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domenica 20 ottobre 2024

Errore medico nella struttura pubblica: quale giudice deve decidere sul danno lamentato dal paziente?

La recente sentenza della Cassazione n. 16767/2021 è tornata ad affrontare la questione relativa al giudice competente nel caso di danno derivante da errore medico. 

La problematica non è nuova ed è già stata oggetto di una nostra precedente segnalazione, ove la stessa Sezione VI^ della Cassazione aveva avuto modo di chiarire come il rapporto tra struttura ospedaliera e paziente debba essere governato dalle norme previste dal Codice del consumo, e quindi anche sotto il profilo del giudice competente a decidere la controversia (vedi qui). 

Nel caso affrontato dal giudice nel 2016, la vicenda vedeva coinvolto un soggetto privato (casa di cura), sicché era pressoché agevole per il giudice di legittimità dare applicazione alle norme privatistiche.

Diverso, invece, è il caso sottoposto all'attenzione della Suprema Corte di Cassazione e deciso con l’ordinanza n. 16767 del 2021, il quale ci consente di poter proporre alcune considerazioni in merito al c.d. “foro del consumatore”, e alla possibilità consentita al contraente debole (il consumatore) di poter avviare una causa civile davanti al giudice ove ha stabilito la propria residenza.

Nel caso di specie, infatti, il rapporto è intervenuto tra paziente e struttura pubblica e, di conseguenza, il quesito posto all'attenzione del giudice è se può trovare applicazione il Codice del consumo nella scelta del giudice competente.

La Cassazione ricorda che laddove il rapporto ospedaliero sia svolto tramite il Servizio Sanitario Nazionale, non possono trovare applicazione le norme previste in materia consumeristica, in quanto la fonte del rapporto non è contrattuale, ma rientra nell'alveo dei rapporti pubblicistici.

Per tale ragione, il giudice di legittimità ritiene non applicabile all'ASL l'eccezione di clausola vessatoria prevista ex art. 33 comma 1 lett. u del Codice del consumo, norma che prevede l'impossibilità di prevedere nel contratto un giudice diverso da quello del luogo di residenza del consumatore.

La sentenza è chiara sul punto in merito al citato art. 33 comma 1 lett. u che: "è inapplicabile ai rapporti tra pazienti e strutture ospedaliere pubbliche o private operanti in regime di convenzione con il servizio sanitario nazionale: sia perché, pur essendo l'organizzazione sanitaria imperniata sul principio di territorialità, l'assistito può rivolgersi a qualsiasi azienda sanitaria presente sul territorio nazionale (sicché se il rapporto si è svolto al di fuori del luogo di residenza del paziente tale circostanza è frutto di una sua libera scelta, che fa venir meno la ratio dell'art. 33 cit.); sia perché la struttura sanitaria non opera per fini di profitto, e non può quindi essere qualificata come "imprenditore" o "professionista" (Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 18536 del 21/09/2016, Rv. 642127 - 01; Sez. 3, Ordinanza n. 8093 del 02/04/2009, Rv. 607876 - 01)".

Correttamente, si evidenzia che la struttura sanitaria pubblica non può essere paragonata all'imprenditore/professionista e quindi non possono trovare applicazione le tutele previste in favore del consumatore.

Questa regola ha carattere generale?

E' sempre la Cassazione a ricordarci, richiamando la giurisprudenza formatasi in materia, una importante eccezione alla regola 

soggetto pubblico  professionista applicazione  Codice del consumo

La Cassazione ribadisce, infatti, che: "la possibilità di attrarre alla competenza del foro del consumatore le prestazioni rese in ambito sanitario nel contesto strutturale del servizio pubblico, deve ritenersi limitata ai soli casi in cui tra l'utente e una struttura sanitaria del S.S.N. (o convenzionata) sia intercorso un vero e proprio contratto avente ad oggetto una prestazione esulante dalle procedure del S.S.N., con addebito all'utente dei costi (non già delle sole prestazioni accessorie di supporto alberghiero, come avvenuto nel caso di specie, bensì) delle procedure sanitarie e delle prestazioni rese dagli altri medici della struttura, atteso che, solo in tale specifico caso (come ridetto, del tutto estraneo al caso di specie) la struttura sanitaria si è posta nei confronti dell'utente come ‘professionistà (Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 22133 del 02/11/2016, Rv. 642993 - 01; Sez. 6 - 3, Ordinanza n. 27391del 24/12/2014, Rv. 633920 - 01);".

In conclusione, nel caso di attività sanitaria svolta attraverso il Servizio Sanitario Nazionale, direttamente o con la presenza di un soggetto privato, non trovano applicazione le norme (e le tutele) del Codice del consumo, a meno che non vi sia un rapporto contrattuale che disciplini l'atto medico e tutti gli obblighi nascenti dal ricovero (fonte contrattuale.

Corte di Cassazione - Sez. VI^ Civ. sentenza n. 16767/2021.

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