sabato 16 maggio 2020

Le ricadute economiche dell’epidemia: dov’è meglio tenere i risparmi al riparo

Fonte: Il Fatto Quotidiano
30 marzo 2020
Tante sono le domande che si pone chi ha risparmi da parte, preoccupato per le ricadute economiche e finanziarie dell’epidemia in corso. Abbiamo già messo in guardia dalle garanzie farlocche di recuperi più o meno rapidi e meriterebbe anche discutere dei rischi, non nulli, per i titoli di Stato italiani.

Ma prima vogliamo dare qualche risposta a chi, angosciato, cerca beni o soluzioni rifugio, avendo in mente gli scenari peggiori: insolvenze, fallimenti e default a catena. Quali sono le alternative più sicure? Le esaminiamo proprio in ordine crescente di sicurezza, precisando che innanzitutto bisogna comunque evitare fondi, polizze e simili, perché uno non sa, cosa davvero hanno dentro.

Per cominciare sono alquanto sicuri conti correnti e libretti, perché nella situazione attuale il governo italiano ma anche la Banca Centrale Europea vogliono assolutamente evitare crisi bancarie. Fosse capitato adesso, le banche venete sarebbero state salvate. Hanno addirittura infilato nel decreto Cura Italia in pratica la nazionalizzazione dell’Alitalia, in cancrena da ben prima del coronavirus.

In quanto alla liquidità lasciateci dire una cosa. Per mesi e mesi i saccenti soloni dell’educazione finanziaria hanno sconsigliato di tenerla sui conti, con l’obiettivo nascosto di facilitare il collocamento di fondi e altre trappole. Chi ha dato retta al Fatto Quotidiano, anziché a loro, ha evitato le perdite delle settimane scorse.

Ancor più sicuri dei soldi in banca sono buoni fruttiferi e libretti postali, in virtù della garanzia dello Stato. Ciò varrebbe anche per i Btp e altri titoli del Tesoro, soggetti però a flessioni e anche crolli delle quotazioni.

All’apice della sicurezza nei riguardi di fallimenti, insolvenze ecc. abbiamo i contanti, cioè le banconote o biglietti di banca, che dir vogliasi. Sono infatti la moneta delle banche centrali, le quali non falliscono a differenza di cosa capita, a volte, alle banche private. Per maggior prudenza ci sarebbero le banconote in valute estere, in particolare in dollari o franchi svizzeri. Ma un normale risparmiatore ha grandi difficoltà a procurarsele per importi significativi.



E i beni rifugio tradizionali? Di opere d’arte, diamanti o tappeti non merita neanche parlare. C’è l’oro, che non è una scelta assurda, ma con due gravi difetti. Per cominciare il costo dell’investimento per le monete auree arriva al 10-15%. Ma soprattutto all’occorrenza bisognerà trovare aperti i pochi canali esistenti per venderlo, visto che nei negozi o supermercati la spesa non si paga certo coi Krugerrand, le Elisabette o i lingotti d’oro.

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