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sabato 7 settembre 2019

No deal: quali rischi per il consumatore nel caso di hard brexit

Le recenti dimissioni di Teresa May dalla carica di primo ministro inglese, e la scelta ricaduta su Boris Johnson quale nuovo inquilino di Downing street ha aperto la strada per nuove negoziazioni per l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, ma ha reso più lontana l'ipotesi concreta di una “Brexit ordinata” ossia una separazione organizzata. 

E le recenti decisioni assunto dal nuovo Primo Ministro inglese fanno ben comprendere che la strada dell'uscita del Regno Unito dall'Unione Europea in assenza di un accordo tra le parti ("no deal") è una realtà.

Vero è che il parlamento è riuscito, in questi giorni, a posticipare la traumatica soluzione, rinviando la decisione a gennaio 2020, ma è significativo che Boris Johnson stia chiedendo elezioni anticipate per ottenere maggior potere parlamentare e proseguire verso la separazione della UE immediata e priva di accordo.

L'uscita dall'Unione Europea in assenza di accordo potrebbe significare, nei termini più semplici, l'apertura di un contenzioso tra UE e Regno Unito che riguarderà tutti i rapporti commerciali e non commerciali.

Difatti il Regno Unito, caso unico nel suo genere, è stato il primo stato ad avvalersi dell’articolo 50 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea all’esito del referendum del 16 giugno 2016, che ricordiamo favorevole alla loro uscita dalla UE. 

Da allora hanno avuto inizio i negoziati per giungere ad un accordo di recesso: tuttavia, il Parlamento britannico ha bocciato tre proposte consecutive e, ad oggi, la UE ha posticipato la conclusione dei negoziati al 31 ottobre 2019. 

Non è in discussione l’uscita del Regno Unito, bensì come deve avvenire; e, se entro la scadenza non si raggiungesse alcun accordo, il Regno Unito incapperebbe nella “hard Brexit”: la soluzione più netta e rigida, sia con l’abbandono del mercato unico che di tutti i trattati e le istituzioni europee di cui la Gran Bretagna finora fa parte. 

Giocoforza, in questa ultima (e tuttavia plausibile) eventualità anche le norme dell’Unione Europea sui diritti dei consumatori cesseranno di essere vincolanti per gli inglesi, con ripercussioni di non poco conto anche per utenti e consumatori (anche noi, se vogliamo). 

Parliamo, infatti, di un imponente e stratificato pacchetto normativo, che comprende: 

• direttiva sulle pratiche commerciali sleali;
• direttiva sui diritti dei consumatori;
• direttiva sulle clausole abusive nei contratti;
• direttiva sulle vendite e sulle garanzie dei beni di consumo;
• direttiva sull’indicazione dei prezzi;
• direttiva sui pacchetti turistici.

Forniamo, ora, un breve vademecum sui diritti di cui il consumatore disporrebbe anche nell’infausta ipotesi dell’uscita senza condizioni del Regno Unito, inquadrando gli aspetti giuridici più rilevanti nella vita quotidiana (quali commerci, anche quelli online, azioni civili, esecuzioni di sentenze etc.). 

(1) Viaggiatore europeo: si riducono i diritti quando viaggio nel Regno Unito?
Nel caso di "no deal", alcune conseguenze potrebbero riguardare i viaggiatori europei che si dovessero trovare sul territorio britannico, i quali non potrebbero usufruire delle tutele previste dal diritto comunitario.

Non riteniamo, da questo punto di vista, che vi saranno particolari disagi per coloro che viaggiano con l'aereo, in quanto in via diretta o riflessa potranno avere applicazione le regole dell'Unione europea (anche sui voli British Airways).

Se invece utilizziamo i mezzi pubblici locali (treni - autobus), dobbiamo ricordare che non disponiamo delle tutele previste in Europa e ciò vale, ancor di più, nel caso di viaggio in auto in Inghilterra dove ci conviene persino controllare se la nostra assicurazione prevede una copertura extra Unione europea. 

(2) Risiedo in uno stato UE: posso citare in giudizio in uno dei 27 stati della UE un commerciante britannico?
In questo caso, la circostanza di cui tenere conto è il luogo in cui il commerciante vende i propri prodotti. Se la commercializzazione avviene in un paese UE non importa se la sede del commerciante è il Regno Unito: si applicano le norme UE e il commerciante può essere citato in uno dei 27 paesi comunitari. 

Diversamente, se il commerciante vende i propri prodotti in uno stato extra UE o in UK, allora si applicano le norme inglesi. Questo aspetto è assai importante in tema di commercio elettronico, dal momento che la commercializzazione dei beni e dei servizi su internet è delocalizzata: è dunque necessario dimostrare che il commerciante ha inteso commerciare il bene nello stato membro del consumatore. 

(3) La sentenza di un organo giurisdizionale di un paese UE potrà essere eseguita nel Regno Unito?
In linea di principio, è probabile che l’European Communities Act 1972 possa essere abrogato e che la Convenzione di Bruxelles e altri regolamenti europei cessino di dispiegare effetti nel Regno Unito. 

Tornerebbero dunque in vigore vecchi atti bilaterali implementati nel Regno Unito dal Foreign Judgments (Reciprocal Enforcement) nel 1933. 

In pratica, si dovrebbe attendere che un organo giurisdizionale inglese riconosca ed azioni la pronuncia in maniera conforme alla disciplina esistente. Tuttavia, se avete già ottenuto un provvedimento da parte di un giudice italiano, il consiglio è di affrettarsi a chiederne il riconoscimento nel Regno Unito per ottenerne l’esecuzione fintanto che la Convenzione di Bruxelles è ancora in vigore.

(4) Che ne è delle controversie per via extragiudiziale con un commerciante stabilito nel Regno Unito? 
Le norme dell'UE in materia di risoluzione extragiudiziale delle controversie e risoluzione delle controversie online non si applicheranno più al Regno Unito.

Non potrai più utilizzare né la piattaforma dell'UE per la risoluzione delle controversie online né potrai ricorrere alla Rete dei Centri Europei dei Consumatori (ECC-Net).

(5) Acquisto online un prodotto inglese: è soggetto a dazi, tasse o tariffe?
Purtroppo sì, dal momento che il prodotto, anche se commercializzato online, si considera importato dal Regno Unito alla UE, con conseguente applicazione di misure restrittive oltreché dazi e imposte indirette (IVA all’importazione). 

(6) Il mio pacchetto vacanze acquistato da un'agenzia di viaggi nel Regno Unito sarà ancora protetto a norma del diritto dell'UE?
Anche in questo caso occorre valutare se l'operatore turistico inglese proponga o meno i suoi pacchetti nello Stato membro dell'UE in cui vivi, vale a dire almeno come un “operatore stabilito” in un paese UE. 

Se così fosse, l'operatore sarebbe obbligato a fornire protezione in caso d'insolvenza a norma della legislazione dello Stato membro dell'UE in cui vivi. In caso contrario, i tuoi diritti saranno tutelati in base al diritto del Regno Unito.

(7) Che ne è della qualità dei farmaci inglesi immessi sul mercato dell'UE?
Il recesso del Regno Unito non avrà alcun impatto sull'alta qualità e sulla sicurezza che i pazienti dell'UE si aspettano dai farmaci.

Un farmaco fornito da una farmacia o prescritto da un medico in uno Stato membro dell'UE dopo la data del recesso non sarà diverso in termini di qualità, sicurezza ed efficacia dai farmaci forniti o prescritti prima del recesso del Regno Unito.

(8) Che ne è dei dati trasmessi alle imprese? Ho delle garanzie minori qualora fossero trasmessi ad imprese inglesi?
Assolutamente no. Il recente regolamento generale sulla protezione dei dati (c.d. GDPR) consente il trasferimento dei dati personali verso un paese terzo (diremmo, i “dati in uscita”) se il titolare o il responsabile del trattamento ha fornito le seguenti garanzie:

1) “clausole tipo” di protezione dei dati indicate dalla Commissione, peraltro in siti istituzionali.

2) norme sulla protezione dei dati giuridicamente vincolanti approvate dalla competente autorità per la protezione dei dati che si applicano nell'ambito di un gruppo di imprese;

3) codici di condotta approvati, insieme ad impegni vincolanti e applicabili del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento del paese terzo in cui i dati sono trasferiti;

4) meccanismi di certificazione approvati, unitamente all'impegno vincolante e azionabile del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento del paese terzo.

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