spese di cui trattavasi nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, consentiva, come risulta dal punto 94 di quest’ultima, di non condannare il professionista alla totalità delle spese laddove era stata accolta integralmente l’azione di nullità di una clausola contrattuale abusiva proposta da un consumatore, ma era stata accolta solo parzialmente l’azione di restituzione di somme pagate in forza di tale clausola.

86      Dalla giurisprudenza derivante da detta sentenza risulta che, nel caso in cui le conclusioni vertenti sull’annullamento di una clausola contrattuale a causa del suo carattere abusivo siano integralmente accolte, il semplice fatto che la restituzione delle somme pagate in applicazione di tale clausola sia solo parziale, a causa dell’esistenza di una prassi contraddittoria tale da impedire al consumatore di quantificare correttamente la sua domanda di restituzione di dette somme, non consente di far gravare su quest’ultimo una parte delle spese processuali, a seconda del livello delle somme indebitamente pagate che gli vengono restituite.

87      Di conseguenza, non si può escludere che un consumatore possa dover farsi carico di una parte delle spese da lui sostenute per intentare un’azione diretta all’accertamento del carattere abusivo di una clausola contrattuale in caso di ammissione parziale, in seguito alla dichiarazione di nullità di tale clausola, della sua domanda di restituzione delle somme che ha indebitamente pagato in forza di quest’ultima, in particolare, qualora tale consumatore eserciti i suoi diritti alla restituzione in malafede. Tuttavia, se, dopo l’accoglimento dell’azione di nullità, la domanda di restituzione è accolta solo parzialmente, per il motivo che è praticamente impossibile o eccessivamente difficile, per detto consumatore, determinare la portata del suo diritto alla restituzione di tali somme, un regime processuale in forza del quale lo stesso consumatore deve farsi carico di una parte delle spese relative a un siffatto procedimento è idoneo a dissuadere quest’ultimo dall’esercitare i diritti conferitigli dalla direttiva 93/13.

88      Alla luce di tali considerazioni, occorre rispondere alla sesta questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale che consente di obbligare un consumatore a farsi carico di una parte delle spese processuali, qualora, in seguito alla dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale a causa del suo carattere abusivo, sia accolta solo parzialmente la sua domanda di restituzione di somme che ha indebitamente pagato in forza di tale clausola, per il motivo che è praticamente impossibile o eccessivamente difficile determinare la portata del diritto di tale consumatore alla restituzione di dette somme.

Sulle spese

89      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 3, lettera g), della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio,

deve essere interpretato nel senso che:

i costi relativi a servizi accessori a un contratto di credito al consumo, che attribuiscono al consumatore che acquista tali servizi una priorità nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione della somma presa in prestito, nonché la possibilità di dilazionare il rimborso delle rate mensili o di ridurne l’importo, rientrano nella nozione di «costo totale del credito per il consumatore», ai sensi di tale disposizione, e, di conseguenza, in quella di «tasso annuo effettivo globale», ai sensi di tale articolo 3, lettera i), qualora l’acquisto di detti servizi risulti obbligatorio per ottenere il credito di cui trattasi o qualora gli stessi costituiscano una montatura destinata a dissimulare il costo effettivo di tale credito.

2)      L’articolo 10, paragrafo 2, lettera g), e l’articolo 23 della direttiva 2008/48,

devono essere interpretati nel senso che:

essi non ostano a che, qualora un contratto di credito al consumo non menzioni un tasso annuo effettivo globale comprendente tutti i costi previsti all’articolo 3, lettera g), di tale direttiva, detto contratto sia considerato esente da interessi e da spese, di modo che il suo annullamento comporta soltanto la restituzione, da parte del consumatore interessato, del capitale prestato.

3)      L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,

deve essere interpretato nel senso che:

clausole vertenti su servizi accessori a un contratto di credito al consumo, che attribuiscono al consumatore che acquista tali servizi una priorità nell’esame della sua domanda di credito e nella messa a disposizione della somma presa in prestito nonché la possibilità di dilazionare il rimborso delle rate mensili o di ridurne l’importo, non rientrano, in linea di principio, nell’oggetto principale di tale contratto, ai sensi di detta disposizione, e non sfuggono quindi alla valutazione del loro carattere abusivo.

4)      L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13

deve essere interpretato nel senso che:

una clausola di un contratto di credito al consumo che consente al consumatore interessato di dilazionare o di riorganizzare le rate mensili del credito dietro pagamento di costi supplementari, anche qualora non sia certo che tale consumatore si avvarrà di tale possibilità, può avere carattere abusivo, laddove, in particolare, tali costi siano manifestamente sproporzionati rispetto all’importo del prestito concesso.

5)      L’articolo 6, paragrafo 1, e l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/13, letti alla luce del principio di effettività,

devono essere interpretati nel senso che:

essi ostano a una normativa nazionale che consente di obbligare un consumatore a farsi carico di una parte delle spese processuali, qualora, in seguito alla dichiarazione di nullità di una clausola contrattuale a causa del suo carattere abusivo, sia accolta solo parzialmente la sua domanda di restituzione di somme che ha indebitamente pagato in forza di tale clausola, per il motivo che è praticamente impossibile o eccessivamente difficile determinare la portata del diritto di tale consumatore alla restituzione di dette somme.

Firme

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