La pronuncia di questa domenica analizza una fattispecie ancora molto diffusa, ossia la responsabilità della banca per aver incassato un assegno bancario falsificato, consegnando somme di denaro ad un terzo truffatore.
La sentenza è interessante perché affronta la questione in modo innovativo, osservando che seppur vero che esiste un generale dovere di condotta dell'intermediario, che rientra nella "diligenza del buon banchiere", secondo il quale nel caso in cui l'assegno portato all'incasso presenti caratteri di falsificazione tali da non consentire al dipendente della banca di poter ravvisare la non autenticità della firma non può essere ravvisata alcuna responsabilità verso l'istituto di credito, ciò non deve esimere il giudice da una valutazione più generale della condotta tenuta dalla banca.
La Corte di Cassazione è chiara nel sostenere che è obbligo del giudice quello di valutare, al fine di escludere la responsabilità della banca per condotta inadempiente ex art. 1176, comma 2, c.c., in modo completo ed approfondito l'assegno portato all'incasso, al fine di accertare (e motivare) se vi sia stata da parte del dipendente della banca una approfondita attività di controllo dell'autenticità dell'effetto bancario.
E' chiara, sul punto, la Cassazione secondo la quale "nel contesto di riferimento bancario, è riservata al giudice del merito la valutazione in ordine alla rilevanza della falsificazione dell'assegno, nel suo peculiare atteggiarsi, e quale sia, in concreto, il tipo di riscontro che ne riveli l'esistenza. Ed ' in siffatta prospettiva che, di regola, l'accertamento di fatto avrà di mira se il falso possa, o meno, essere oggetto di riscontro attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, da parte dell'impiegato addetto, siccome dotato di competenza teorica - tecnica comune, ovvero in forza di mezzi e strumenti, presenti sui normali canali del mercato di consumo, che ne consentano agevolmente la rilevazione stessa (quand'anche si tratti di assenza di autografia della firma rilevabile in base al tracciato scolpito sul supporto cartaceo) o, piuttosto, se la falsificazione stessa sia riconducibile soltanto tramite attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile reperimento e/o utilizzo.".
Una analisi, quindi, che deve essere compiuta dal giudice con il solo fine di accertare, anche con l'ausilio di un tecnico, se nella concreta vicenda se la condotta del dipendente della banca sia stata o meno corretta e conforme ai doveri previsti per legge.
Di seguito la sentenza.
Assegno falsificato e condotta banca by Consumatore InformatoLa sentenza è interessante perché affronta la questione in modo innovativo, osservando che seppur vero che esiste un generale dovere di condotta dell'intermediario, che rientra nella "diligenza del buon banchiere", secondo il quale nel caso in cui l'assegno portato all'incasso presenti caratteri di falsificazione tali da non consentire al dipendente della banca di poter ravvisare la non autenticità della firma non può essere ravvisata alcuna responsabilità verso l'istituto di credito, ciò non deve esimere il giudice da una valutazione più generale della condotta tenuta dalla banca.
La Corte di Cassazione è chiara nel sostenere che è obbligo del giudice quello di valutare, al fine di escludere la responsabilità della banca per condotta inadempiente ex art. 1176, comma 2, c.c., in modo completo ed approfondito l'assegno portato all'incasso, al fine di accertare (e motivare) se vi sia stata da parte del dipendente della banca una approfondita attività di controllo dell'autenticità dell'effetto bancario.
E' chiara, sul punto, la Cassazione secondo la quale "nel contesto di riferimento bancario, è riservata al giudice del merito la valutazione in ordine alla rilevanza della falsificazione dell'assegno, nel suo peculiare atteggiarsi, e quale sia, in concreto, il tipo di riscontro che ne riveli l'esistenza. Ed ' in siffatta prospettiva che, di regola, l'accertamento di fatto avrà di mira se il falso possa, o meno, essere oggetto di riscontro attraverso un attento esame diretto, visivo o tattile, da parte dell'impiegato addetto, siccome dotato di competenza teorica - tecnica comune, ovvero in forza di mezzi e strumenti, presenti sui normali canali del mercato di consumo, che ne consentano agevolmente la rilevazione stessa (quand'anche si tratti di assenza di autografia della firma rilevabile in base al tracciato scolpito sul supporto cartaceo) o, piuttosto, se la falsificazione stessa sia riconducibile soltanto tramite attrezzature tecnologiche sofisticate e di difficile reperimento e/o utilizzo.".
Una analisi, quindi, che deve essere compiuta dal giudice con il solo fine di accertare, anche con l'ausilio di un tecnico, se nella concreta vicenda se la condotta del dipendente della banca sia stata o meno corretta e conforme ai doveri previsti per legge.
Di seguito la sentenza.
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