lunedì 18 maggio 2020

Pignoramento immobiliare: la nuova conversione aiuta il consumatore a salvare la casa

La difficile congiuntura economica è caratterizzata dall'aumento delle procedure di pignoramento delle case dei consumatori, divenuti debitori delle banche a cui non riescono a corrispondere le rate mensili per il rimborso del mutuo.

Molti consumatori non sanno che durante il procedimento immobiliare che si conclude con la vendita della casa all'asta, è possibile per il debitore esecutato di poter bloccare il procedimento, attraverso la conversione del pignoramento, pagando così la somma dovuta al creditore (usualmente un istituto di credito).

Il procedimento di conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.) è oggetto del nostro intervento, anche perché le recenti modifiche introdotte nel 2019 consentono al consumatore di "salvare la casa" con più facilità.

Andiamo a vedere le novità normative.


1) Il Decreto Semplificazioni 2019
Il “Decreto Semplificazioni 2019” (Decreto Legge 14 dicembre 2018 n. 135 rubricato “Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione”, poi convertito in Legge 12 febbraio 2019 n. 12) ha introdotto nuove disposizioni che, oltre ad interessare l'esecuzione immobiliare, hanno modificato l'articolo 495 c.p.c., norma dedicata all'istituto della conversione del pignoramento.

Il legislatore ha favorito il debitore pignorato, avendo in mente le piccole imprese indebitate che, a propria volta, siano creditrici della Pubblica Amministrazione. Tuttavia la norma in commento è valida per tutti, anche per i consumatori, ai quali offriamo un breve commento alla luce degli istituti sottesi.

Si tratta di piccole modifiche, potremmo dire dei “ritocchi”, della norma in commento che, sebbene non stravolgono la norma, riescono di indubbio vantaggio per i debitori esecutati.

2) L'espropriazione forzata
Il contesto di riferimento è quello dell'espropriazione forzata dei beni del debitori, tra i quali rientra anche la casa di proprietà.

Essa inizia col pignoramento, atto compiuto dall'ufficiale giudiziario su istanza del creditore e col quale alcuni beni del debitore esecutato (quelli indicati nell'istanza, purché pignorabili) entrano a far parte del compendio pignorato.

Il compendio pignorato, appunto, comprende i beni del debitore esecutato (mobili, immobili, denaro, oppure beni di terzi posti a garanzia di crediti dell'esecutato), sui quali è apposto un vincolo di indisponibilità: gli atti di disposizione o di alienazione posti in essere dal debitore sui beni in parola sono da considerarsi, dunque, inefficaci.

Il vincolo è apposto in vista dei due possibili esiti del pignoramento, la cui scelta spetta al creditore entro novanta giorni dal pignoramento: la vendita (con incanto o a mezzo di commissionario) o l'assegnazione.

Il debitore esecutato potrà versare nelle mani dell’ufficiale giudiziario l’intero importo del credito, oltre alle spese dell’esecuzione, oppure chiedere la conversione del pignoramento, appunto disciplinata dall'articolo 495 c.p.c..

3) La conversione del pignoramento (art. 495 c.p.c.)
l'istituto  consente al debitore, prima che sia disposta la vendita o l'assegnazione dei beni pignorati, di sostituire agli stessi una somma di denaro che comprende quanto è dovuto al creditore in sorte capitale, per gli interessi, oltre alle spese dell'esecuzione.

La finalità dell'istituto è abbastanza intuibile, essendo quella di ottenere una sorta di rateizzazione del debito da parte del soggetto debitore.

Tuttavia, sia le modalità che i termini per presentare la domanda di conversione possono influire molto sull'utilità di questo istituto presso i debitori, oltre al solo ed importante beneficio di salvare il compendio pignorato. 

Posta questa importante premessa, possiamo comprendere meglio in quali punti il legislatore ha modificato la disciplina.

Di recente, peraltro, la Cassazione ha stabilito che ogni debitore può partecipare al procedimento di conversione ex art. 495 c.p.c., sempreché la sua insinuazione al procedimento, seppur tardiva, avvenga entro l'udienza ove il giudice accoglie l'istanza del debitore (vedi qui).

3a) La cauzione
Il secondo comma dell'articolo 495 c.p.c. prevede l'obbligo per il debitore che formula l'istanza di conversione del pignoramento di depositare in cancelleria una cauzione, la cui soglia minima è stata ridotta per effetto della recente riforma.

Infatti, ad oggi è previsto il versamento di una somma di una somma della misura non inferiore ad un sesto della somma dei crediti così individuati:

– quello indicato dal creditore pignoratizio nell'atto di pignoramento;
– quelli indicati dai creditori intervenuti nei rispettivi atti di intervento nella procedura esecutiva.

Prima della recente riforma l'entità prevista ammontava ad un quinto. È indubbio, sotto questo profilo, la possibilità offerta a più debitori esecutati di formulare l'istanza di conversione, dal momento che l'ingente liquidità necessaria per accedere alla procedura di conversione spesso non incoraggia la formulazione di istanze.

3b) La rateizzazione
Entro trenta giorni dal deposito dell'istanza di conversione del pignoramento (contestuale al deposito della suddetta cauzione in cancelleria), il Giudice dell'Esecuzione fissa  l'udienza, sente le parti (creditori e debitore) e dispone la conversione del pignoramento: ai beni compresi nel compendio pignorato viene sostituita la somma individuata dal Giudice nell'ordinanza.

A questo punto, va ricordato che la cauzione versata viene accantonata. Qualora il debitore non corrisponda l'importo indicato nell'ordinanza, egli decade dal beneficio della conversione del pignoramento: la cauzione incamerata verrà acquisita in modo definitivo dalla procedura, insieme ai beni del compendio pignorato.

In questo contesto si inseriscono delle agevolazioni previste a favore del debitore.

Anzitutto, la rateizzazione: il debitore, in ricorrenza di giustificati motivi, può chiedere ed ottenere dal Giudice dell'Esecuzione una dilazione del versamento della somma indicata nell'ordinanza. Anche in questo caso il legislatore, mostrando particolare indulgenza nei confronti dei debitori, ha aumentato il termine massimo della dilazione, portandolo da trentasei mesi a quarantotto mesi (all'incirca quattro anni) e conservando la cadenza semestrale dei versamenti.

3c) Il termine per il versamento tardivo
Il legislatore ha altresì prolungato il termine per il versamento tardivo, portandolo da quindici giorni, previsti nel terzultimo comma dell'articolo 495 c.p.c., a trenta giorni.

Due sono i casi nei quali il debitore può essere tardivo.

- Il primo ricorre quando egli non osserva il termine indicato nell'ordinanza di conversione per effettuare il versamento della somma in sostituzione del compendio pignorato (articolo 495, comma terzo).
- Il secondo ricorre quando egli abbia chiesto ed ottenuto una rateizzazione, ma non osservi la cadenza semestrale delle rate.


In queste due ipotesi il debitore, benché tardivamente, potrà versare gli importi con un termine di tolleranza prolungato e senza decadere dal beneficio della conversione.

4) Il vantaggio della conversione
La conversione del debito è un istituto molto rilevante e vantaggioso per il consumatore che si trovi all'interno di un procedimento di esecuzione forzata sulla casa, ma deve essere avviato solo se vi sono concrete possibilità al pagamento della somma prevista, maggiorata dei costi di procedura e degli interessi.

Viene previsto, peraltro, che tale somma possa anche essere versata dai terzi (parenti) che possono giungere in aiuto del debitore, ed anche tale novità può tornare utile per li debitore in difficoltà.

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