domenica 19 dicembre 2021

Associazione consumatori può ottenere copia dei documenti dalla P.A.

L'associazione consumatori rappresenta interessi comuni di un gruppo di persone - i consumatori - ed è legittimità a chiedere ed ottenere l'accesso ai documenti amministrativi dalla pubblica amministrazione.

Il principio è stato esposto dal Consiglio di Stato con una recente sentenza (n. 8333/2021) con la quale il giudice amministrativo è intervenuto in tema di accesso ai documenti amministrativi, equiparando la posizione dell'associazione a quello del privato cittadino che si rivolge al soggetto pubblico per chiedere la consegna di documenti che lo riguardano.

Il giudice amministrativo ha ribadito che l'associazione è portatrice di interessi diffusi ed è meritevole della medesima tutela riconosciuta al singolo individuo, non essendovi alcuna sostanziale differenza.

Sotto altro profilo, l'associazione deve fornire prova alla P.A. di essere effettivamente titolare del diritto di accesso ai documenti per conto dei soggetti rappresentati, ossia di rappresentare l'interesse diffuso in ragione del quale si rivolge all'amministrazione, e che la documentazione oggetto della richiesta sia effettivamente necessaria o per lo meno strettamente connessa alle finalità (statutarie) perseguite dal richiedente per conto degli associati.

Di seguito potete leggere la pronuncia oggetto di commento.

Consiglio di Stato - Sez. IV^ (in sede giurisdizionale) - sentenza n. 8333/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5083 del 2021, proposto dal Codacons – Coordinamento delle Associazioni e dei Comitati di Tutela dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Giuliano e Carlo Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale Giuseppe Mazzini, n. 73,

contro

- la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
- la Banca d’Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Donato Messineo e Michele Cossa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

della Banca Popolare di Bari S.p.a., già Banca Popolare di Bari in a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Prima, n. 2147 del 22 febbraio 2021, resa tra le parti, concernente il rigetto di un’istanza di accesso.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della Banca d’Italia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2021, il Cons. Luca Lamberti e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La vicenda oggetto di causa inerisce all’istanza di accesso formulata in data 18 dicembre 2019 dal Codacons ai sensi sia della l. n. 241 del 1990, sia del d.lgs. n. 33 del 2013.

1.1. L’istanza, rivolta alla Banca d’Italia ed alla Consob e fondata sull’allegato “interesse diretto, concreto ed attuale a conoscere quali accertamenti siano stati eseguiti … in relazione alla crisi bancaria della Banca popolare di Bari”, era tesa:

- “a prendere visione ed estrarre copia degli accertamenti, delle ispezioni, delle istruttorie e delle relative risultanze eseguite dalla Banca d’Italia e dalla Consob … in relazione alla crisi bancaria della Banca popolare di Bari, oggi commissariata” (recte, sottoposta a procedura di amministrazione straordinaria);

- “ad avere accesso ai nominativi dei soggetti (persone fisiche, enti e società) debitori nei confronti della Banca popolare di Bari degli ultimi 4 anni”.

1.2. Sia la Banca d’Italia sia la Consob rigettavano l’istanza.

1.3. La Banca d’Italia, in particolare, sosteneva che:

- l’interesse ostensivo a fondamento dell’istanza non fosse “diretto, concreto ed attuale”, difettando la dimostrazione del “nesso tra le informazioni richieste ed il perseguimento delle finalità statutarie”;

- “l’ampiezza e la genericità dell’istanza” rivelassero, di contro, “il tentativo di effettuare un improprio controllo generalizzato sull’operato della pubblica amministrazione”;

- con riferimento alla richiesta di conoscere il nominativo dei debitori dell’istituto bancario, l’istanza di accesso cozzasse con il principio generale secondo cui la pretesa ostensiva “non può comportare la necessità di un’attività di elaborazione di dati da parte del soggetto destinatario della richiesta”;

- la richiesta di accesso, comunque, non potesse essere accolta, stante il carattere segreto dei “dati detenuti dalla Banca d’Italia per finalità di vigilanza”, ai sensi dell’art. 7 del d.lgs. n. 385 del 1993 e del provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 16 maggio 1994.

1.4. Il Codacons proponeva ricorso alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi avverso il solo diniego della Banca d’Italia.

1.5. La Commissione, con atto del 27 gennaio 2020, così decideva:

- osservava di “non essere competente in ordine alla richiesta di accesso civico presentata ai sensi del d.lgs. 33/2013”, con conseguente inammissibilità del ricorso in parte qua;

- rigettava l’istanza svolta ex lege n. 241 del 1990, escludendo di poter “riconoscere alle associazioni di tutela dei consumatori un generale potere di accesso a fini ispettivi e di vigilanza, essendo richiesto un diretto collegamento con specifiche situazioni giuridicamente rilevanti”;

- aggiungeva, sul punto, che comunque “l’indagine sulla sussistenza di interesse qualificato all’accesso risulta assorbita dalla considerazione che gli atti richiesti risultano coperti da segreto d’ufficio ex art. 7 d.lgs. 385/1993”.

2. Il Codacons impugnava avanti il T.a.r. per il Lazio sia la decisione della Commissione, sia il pregresso diniego in precedenza espresso dalla Banca d’Italia, sollecitando contestualmente, ove necessario, la disapplicazione del provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 16 maggio 1994.

2.1. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. ha respinto il ricorso, sostenendo che:

- l’istanza del Codacons non sarebbe sorretta da un interesse sostanziale all’accesso e sarebbe, di contro, surrettiziamente tesa ad un controllo ispettivo sull’operato dell’Amministrazione, dovendosi intendere per tale “non solo il controllo che sia esteso all’intera attività di una Pubblica Amministrazione, ben potendosi tale locuzione riferire ad ogni controllo che non abbia una finalità già definita ed individuabile al momento della proposizione dell'istanza di accesso”;

- del resto, in termini generali “gli enti esponenziali di interessi collettivi sono soggetti, nell’esercitare l’accesso ex L. 241/90, agli stessi limiti e divieti ai quali soggiace il diritto di accesso di qualsiasi altro soggetto (C.d.S. Sez. IV, n. 2462/2015), tra i quali anche il divieto di utilizzarlo per finalità di controllo generalizzato”;

- comunque, i documenti cui si vuole accedere, in quanto afferenti all’attività di vigilanza bancaria, sarebbero coperti da segreto d’ufficio;

- la conoscenza dei nominativi dei singoli debitori dell’istituto di credito non sarebbe di alcuna oggettiva utilità per gli scopi statutari del Codacons;

- quanto alla Consob, questa difetterebbe di legittimazione passiva, perché il ricorso alla Commissione è stato a suo tempo fatto solo in relazione al diniego all’accesso opposto dalla Banca d’Italia;

- quanto alla richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato svolta in corso di causa, questa non sarebbe stata formulata nelle forme dell’autocertificazione e, comunque, non consta che l’assunto passivo d’esercizio risultante dallo stralcio di bilancio prodotto agli atti sia poi stato calato in una dichiarazione fiscale.

3. Il Codacons ha interposto appello, sostenendo che:

- avrebbe un interesse autonomo “al buon andamento ed al corretto funzionamento del mercato, cui la collettività dei risparmiatori si rivolge, e che è del tutto differente e specifico rispetto a quello dei singoli azionisti/risparmiatori”: tale interesse giustificherebbe ex se la pretesa ostensiva;

- in termini generali, peraltro, il diritto all’accesso prevarrebbe sul segreto in presenza di un’esigenza difensiva, che nella specie ricorrerebbe, stante la costituzione di parte civile nel procedimento penale pendente contro i vertici della Banca popolare di Bari;

- quanto alla richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato svolta in prime cure, non sarebbe indispensabile l’autocertificazione ed il bilancio sarebbe sufficiente a dar conto delle condizioni reddituali dell’associazione, essendo peraltro possibile operare un’integrazione in corso di giudizio; il Codacons si è, altresì, riservato di formulare istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato anche per il presente grado di giudizio (cfr. appello, pag. 20).

3.1. Si sono costituiti in resistenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Banca d’Italia.

3.1.1. La Presidenza del Consiglio ha sostenuto che:

- in termini generali, “il diritto di accesso non corrisponde ad un’azione popolare” e, pertanto, “il suo esercizio non può che essere collegato alla sussistenza (e alla puntuale rappresentazione) di un interesse differenziato, concreto e attuale, all’accesso ai documenti”, da “accertare caso per caso”;

- nella specie, “è lo stesso CODACONS ad affermare di non sapere con precisione che uso fare della documentazione di cui ha chiesto l’ostensione, consentendo così di giungere senza alcun dubbio a sostenere come la finalità del controllo non sia stata individuata e definita con precisione” e rivesta, pertanto, natura esplorativa;

- le informazioni richieste inerirebbero all’attività di vigilanza, in toto sottratta all’accesso dall’art. 7 d.lgs. n. 385 del 1993;

- comunque, “con l’istanza il CODACONS si è limitato ad una generica enunciazione delle esigenze difensive, senza chiarirne l’oggetto e senza spiegare il nesso di pertinenza tra i documenti richiesti ed i procedimenti penali pendenti”, sì che non sarebbe conferente il richiamo alla recente pronuncia della Corte di giustizia UE del 13 settembre 2018 nella causa C–594/16, peraltro afferente ad una vicenda diversa in fatto dalla presente (la Banca popolare di Bari non è stata sottoposta a procedura liquidatoria, come nel caso deciso dalla Corte di giustizia).

3.1.2. La Banca d’Italia, a sua volta, ha sostenuto che:

- “la sussistenza astratta di una situazione giuridica soggettiva, riconosciuta e tutelata dall’ordinamento, che conferisca titolo per agire in giudizio, non è sufficiente ad integrare la fattispecie di interesse qualificato che la normativa richiede per il diritto all’accesso”, essendo viceversa necessaria “la presenza di un interesse diretto, concreto e attuale all’ostensione della documentazione richiesta e ancor più di un collegamento dell’interesse con la medesima”, giacché “agli enti rappresentativi di interessi diffusi non è riconosciuto un diritto all’accesso differente da quello attribuito ai singoli individui dalla l. n. 241/1990”;

- non sarebbe fondata la distinzione operata dal Codacons “tra misure di vigilanza e misure di <<gestione della crisi>>, ritenendo che solo le prime sarebbero coperte dal segreto ex art. 7 TUB”, posto che “i dati e documenti richiesti sono detenuti dalla Banca d’Italia in ragione della sua attività di vigilanza e sono perciò sottratti all’accesso in quanto coperti da segreto ai sensi dell’art. 7 del TU bancario e dell’art. 24, co. 1 della l. 241/1990”, come specificato dal provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 16 maggio 1994;

- oltretutto, “la richiesta ostensiva non si riferisce ad atti adottati dalla Banca d’Italia durante il periodo di commissariamento della BPB, ma ha ad oggetto tutti gli accertamenti effettuati e le ispezioni compiute sulla medesima banca precedentemente all’avvio del procedimento di amministrazione straordinaria”, dunque nell’esercizio di poteri di vigilanza, che, peraltro, non possono ridursi ai soli casi tipizzati dal Titolo secondo del d.lgs. n. 385 del 1993, estendendosi di contro “lo svolgimento di attività di vigilanza … a tutti quei casi in cui la Banca d’Italia esercita poteri informativi, ispettivi e di controllo”;

- l’allegata costituzione di parte civile “realizza la singolare e già stigmatizzata inversione logica per cui non è l’accesso ad essere strumentale a un (eventuale giudizio), quanto semmai l’avvio di un qualsivoglia giudizio a concretare la legittimazione per l’accesso”;

- la conoscenza dei nominativi dei debitori non sarebbe in alcun modo connessa con gli scopi statutari del Codacons e, oltretutto, imporrebbe una “defatigante attività di estrazione di dati”.

3.2. Il ricorso è stato trattato alla camera di consiglio del 28 ottobre 2021.

4. Il Collegio osserva, in via preliminare, che:

- oggetto del presente grado di giudizio è la sola pretesa ostensiva avanzata dal Codacons alla Banca d’Italia;

- in questo grado di giudizio parte appellante, nonostante l’iniziale riserva, non ha formulato istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

5. Nel merito, l’appello è infondato.

6. Il Collegio, con la sintesi imposta dall’art. 3, comma 2, c.p.a., osserva che, come già acclarato da consolidata giurisprudenza, in tema di accesso la posizione delle associazioni portatrici di interessi diffusi (in capo alle quali si cristallizza, nella forma di un interesse proprio, un interesse appunto diffuso nella società e, in quanto tale, altrimenti adespota) non si differenzia in alcun modo da quella dei singoli individui.

6.1. I requisiti sostanziali per il legittimo esercizio del diritto di accesso sono, infatti, i medesimi per tutti i soggetti dell’ordinamento e si incentrano su un interesse diretto, concreto ed attuale alla specifica conoscenza documentale anelata: è proprio tale natura diretta, concreta ed attuale dell’interesse ostensivo che fonda a valle, in sede processuale, l’interesse a ricorrere avverso l’eventuale diniego.

6.2. L’interesse sotteso alla costituzione ed all’operatività di un’associazione di utenti, quale quello statutariamente tutelato dal Codacons, si proietta dunque (anche) in una dimensione di pretesa ostensiva solo ove la documentazione oggetto della richiesta sia effettivamente necessaria o, quanto meno, strettamente funzionale al conseguimento delle finalità statutarie, ciò che è onere dell’associazione stessa dimostrare.

6.3. Non è, viceversa, predicabile una sorta di legittimazione ostensiva generale in capo a tali associazioni, difettando un’apposita previsione di legge.

6.4. Nel caso di specie, pertanto, correttamente la pretesa ostensiva è stata rigettata, posto che difetta uno specifico, puntuale e ben individuato nesso fra la conoscenza degli “accertamenti, delle ispezioni, delle istruttorie e delle relative risultanze eseguite dalla Banca d’Italia e dalla Consob … in relazione alla crisi bancaria della Banca popolare di Bari, oggi commissariata” e gli scopi statutari del Codacons, cui è estranea la titolarità di una sorta di azione ostensiva popolare o, a fortiori, di un sindacato ispettivo generale sull’operato delle Autorità di vigilanza.

6.5. Non valgono all’uopo né la presentazione di esposti (facoltà propria di ogni consociato che non ne differenzia né qualifica la posizione), né la costituzione di parte civile: attesa, infatti, la natura personale della responsabilità penale, l’azione civile avverso specifici soggetti che hanno rivestito posizioni apicali in un istituto di credito non legittima una richiesta di accesso riferita all’intera attività di vigilanza svolta in precedenza con riferimento all’istituto bancario stesso.

7. Per di più, i documenti cui è riferita l’istanza, in quanto antecedenti (temporalmente) e propedeutici (funzionalmente) alla sottoposizione dell’istituto di credito pugliese alla procedura di amministrazione straordinaria, attengono per tabulas all’attività di vigilanza di pertinenza istituzionale della Banca d’Italia, sottratta ex lege all’accesso (art. 7 d.lgs. n. 385 del 1993).

7.1. Peraltro, si osserva incidentalmente, la nozione di attività di vigilanza, in quanto connotata funzionalmente, è lata e non può essere ridotta alle sole funzioni espressamente tipizzate dal d.lgs. n. 385 del 1993, estendendosi di contro a tutte le iniziative della Banca d’Italia comunque istituzionalmente finalizzate al controllo circa l’operato degli istituti di credito.

8. La richiesta di conoscere i nominativi dei debitori della Banca popolare di Bari è priva di un nesso con gli scopi statutari del Codacons e, comunque, richiederebbe alla Banca d’Italia un’apposita attività di collazione e compilazione, laddove, come noto, nel nostro ordinamento l’istanza di accesso deve attenere a documentazione già formata dalla pubblica amministrazione destinataria dell’istanza: questa, invero, pone in capo all’Amministrazione un mero dovere di dare (ossia di rendere conoscibile un quid già precostituito), non anche un preliminare dovere di facere (ossia di confezionare una documentazione prima inesistente).

9. Quanto, infine, alla richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato svolta in prime cure, ne è palese l’infondatezza, per difetto sia della forma (autocertificazione), sia della prova (formale dimostrazione delle condizioni reddituali dell’istante, da assolversi con idonea documentazione fiscale) richieste dalla legge.

10. Le spese di lite del grado, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza, come da regola generale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il Codacons – Coordinamento delle Associazioni e dei Comitati di Tutela dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori a rifondere alla Presidenza del Consiglio dei Ministri le spese del grado, liquidate in complessivi € 1.500,00 (euro millecinquecento/00).

Condanna il Codacons – Coordinamento delle Associazioni e dei Comitati di Tutela dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori a rifondere alla Banca d’Italia le spese del grado, liquidate in complessivi € 1.500,00 (euro millecinquecento/00), oltre oneri accessori ove dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 ottobre 2021 con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Greco, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere, Estensore

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere

Michele Pizzi, Consigliere

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Luca Lamberti Raffaele Greco

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