La sentenza di questo weekend è stata pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea lo scorso 6 settembre 2012 (C-190/11), la quale ha chiarito quale giudice è competente nel caso in cui un consumatore europeo acquisti un bene in un paese dell’Unione diverso da quello di sua residenza.
La questione relativa al giudice competente per le controversie sorte tra due soggetti di stati membri diversi dell’Unione è argomento molto attuale, in quanto sono in netto aumento gli acquisti effettuati all' estero, e non solo mediante internet.
Esiste, invero, una normativa specifica per l'acquisto perfezionato via internet, il quale rientra tra i contratti conclusi a distanza, il quali sono disciplinati nel Codice del Consumo agli artt. 50 e seguenti.
L’art. 63 del Codice Consumo prevede, in particolare, che il giudice competente per le controversie nascenti dal contratto concluso a distanza è quello ove è residente il consumatore.
In ambito comunitario, l’art. 15 del Regolamento (CE) n. 44/2001 prevede che le controversie tra venditore e consumatore, per i contratti conclusi a distanza, debbano essere risolte dal giudice del paese di quest’ultimo.
Tale norma può trovare applicazione anche nel caso in cui la vendita non sia avvenuta via internet, ma direttamente nel paese del venditore?
La Corte di Giustizia ha risposto in senso affermativo, spiegando però a quali condizioni il consumatore può convenire in giudizio la società estera davanti al proprio giudice nazionale.
a. La vicenda
Riprendiamo i passaggi fondamentali della vicenda che ha dato origine all’intervento della Corte:
“la sig.ra Mühlleitner, residente in Austria, aveva effettuato una ricerca su Internet di un’autovettura di marca tedesca che intendeva acquistare per uso privato. Dopo essersi connessa alla piattaforma di ricerca tedesca denominata «www.mobil[e].de», ella aveva specificato la marca ed il tipo di veicolo desiderati, ottenendo in tal modo un elenco di autovetture corrispondenti alle caratteristiche precisate.
Selezionato il veicolo che meglio combaciava con i criteri di ricerca specificati, la sig.ra Mühlleitner veniva reindirizzata verso un’offerta dei convenuti, sigg. Yusufi, i quali svolgono un’attività commerciale di vendita al dettaglio di automobili, per tramite dell’Autohaus Yusufi GbR (in prosieguo: l’«Autohaus Yusufi»), società semplice con sede in Amburgo (Germania).
Al fine di ottenere informazioni più dettagliate in relazione al veicolo proposto su detta piattaforma di ricerca, la sig.ra Mühlleitner contattava i ricorrenti attraverso il recapito telefonico indicato sul sito Internet dell’Autohaus Yusufi, il quale comprendeva un prefisso internazionale. Dal momento che il veicolo di cui trattasi non era più disponibile, gliene veniva proposto un altro, le cui caratteristiche venivano ulteriormente specificate tramite messaggio di posta elettronica. Le veniva altresì precisato che la sua cittadinanza austriaca non avrebbe costituito un ostacolo all’acquisto di un veicolo dai convenuti.
Successivamente la sig.ra Mühlleitner si recava in Germania e, con contratto di vendita sottoscritto il 21 settembre 2009 ad Amburgo, acquistava dai sigg. Yusufi il veicolo de quo al prezzo di EUR 11 500, prendendolo immediatamente in consegna.
Rientrata in Austria, la sig.ra Mühlleitner scopriva che il veicolo acquistato era viziato da alcuni difetti sostanziali e chiedeva, pertanto, ai convenuti di provvedere alla loro riparazione.
Dal momento che i convenuti si rifiutavano di riparare il veicolo, la sig.ra Mühlleitner adiva il giudice del luogo di propria residenza, il Landesgericht Wels (Austria), con una domanda di risoluzione del contratto di vendita del veicolo, contratto che essa asserisce aver concluso quale consumatrice con un’impresa che aveva diretto la sua attività commerciale o professionale verso l’Austria, fattispecie, questa, ricompresa nell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I“.
b. l’intervento della Corte – estensione dell’applicazione del principio ex art. 15, paragrafo 1, lett. c) anche ad i contratti conclusi nel paese del venditore
La Corte ha ritenuto di estendere il principio di cui all’art. 15, paragrafo 1, lett.c) del Regolamento (CE) n. 44/2001 anche ai contratti conclusi direttamente nel paese del venditore.
La soluzione alla questione pregiudiziale viene così motivata dalla Corte di Giustizia
“Si deve, anzitutto, ricordare che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I costituisce una deroga tanto alla regola generale di competenza giurisdizionale sancita dall’articolo 2, paragrafo 1, di tale regolamento, che attribuisce la competenza ai giudici dello Stato membro sul territorio del quale il convenuto è domiciliato, quanto alla regola di competenza giurisdizionale speciale in materia di contratti, dettata dall’articolo 5, punto 1, del medesimo regolamento, secondo cui il giudice competente è quello del luogo in cui è stata o deve essere eseguita l’obbligazione dedotta in giudizio (sentenza Pammer e Hotel Alpenhof, cit., punto 53).
Ne consegue che tale deroga deve necessariamente essere oggetto di rigida interpretazione, in quanto una deroga o un’eccezione ad una regola generale devono essere interpretate restrittivamente.
Occorre inoltre rammentare che le nozioni cui fa ricorso il regolamento Bruxelles I – e, segnatamente, quelle di cui all’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento – devono essere interpretate in maniera autonoma, facendo principalmente riferimento al sistema e alle finalità del regolamento medesimo, al fine di garantirne l’uniforme applicazione in tutti gli Stati membri (v., in tal senso, sentenze del 20 gennaio 2005, Engler, C 27/02, Racc. pag. I 481, punto 33, nonché Pammer e Hotel Alpenhof, cit., punto 55).
A tal riguardo, la Corte ha già avuto modo di affermare che, nel sistema istituito dal regolamento Bruxelles I, l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), dello stesso occupa, come risulta dal suo considerando 13, il medesimo posto e assolve la medesima funzione di tutela del consumatore quale parte più debole dell’articolo 13, primo comma, punto 3, della Convenzione di Bruxelles (v. sentenza del 14 maggio 2009, Ilsinger, C 180/06, Racc. pag. I 3961, punto 41).
Infine, si deve precisare che non occorre verificare se le attività commerciali dei sigg. Yusufi fossero dirette verso l’Austria, in quanto il giudice del rinvio ha già ritenuto che tale condizione fosse soddisfatta.
È alla luce di tali considerazioni che occorre rispondere alla questione sollevata.
Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I debba essere interpretato nel senso che richieda che il contratto tra il consumatore ed il professionista sia stato concluso a distanza. In tale contesto, tale giudice si pone la questione di accertare se dai punti 86 e 87 della citata sentenza Pammer e Hotel Alpenhof risulta che l’ambito di applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I sia limitato ai soli contratti stipulati con i consumatori conclusi a distanza.
Al riguardo se è pur vero che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I è inteso a tutelare i consumatori, ciò non implica che tale tutela sia assoluta (v. sentenza Palmer e Hotel Alpenhof, cit., punto 70). Inoltre, la necessità di concludere a distanza contratti stipulati con i consumatori è menzionata nella dichiarazione congiunta e al considerando 24 del regolamento Roma I, che riprende tale dichiarazione congiunta.
Tuttavia, tutti i governi che hanno depositato le loro osservazioni nonché la Commissione deducono argomenti legati all’interpretazione letterale, alla genesi ed all’interpretazione teleologica di tale disposizione, i quali suggeriscono di dare una risposta negativa alla questione pregiudiziale.
In primo luogo si deve rilevare che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I non condiziona espressamente la sua applicazione alla circostanza che i contratti ricompresi nella sua sfera di applicazione siano stati conclusi a distanza.
Risulta, infatti, dal tenore letterale di tale disposizione che essa si applica qualora due condizioni specifiche siano soddisfatte. Occorre, in primo luogo, che il commerciante eserciti la propria attività commerciale o professionale nello Stato membro di residenza del consumatore ovvero che, con qualsiasi mezzo, egli diriga dette attività verso tale Stato membro o verso una pluralità di Stati che comprende il medesimo Stato membro e, in secondo luogo, che il contratto controverso rientri nell’ambito di detta attività.
Si deve poi rilevare che, nell’esposizione dei motivi della proposta di regolamento (CE) del Consiglio concernente la competenza giurisdizionale nonché il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, presentata dalla Commissione a Bruxelles, il 14 luglio 1999 [COM(1999) 348 def.], tale istituzione considera che «l’eliminazione della condizione contenuta nell’ex articolo 13 [della Convenzione di Bruxelles], secondo cui il consumatore doveva aver compiuto nel proprio Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto, implica che l’articolo 15, primo comma, punto 3 [divenuto articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I], si applica anche ai contratti conclusi in uno Stato membro diverso da quello del consumatore».
La Corte ha parimenti rilevato che il testo dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento Bruxelles I non coincide integralmente con quello dell’articolo 13, primo comma, della Convenzione di Bruxelles. In particolare, essa ha dichiarato che i presupposti di applicazione che i contratti stipulati con i consumatori devono soddisfare risultano attualmente formulati in termini più generali rispetto al passato, affinché sia assicurata una migliore tutela dei consumatori in considerazione dei nuovi mezzi di comunicazione e dello sviluppo del commercio elettronico (v. sentenza Pammer e Hotel Alpenhof, cit., punto 59).
Il legislatore dell’Unione ha quindi sostituito i requisiti riguardanti, da un lato, il commerciante, vale a dire di avere effettuato una proposta specifica o una pubblicità nello Stato di domicilio del consumatore, e, dall’altro, il consumatore, vale a dire di aver compiuto in tale Stato gli atti necessari per la conclusione del contratto, con requisiti riguardanti unicamente il commerciante (sentenza Pammer e Hotel Alpenhof, cit., punto 60).
Al riguardo, non è irrilevante il fatto che, nella relazione del 18 settembre 2000 della commissione giuridica e del mercato interno del Parlamento europeo sulla proposta del futuro regolamento Bruxelles I (documento definitivo A5 0253/2000, emendamento 23 e motivazione), sia fatta menzione del dibattito relativo all’opportunità di aggiungere il requisito secondo cui i contratti stipulati con i consumatori devono essere stati conclusi a distanza nonché gli argomenti che hanno, invece, condotto infine a non adottare tale emendamento.
La nuova formulazione, meno restrittiva, del precedente articolo 13 della Convenzione di Bruxelles, così come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 17 delle sue conclusioni, si riflette del pari in accordi paralleli alla Convenzione di Bruxelles ed al regolamento Bruxelles I, segnatamente nell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), della convenzione allegata alla decisione 2007/712/CE del Consiglio, del 15 ottobre 2007, relativa alla firma, a nome della Comunità, della convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 339, pag. 1).
In secondo luogo, per quanto riguarda l’interpretazione teleologica dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I, si deve osservare che l’inserimento di un requisito legato alla conclusione a distanza dei contratti stipulati con i consumatori sarebbe in conflitto con l’obiettivo perseguito da tale disposizione, nella sua nuova formulazione meno restrittiva, vale a dire quello della tutela dei consumatori, parti deboli del contratto.
In terzo luogo, per quanto riguarda la citata sentenza Pammer e Hotel Alpenhof, la Corte ha dichiarato ai punti 86 e 87 della medesima, in risposta agli argomenti dedotti dalla società Hotel Alpenhof, secondo i quali l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I non potrebbe trovare applicazione considerato che il contratto con il consumatore era stato concluso in loco e non a distanza, che tali argomenti erano inconferenti nel caso di specie, giacché, nei fatti, la prenotazione della stanza d’albergo e la relativa conferma avevano avuto luogo a distanza.
Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 36 38 delle conclusioni relative alla causa in esame, si deve dichiarare che i punti 86 e 87 di detta sentenza rappresentano soltanto una risposta data alla Corte agli argomenti dedotti dalla società Hotel Alpenhof, senza che la loro portata possa essere estesa oltre le specifiche circostanze di tale controversia. Ne deriva che il requisito essenziale cui è subordinata l’applicazione dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I è quello legato all’attività commerciale o professionale diretta verso lo Stato di residenza del consumatore. Al riguardo, sia l’avvio di contatti a distanza, come avvenuto nel procedimento principale, sia la prenotazione di un bene o di un servizio a distanza o, a fortiori, la conclusione a distanza di un contratto stipulato con un consumatore sono indizi di riconducibilità del contratto ad un’attività di tal genere.
Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), del regolamento Bruxelles I dev’essere interpretato nel senso che non richiede che il contratto tra il consumatore ed il professionista sia stato concluso a distanza.”.
Di seguito, il testo integrale della sentenza.
Contratto concluso nel paese del venditore - foro del consumatore
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