La famosa condizione contrattuale che usualmente vediamo inclusa quando acquistiamo una macchina usata è sempre oggetto di discussione in merito alla sua corretta applicazione e i limiti di validità.
L'acquisto del veicolo usato, in particolare, è accompagnato dal famoso "visto e piaciuto", mediante il quale il consumatore prende atto delle condizioni della macchina, accettandole e così liberando il venditore da possibili successive contestazioni.
Questa clausola è sempre valida e può trovare applicazione alla vendita di un veicolo usato, laddove il consumatore accerti gravi malfunzionamenti, od anche vizi occulti, successivamente all'acquisto dell'autoveicolo?
Molto spesso, infatti, l'usato manifesta tutti i suoi limiti (malfunzionamenti) solo dopo un effettivo utilizzo del mezzo da parte dell'acquirente, il quale arriva a contestare alla controparte eventuali vizi solo dopo mesi.
Ed ecco il venditore richiamare la clausola "visto e piaciuto" con la quale si ritiene tutelato da eventuali lamentele proposte dall'acquirente, escludendo ogni forma di riparazione o risarcimento.
Questa clausola può sempre trovare applicazione e copre anche i vizi occulti?
La Suprema Corte di Cassazione è intervenuta di recente, chiarendo i limiti di applicazione di questa norma contrattuale molto famosa ed utilizzata nelle vendite di prodotti usati, ed in particolare nelle vendite ove l'acquirente non è un consumatore.
E il Giudice di legittimità, richiamando un precedente della medesima Cassazione, chiarisce che "visto e piaciuto" "[...] non può riferirsi ai vizi occulti, che si manifestano cioè, dopo i normali controlli eseguiti ante acquisto, soltanto dopo l’uso del bene compravenduto. Né potrebbe essere diversamente, giacchè la espressione “vista”, se priva di precisazioni rafforzative, inequivocabilmente allude solo ai vizi agevolmente riscontrabili dall’acquirente a primo esame. Inoltre, anche considerati i principi fondamentali che governano l’istituto dei contratto, la buona fede e l’equità del sinallagma contrattuale, sarebbe incongruo ritenere che quella clausola possa sollevare il venditore dalla garanzia per i vizi occulti.".
La Cassazione limita questa clausola ad ipotesi in cui i vizi siano immediatamente visibili, ossia facilmente riscontrabili (e contestabili) dall'acquirente a seguito di un esame superficiale del prodotto, nel rispetto dei principi contrattuali di buona fede ed equità.
Il Giudice osserva, inoltre, che "Piuttosto, quei principi inducono a ritenere che quella clausola vada limitata ad una accettazione del bene con tutti quegli eventuali vizi riconoscibili ictu acuii, nonché, se vi sia stata concreta possibilità di farlo, con tutti i vizi che avrebbero potuto essere riconoscibili con una diligente disamina del bene. Non ricomprende, anche, l’accettazione dei vizi occulti, perché, ove così fosse, si determinerebbe uno squilibrio ingiustificato del sinallagma contrattuale. Il venditore di vettura usata, pertanto, è tenuto alla garanzia per i vizi occulti, anche se la vendita sia avvenuta “nello stato come vista e piaciuta” e, ciò, a prescindere dal fatto che la presenza di essi non sia imputabile ad opera del venditore, ma, esclusivamente, a vizi di costruzione del bene venduto.".
In altri termini, la Corte richiama i principi di buona fede contrattuale e correttezza che devono essere applicati anche nell'interpretazione della clausola "visto e piaciuto", sicché il venditore non può invocare questa clausola nel caso di vizi occulti o comunque non riscontrabili dal compratore, anche laddove quest'ultimo sia stato posto nella condizione di verificare il prodotto usato (macchina) oggetto di vendita.
Qui la sentenza.
CORTE DI CASSAZIONE
Civile Sent. Sez. 6 Num. 21204 Anno 2016
Civile Sent. Sez. 6 Num. 21204 Anno 2016
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Signora X, con atto di citazione del 22 aprile 2010, conveniva davanti al Giudice di pace di Milano la società G&G sas di Signor X per sentirla condannare alla restituzione dell’importo di C, 3.820,00, previo accertamento della responsabilità della convenuta, quale venditrice, per i vizi riscontarti nell’autovettura dalla medesima acquistata e previa riduzione del prezzo di compravendita. A sostegno di questa domanda l’attrice esponeva di aver acquistato con atto del 30 aprile 2009 dalla società G&G di Signor X una autovettura WW al prezzo di C. 26.000,00; che prima di definire la vendita l’acquirente, insieme al proprio convivente Fabio Francia, si era incontrata con il rappresentante legale della società, il quale aveva assicurato che l’autovettura era in buone condizioni e che non aveva mai subiti incidenti e non presentava alcun vizio. Esponeva inoltre che tuttavia già lo stesso giorno in cui era stata conclusa la compravendita, aveva rilevato delle rumorosità generate dal mezzo spinto a velocità autostradale, cosicchè aveva provveduto a far visionare l’autovettura ad una officina convenzionata VW di Balzano; che il meccanico aveva rilevato qualcosa di anomalo e successivamente aveva comunicato che la rumorosità era dovuta alla rottura dell’avantreno anteriore non derivante da urto e per la relativa riparazione chiedeva una somma di C. 2.850,00 più IVA. L’acquirente aggiungeva che aveva provveduto a denunciare il vizio al venditore con e-mail del 15 maggio 2009 e successivamente con fax e con raccomandata del 18 giugno 20009. Si costituiva la convenuta e contestava la ricostruzione dei fatti così come effettuata dall’acquirente ed eccepiva la tardività della denuncia per vizi ai sensi dell’art. 1495 cod. civ.. Deduceva che l’auto aveva 1.333 Km in più rispetto a quelli che aveva al momento dell’acquisto e che il danno non era presente il 29 aprile 2009 data in cui era avvenuta la vendita, Il Giudice di Pace di Milano con sentenza n. 6831 del 2011 accoglieva la domanda di parte attrice condannando la convenuta al pagamento di €. 3.620,00 oltre interessi di cui C. 200,00 liquidati per fermo tecnico. Il Tribunale di Milano, pronunciandosi su appello della società G&G di Signor X, con contraddittorio integro, con sentenza n. 9920 del 2014 accoglieva l’appello; rigettava la domanda avanzata da Signora X e condannava la stessa appellata al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio. Secondo il Tribunale di Milano nel caso in esame Si trattava di una macchina usata e la vendita era avvenuta con la esplicata clausola vista e piaciuta, che non sarebbe una clausola di stile, ma se espressa in modo chiaro, comporta una limitazione della garanzia per i vizi della cosa. Pertanto in forza di tale clausola il compratore all’acquisto prescindendo da ogni altra considerazione accetta senza alcuna riserva il bene allo stato in cui appare, rinunciando alla garanzia per vizi anche quelli occulti (in quanto per i vizi facilmente riconoscibili l’esclusione della garanzia è disposta dall’art. 1490 cod. civ.) La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Signora X con ricorso affidato ad un motivo. La società G&G di Signor X ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1- Con l’unico motivo di ricorso Signora X denuncia la violazione e falsa applicazione delle seguenti norme di diritto in relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., attt. 1362, 1366, 1367, 1371, 1491 cod. civ. Sostiene la ricorrente che il giudice dell’appello avrebbe errato nell’accogliere la tesi, secondo cui l’acquisto di un veicolo usato con la clausola vista e piaciuta escluderebbe, tout court, l’operatività della garanzia di cui all’art. 1490 cod. civ. perché sarebbe frutto di un’errata interpretazione di tale clausola contrattuale. Piuttosto, se il Tribunale avesse ricostruito la comune intenzione delle parti tenendo conto di tutte le circostanze di fatto rigorosamente provate in giudizio avrebbe assegnato a quella clausola l’unico significato coerente con la volontà delle parti e cioè “vista e piaciuta nello stato in cui si trovava”, all’esito delle verifiche effettuate prima dell’acquisto e delle rassicurazioni fornite dalla venditrice circa il buono stato conservativo del mezzo. In particolare, il Tribunale non avrebbe tenuto conto: A) che la trattativa di vendita era sempre stata caratterizzata d ampie rassicurazioni da parte della venditrice in ordine alla perfetta funzionalità e buona condizione di manutenzione della vettura. Sicché, tutt’al più il Tribunale avrebbe potuto interpretare la clausola “vista e piaciuta” quale rinunzia alla garanzia dei vizi facilmente riconoscibili, ma non dei vizi occulti. B) che la dichiarazione di acquisto non era stata predisposta né dal promissario acquirente nè dal promittente veditore, ma era stata preparata dall’ufficio pratiche automobilistiche Prora Sas. Pertanto la clausola “vista e piaciuta” non poteva che essere una clausola di stile rimanere il vizio della cosa, ed, in particolare, il vizio occulto preesistente alla conclusione del contratto, ben distinto dal semplice logorio del bene, dovuto al normale uso dello stesso. E, anche nei casi di vendita di beni usati (quale una autovettura usata) i contraenti nell’ambito della loro autonomia contrattuale possono derogare alla disciplina legale della garanzia per vizi della cosa venduta, con l’inserimento nel contratto di apposita clausola, ammessa dall’art. 1490, II comma, cod. civ. e debitamente approvata per iscritto ex art. 1341 comma 2, cod. civ. Ora, secondo un’opinione dottrinale, che ha qualche isolato riscontro nella giurisprudenza di merito, cui ha aderito il Tribunale di Milano, la garanzia per i vizi è esclusa, in termini radicali, dalla clausola “vista e piaciuta”, come l’impegno ad accettare il bene compravenduto senza alcuna riserva e, pertanto, rinunciando in toto alla garanzia per i vizi anche per i vizi occulti. Tuttavia, tale interpretazione, come evidenziato in ricorso, è implicitamente smentita dall’unico precedente massimato di questa Corte, secondo il quale: «La garanzia per i vizi della cosa oggetto della compravendita è esclusa dalla clausola “vista e piaciuta” – la quale ha lo scopo di accertare consensualmente che il compratore ha preso visione della cosa venduta -, qualora si tratti di vizi riconoscibili con la normale diligenza e non taciuti in mala fede. (Sez. 2, n. 3741 del 03/07/1979, Rv. 400175)». La clausola non può riferirsi ai vizi occulti, che si manifestano cioè, dopo i normali controlli eseguiti ante acquisto, soltanto dopo l’uso del bene compravenduto. Né potrebbe essere diversamente, giacchè la espressione “vista”, se priva di precisazioni rafforzative, inequivocabilmente allude solo ai vizi agevolmente riscontrabili dall’acquirente a primo esame. Inoltre, anche considerati i principi fondamentali che governano l’istituto dei contratto, la buona fede e l’equità del sinallagma contrattuale, sarebbe incongruo ritenere che quella clausola possa sollevare il venditore dalla garanzia per i vizi occulti. Piuttosto, quei principi inducono a ritenere che quella clausola vada limitata ad una accettazione del bene con tutti quegli eventuali vizi riconoscibili ictu acuii, nonché, se vi sia stata concreta possibilità di farlo, con tutti i vizi che avrebbero potuto essere riconoscibili con una diligente disamina del bene. Non ricomprende, anche, l’accettazione dei vizi occulti, perché, ove così fosse, si determinerebbe uno squilibrio ingiustificato del sinallagma contrattuale. Il venditore di vettura usata, pertanto, è tenuto alla garanzia per i vizi occulti, anche se la vendita sia avvenuta “nello stato come vista e piaciuta” e, ciò, a prescindere dal fatto che la presenza di essi non sia imputabile ad opera del venditore, ma, esclusivamente, a vizi di costruzione del bene venduto. Nell’ipotesi in esame, il Tribunale di Milano nel ricostruire il significato della clausola “vista e piaciuta” come l’impegno ad accettare il bene compravenduto senza alcuna riserva, non ha tenuto conto che il visto e piaciuto di per sé intende riferirsi allo stato apparente in cui si trova il bene compravenduto, cioè così come possa essere, ragionevolmente, percettibile e manifesto. E, soprattutto non ha tenuto conto che il senso letterale di quella clausola andava considerato alla luce die principi contrattuali dell’equità e del corretto sinallagma del contratto, nonché della buona fede contrattuale, che induce a tener conto di un corretto equilibrio degli interessi contrapposti In definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata al Tribunale di Milano in persona di altro magistrato, che si atterrà all’interpretazione normativa qui accolta e provvederà anche al regolamento delle spese dei presente giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Milano nella persona di altro Magistrato. Al Tribunale di Milano va demandato, ai sensi dell’art. 382 cod. proc. civ., il compito di provvedere al regolamento delle spese, anche del presente giudizio di cassazione. Così deciso nella Camera di Consiglio della sottosezione Seconda della Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione il 14 giugno 2016
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