Il provvedimento del Consiglio di Stato oggetto del nostro intervento prende le mosse dal provvedimento sanzionatorio notificato ad Apple nel 2020, con sanzione per complessivi 10 milioni di euro, e con il quale l'antitrust ha considerato la società responsabile di due distinte pratiche commerciali scorrette ai sensi degli artt. 20, 21, 22 e 24 del Codice del Consumo.
L'Autorità ha contestato ad Apple condotte commerciali quali, in primo luogo, di aver proposto campagne pubblicitarie con le quali ha enfatizzato la resistenza all’acqua dei modelli di iPhone in condizioni, in verità, non replicabili nella normale esperienza d’uso.
Con la medesima contestazione, alla multinazionale è stata contestata l'omissione di rilevanti informazioni sul contesto specifico (laboratorio, acqua distillata e statica), inducendo in errore il consumatore medio.
In secondo luogo, l’AGCM ha contestato la sistematica esclusione dalla garanzia legale dei danni da contatto con liquidi, anche nei casi in cui l’uso del dispositivo era stato conforme a quanto pubblicizzato. Tale condotta è stata qualificata come aggressiva, in quanto tale da limitare i diritti dei consumatori e condizionare indebitamente le loro decisioni in fase post-vendita (vedi anche qui).
Apple ha proposto ricorso al TAR, respinto, e successivamente al Consiglio di Stato, censurando il provvedimento dell'Autorità garante contestando la natura gratuita del servizio iCloud nella sua versione base (fino a 5GB di archiviazione), circostanza che dovrebbe comportare l'esclusione dell'applicazione della normativa consumeristica; la clausola con la quale viene previsto il diritto di Apple alla modifica unilaterale del contratto troverebbe giustificazione dalla peculiare natura tecnologica del servizio offerto e dai necessari aggiornamenti; la limitazione di responsabilità non violerebbe la normativa in materia consumeristica.
Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello della società ribadendo principi fondamentali nell’ambito della tutela dei consumatori e della regolazione delle pratiche promozionali nel settore tecnologico. Essa riafferma il principio secondo cui le informazioni commerciali devono essere chiare, veritiere e idonee a non ingenerare confusione circa le caratteristiche del prodotto. La responsabilità del professionista si estende anche alla coerenza tra la fase pubblicitaria e le politiche di assistenza e garanzia.
Con riferimento al carattere gratuito del servizio offerto da Apple, il giudice amministrativo correttamente osserva “nonostante la gratuità del servizio offerto, la vessatorietà della clausola che consenta al professionista di modificare unilateralmente le condizioni del contratto, senza giustificato motivo indicato nel contratto, ex art. 33 comma 2 lett. m) del d.lgs. n. 206 del 2005, è ravvisabile laddove, per un verso, la prestazione offerta a titolo gratuito sia giustificata da un interesse giuridicamente apprezzabile e a matrice imprenditoriale (quale ad esempio la fidelizzazione del cliente) e, per altro verso, sussista un interesse parimenti apprezzabile del consumatore a conservare un determinato regime giuridico che impatta su un servizio di sua utilità”.
Di conseguenza, la normativa prevista dal Codice del consumo deve essere rispettata anche per questi servizi free e deve essere rispettata dal fornitore professionale di servizi e beni.
In conclusione, la pronuncia si colloca nel solco di un più ampio rafforzamento degli strumenti di controllo sulle pratiche commerciali scorrette, con l’obiettivo di tutelare l’integrità del mercato e il corretto funzionamento della libertà contrattuale del consumatore.
Consiglio di Stato Se. VI^ - sentenza n. 1125/2025. (visibile con browser Opera - VPN attivo)
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