lunedì 25 novembre 2024

Il medico tra la responsabilità contrattuale e extracontrattuale

Questo intervento ci porta ad affrontare un argomento già oggetto di un nostro precedente intervento, ossia la responsabilità del medico, questione che ha presentato delle difficoltà di qualificazione che hanno portato il legislatore e gli interpreti a collocarla vuoi nell’alveo extracontrattuale vuoi in quello contrattuale. Abbiamo visto che la “qualificazione definitiva”, imposta dal legislatore manu militari, viene lentamente erosa dai distinguo individuati dalla giurisprudenza nella prassi sociale, che caso per caso ne modellano il profilo, convogliandolo nei diversi titoli di responsabilità. 

La continua esigenza da parte dei giudici di stabilire queste distinzioni e ragioni di queste è da individuarsi, ad opinione di chi scrive, nella natura ambivalente della professione medica, la quale, almeno in Italia, è elettivamente posta a presidio del pubblico interesse alla salute – diritto dal quale discendono direttamente degli obblighi di protezione che esistono prima di qualsiasi determinazione contrattuale – ma che può essere esercitato in forma convenzionata con l’ente pubblico oppure in regime privatistico all’interno di strutture private. 

Simmetricamente, il Sistema Sanitario Nazionale attua la tutela del diritto alla salute, nei limiti stabiliti dai Livelli Essenziali di Assistenza (i c.d. LEA), attraverso le Aziende Sanitarie Locali che si avvalgono di strutture operative a gestione diretta – con personale medico o paramedico alle dirette dipendenze (pensiamo, ad esempio, al medico pubblico dipendente operante nella ASL)i medici di guardia,  – oppure di medici convenzionati (cioè, inseriti in un rapporto di lavoro parasubordinato, come ad esempio i medici di famiglia che prestano l’assistenza medico-generica) che sono competenti su ambiti territoriali che, perlopiù, coincidono con quelli disegnati dalle ASL. 

In questo quadro, il rapporto tra il paziente e il medico tende a spersonalizzarsi, proprio perché è sulle ASL che ricade l’obbligo di attuare l’assistenza medica verso l’utente.  

Ad ogni buon conto, è ad oggi assodato che il legislatore, a mezzo della riforma Gelli Bianco, abbia introdotto il sistema del “doppio binario” il quale tende a “decontrattualizzare” la responsabilità del medico, a meno che questi non abbia stipulato un contratto d’opera professionale. Per riepilogare ragionamenti già svolti, un rapporto decontrattualizzato porta il medico a rispondere di quelle condotte di cui sia comprovato - con onere a carico del paziente da esercitarsi nel termine prescrizionale di cinque anni dal fatto illecito - il nesso causale con il danno ingiusto. La posizione del paziente, in questo quadro, è sicuramente più in salita. 

Di là dalle suddivisioni nette, concentriamoci ora di più sulle singole categorie di medici professionali, esaminandone puntualmente i profili di responsabilità. 

1. Il medico libero professionista: il medico, prima di tutto, è un professionista, alla stregua dell’avvocato, del notaio (figure, però, che svolgono funzioni alle quali sono correlati in forma indiretta gli interessi pubblici) e, per certi versi, anche del docente (che, analogamente al medico dipendente dalle ASL, in quanto pubblico dipendente si vede opporre varie forme di incompatibilità con la libera professione). A meno che il medico non sia alle strette e dirette dipendenze dell’ASL, può esercitare cumulativamente sia l’incarico in regime di convenzione che quello in regime di libera professione, sempre che non ostino ragioni di opportunità, legate cioè al buon esercizio congiunto delle attività lavorative. 

Il libero professionista si interfaccia coi pazienti al di fuori delle strutture sanitarie, oppure all’interno della clinica privata, ma con una organizzazione operativa e una assunzione autonoma dei rischi. 

Il comune denominatore tra queste forme di interazione è rappresentato dalla finalità intrinsecamente economica che dal contatto diretto e fiduciario col paziente, ragioni per le quali il medico assume direttamente, verso il paziente, la responsabilità per i danni arrecati attraverso la propria condotta. 

La responsabilità nella quale incorre il libero professionista è squisitamente contrattuale, con il noto correlato di tale titolo: 

il medico si presume responsabile dell’inadempimento, purché il paziente alleghi e l’inadempimento del medico rispetto al contratto e provi l’entità del danno. Al medico competerà liberarsi “in negativo”, dimostrando la sussistenza di cause esterne ed obiettive tali da recidere il decorso causale. 

Abbiamo intuito in passato che la partita processuale, se vogliamo, si gioca sulla dimostrazione del nesso di causalità e del danno a carico del paziente. È infatti impensabile che il medico si veda condannare per via della sola allegazione dell’inadempimento, per quanto puntuale e dettagliata essa sia.

Il termine di prescrizione è assai lungo e coincide con quello ordinario di 10 anni dagli effetti dell’inadempimento.

Il titolo di responsabilità è così stringente che il medico, ai sensi dell’articolo 10 della Legge Gelli, è obbligato a stipulare la polizza professionale contro i rischi derivanti dalla Responsabilità Civile. L’articolo 11 della stessa legge, poi, prevede le caratteristiche minime che la polizza deve assumere, e tra queste una retroattività decennale e una copertura ultronea, anche a favore degli eredi del medico. 

2. Il medico in regime intramurario, convenzionato o alle strette dipendenze dalla struttura sanitaria (medico strutturato): il rapporto tra il paziente e il medico, in questa forma, diviene più evanescente, poiché i medici che hanno un rapporto funzionale di qualche tipo con la struttura pubblica non rispondono direttamente delle proprie prestazioni. 

La “decontrattualizzazione” del rapporto tra medico strutturato e paziente è vera anche per i medici in regime intramurario, che svolgendo la libera professione dentro l’ospedale e pur facendosi corrispondere delle tariffe, non si avvalgono di una propria struttura (si appoggiano sulla struttura sanitaria). 

È, piuttosto, la struttura sanitaria ad intavolare il rapporto diretto col paziente e, per correlato, a rispondere contrattualmente del fatto commesso dagli addetti di cui si avvale. 

Sarà dunque la struttura, nel caso in cui il medico abbia agito in termini di colpa grave (forme di negligenza, imperizia o imperizia che si verificano nelle attività routinarie e che abbiamo esaminato qui) ad agire nei confronti del medico in via di rivalsa, ma non il paziente. In quel caso, il medico risponderà a vario titolo verso la struttura, nel limite del triplo della retribuzione annua lorda se è un medico dipendente o illimitatamente se è un parasubordinato.

Il paziente, in questo quadro, potrà avvalersi nei confronti del medico dell’azione a titolo extracontrattuale. Come già sappiamo, l’onere della prova grava tutto sul paziente e il termine di prescrizione si riduce di 5 anni.

Questa azione non è assai vantaggiosa per il paziente. Lo svantaggio rientra nelle grandi finalità sottese alla Legge Gelli, per la quale il paziente dovrebbe essere spinto ad contro la Struttura.

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