Il proprietario di un box auto è tenuto a pagare la tassa di smaltimento dei rifiuti in favore dell' amministrazione comunale? è legittima la richiesta del sindaco verso il proprietario di una rimessa di auto che, usualmente, non utilizza il servizio rifiuti?
La domanda è tutt'altro che scontata, visto che sono in aumento le lamentele provenienti da molti contribuenti chiamati a pagare delle imposte per servizi comunali non utilizzati.
La norma, in generale, stabilisce un obbligo di pagamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti da parte del proprietario del box auto, anche se quest'ultimo può essere esentato da tale obbligo tributario verso l'amministrazione locale laddove dimostri di non usufruire del servizio pubblico.
In termini più semplici, il contribuente rimane esente dal pagamento dell'imposta locale solo laddove dimostri di non produrre rifiuti nel box auto.
Questo principio è stato ribadito la Suprema Corte di Cassazione, ove i giudici hanno chiarito che “in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare delle esenzioni previste dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, commi 2 e 3, per alcune aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione … atteso che, pur operando il principio secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, tale principio non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale” (Ordinanza della Corte di Cassazione n. 17623 del 5 settembre 2016).
Esiste, quindi, un onere della prova da parte del contribuente, chiamato a dimostrare di non produrre alcun rifiuto e, quale conseguenza, non essere assoggettato al pagamento dell'imposta.
Tale prova può, ad esempio, essere collegata alla tipologia di immobile, all'utilizzo effettuato ed ogni elemento che consenta al contribuente di attestare la sua esenzione alla tassa per carenza del presupposto impositivo.
Si ricorda, peraltro, che l'esenzione trova applicazione per il box auto pertinenziale, ove il proprietario dell'immobile principale non è tenuto a pagare l'imposta per il box accessorio.
Qui l'Ordinanza della Cassazione n. 17623/2016.
La domanda è tutt'altro che scontata, visto che sono in aumento le lamentele provenienti da molti contribuenti chiamati a pagare delle imposte per servizi comunali non utilizzati.
La norma, in generale, stabilisce un obbligo di pagamento della tassa per lo smaltimento dei rifiuti da parte del proprietario del box auto, anche se quest'ultimo può essere esentato da tale obbligo tributario verso l'amministrazione locale laddove dimostri di non usufruire del servizio pubblico.
In termini più semplici, il contribuente rimane esente dal pagamento dell'imposta locale solo laddove dimostri di non produrre rifiuti nel box auto.
Questo principio è stato ribadito la Suprema Corte di Cassazione, ove i giudici hanno chiarito che “in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare delle esenzioni previste dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 62, commi 2 e 3, per alcune aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione … atteso che, pur operando il principio secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte dell’obbligazione tributaria, tale principio non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale” (Ordinanza della Corte di Cassazione n. 17623 del 5 settembre 2016).
Esiste, quindi, un onere della prova da parte del contribuente, chiamato a dimostrare di non produrre alcun rifiuto e, quale conseguenza, non essere assoggettato al pagamento dell'imposta.
Tale prova può, ad esempio, essere collegata alla tipologia di immobile, all'utilizzo effettuato ed ogni elemento che consenta al contribuente di attestare la sua esenzione alla tassa per carenza del presupposto impositivo.
Si ricorda, peraltro, che l'esenzione trova applicazione per il box auto pertinenziale, ove il proprietario dell'immobile principale non è tenuto a pagare l'imposta per il box accessorio.
Qui l'Ordinanza della Cassazione n. 17623/2016.
SUPREMA
CORTE DI CASSAZIONE
Sezione
VI - 5
Ordinanza
15 luglio - 5 settembre 2016, n. 17623
REPUBBLICA
ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE
SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE
T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore - rel. Presidente -
Dott. MELONI Marina - Consigliere -
Dott. NAPOLITANO Lucio - Consigliere -
Dott. FEDERICO Guido - Consigliere -
Dott. VELLA Paola - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 30066/2014
proposto da:
COMUNE CATANIA in persona
del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato presso la CORTE DI
CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall'Avvocato , giusta procura a
margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
P.G.;
- intimato -
avverso la sentenza n.
330/18/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI PALERMO SEZIONE
DISTACCATA di CATANIA del 13/06/2013, depositata il 14/11/2013;
udita la relazione della
causa svolta nella camera di consiglio del 15/07/2016 dal Consigliere Relatore
Dott. ETTORE CIRILLO.
Svolgimento del processo
- Motivi della decisione
La Corte, ritenuto che, a
sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente
relazione:
“Il Comune di Catania
propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria
regionale di Palermo, con la quale – in controversia concernente avviso di
accertamento per omessa dichiarazione e pagamento da parte del contribuente P.
G. di Tarsu per l’anno 2002, in relazione all’immobile in proprietà di detto
contribuente sito in Catania e destinato a “rimessa di veicoli” – è stato
rigettato l’appello del Comune di Catania avverso la sentenza […] della CTP di
Catania che aveva accolto il ricorso in impugnazione, sicché il provvedimento e
risultato integralmente annullato. La sentenza impugnata ha ritenuto che –
attesa la non contestata destinazione dell’immobile qui in questione ed atteso
che l’art. 62 del D.Lgs.507/1993 prevede esplicitamente i casi di esclusione
dal pagamento della tassa per la sussistenza di condizioni obiettive che
impediscono la produzione di rifiuti, per la natura stessa delle superfici o
per il loro particolare uso o per l’obiettiva condizione di inutilizzabilità
immediata, a condizione che le circostanze presupposto della esclusione siano
dedotte nella denuncia originaria e siano debitamente riscontrate in base ad
elementi obiettivi – “tale condizione ….è stata attestata dallo stesso comune
di Catania che, in seno all’accertamento, attribuisce esplicitamente al locale
di che trattasi la destinazione di garage privato, tipologia di immobile per la
quale “si deve concludere che la capacità produttiva di rifiuti è inesistente
….atteso che in un garage e ipotizzabile una presenza umana sporadica”… sicché
“l’uomo non avrebbe neppure il tempo o la opportunità di produrre rifiuti”.
L’Amministrazione comunale ha proposto ricorso affidandolo a due motivi. La
parte contribuente non si e difesa”. […]
“Con il primo motivo di
impugnazione (intestato sia alla violazione degli art.62 e 63 del
D.Lgs.507/1993, nonché alla violazione degli art. 70, 71 e 73 dello stesso
D.Lgs.) la parte ricorrente si duole della pronuncia del giudice di appello per
avere quello sostanzialmente finito per affermare che le condizioni di esclusione
operano automaticamente ed in ragione della sola destinazione funzionale
dell’immobile (nella specie adautorimessa), senza che vi sia anche la necessità
di dare la prova positiva della concreta sussistenza di dette condizioni, nel
mentre la disciplina di legge richiede una previa ed apposita dichiarazione di
inidoneità alla produzione dei rifiuti onde consentire lo specifico
accertamento della ragione che esclude la sottoposizione a tassazione. Il
motivo in esame appare fondato e da accogliersi. Costituisce, infatti,
principio consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte quello secondo
il quale, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, grava
sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per
beneficiare delle esenzioni previste dal D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art.
62, commi 2 e 3, per alcune aree detenute od occupate aventi specifiche
caratteristiche strutturali e di destinazione (e cioè che le stesse siano
inidonee alla produzione di rifiuti o che vi si formino rifiuti speciali al cui
smaltimento provveda il produttore a proprie spese), atteso che, pur operando
il principio secondo il quale e l’Amministrazione a dover fornire la prova
della fonte dell’obbligazione tributaria, tale principio non può operare con
riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile,
costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del
pagamento del tributo da partedi tutti coloro che occupano o detengono immobili
nelle zo0ne del territorio comunale (ex multis, Cass, nn. 17703 del 2004, 13086
dei 2006, 17599 del 2009, 775 del 2011). Ne deriva che sarebbe spettato al
giudice del merito acclarare se – in concreto- la parte contribuente avesse
dimostrato adeguatamente i presupposti fattuali per poter beneficiare delle
citate disposizioni di esclusione dall’assoggettamento al tributo, senza
limitarsi a dare atto che detta prova doveva considerarsi raggiunta in
considerazione del solo presupposto della peculiare destinazione funzionale
dell’immobile (ad autorimessa), e perciò in virtù del fallace assunto secondo
cui un locale adibito a garage non possa che ritenersi, di per se, improduttivo
di rifiuti solidi urbani. Assunto che si palesa in contraddizione con la fonte
normativa primaria, dalla quale sono eccepite le sole “aree scoperte
pertinenziali od accessorie di civili abitazioni”, salva la specifica
dimostrazione di cui si è detto a riguardo dei “locali e delle aree ” di
diversa natura, ciò che suppone inevitabilmente un accertamento preventivo ed
individualizzato. Alla luce di tali considerazioni, non resta che concludere
che la pronuncia appellata merita la cassazione, sicché la causa va restituita
al giudice del merito affinché quest’ultimo torni ad esaminare la questione controversasulla
scorta dei principi dianzi messi in evidenza.. Pertanto, si ritiene che il
ricorso possa essere deciso in camera di consiglio per manifesta fondatezza del
primo motivo, con assorbimento del residuo”.
Rilevato che, a seguito
della notifica della relazione, non è stata depositata alcuna memoria; che la
causa è stata riassegnata ad altro relatore con decreto prot. N. 97/VI/16
dell’11 Luglio ’16;
osservato che il
Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condividendo i
motivi in fatto e in diritto della relazione, ritiene che ricorra l’ipotesi
della manifesta fondatezza del primo motivo di ricorso con assorbimento del
secondo, per tutte le ragioni sopra indicare nella relazione stessa;
considerato che da tutto
ciò consegue la cassazione della sentenza d’appello riguardo alla censura
accolta con rinvio alla CTR (anche per le spese), affinché la lite, dopo nuovo
esame, sia decisa sulla base dei principi innanzi affermati;
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo
di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata in
relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese, alla CTR-Sicilia,
sez. Catania, in diversacomposizione.
Così deciso in Roma, il
15 luglio 2016.
Depositato in Cancelleria
il 5 settembre 2016.
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