domenica 6 giugno 2021

Danno da illegittima segnalazione alla Centrale Rischi: poche possibilità di risarcimento per il consumatore

Nei casi attinenti all’illegittima segnalazione al servizio di centralizzazione dei rischi creditizi gestito dalla Banca d'Italia (la <<Centrale Rischi>>) di privati ed imprese, la ricostruzione dell’evento pare piuttosto lineare, tanto è vero che la casistica giurisprudenziale abbonda di provvedimenti inibitori adottati in via cautelare. 

Sul punto è intervenuta la recentissima pronuncia della Corte di Cassazione, ove il Giudice di legittimità ha voluto chiarire alcuni aspetti rilevanti il danno da illegittima segnalazione.

Il nostro intervento, seppur in modo parziale, vuole analizzare tale aspetto, ossia quali sono i danni che può subire un consumatore che per errore viene segnalato nella banca dati della Banca d'Italia o in una banca dati privata (qui un approfondimento sulle banche dati).

E' noto che nel caso di segnalazione presso un circuito bancario o una banca dati sulla quale si interfacciano i terzi, si assiste ad una fuga di notizie, più o meno riservate, che attengono alla sfera personale o patrimoniale del privato. 

Il profilo della fuga di notizie riservate, a prescindere da chi le diffonda, è affrontato dal Codice della privacy (oggi, il GPDR), proprio per tutelare il contraente debole ed evitare, o quantomeno limitare, il pregiudizio che questi può soffrire da siffatto evento. 

La condotta antigiuridica posta in essere dalla banca, tuttavia, può essere astrattamente fonte di una pluralità di danni (patrimoniali e non patrimoniali), risarcibili anche secondo la normativa sulla riservatezza.   

Tuttavia, le pretese avanzate dai privati, specialmente in relazione ai pregiudizi non patrimoniali, di solito non vanno oltre la mera allegazione, mentre solo in pochi casi sono corredate da un concreto riscontro probatorio. 

Tenendo conto di questa constatazione e procedendo con ordine, è opportuno ragionare su due piani: quello del danno patrimoniale e quello del danno non patrimoniale (puoi approfondire anche qui). 

Danno patrimoniale

Sotto il profilo del danno patrimoniale, certamente, la norma cardine è costituita dall’articolo 1223 cod. civ. in base al quale è risarcibile il danno che sia conseguenza immediata e diretta della lesione. La disposizione è condivisibile sotto il profilo logico, prima ancora che quello giuridico. 

I danni patrimoniali che possono derivare dall’illegittima segnalazione sono di vario tipo e la tecnica per raggrupparli è quella casistica, se non altro perché ci consente di cogliere abbastanza rapidamente quali sono gli oneri di allegazione e di prova che richiedono. 

Il più ricorrente è un danno da compromissione dell'accesso al credito. L'impossibilità di accedere al credito, specialmente quando il segnalato è un imprenditore, innesca una reazione a catena di danni patrimoniali, tutti causalmente riconducibili alla indebita segnalazione. 

Si pensi alla circostanza per la quale il privato sia costretto a vendere beni di proprietà per far fronte ad impegni di spesa assunti prima di essere stato segnalato; come pure al caso in cui il segnalato, dopo aver sottoscritto un contratto preliminare e aver versato la caparra confirmatoria, viene segnalato e, per tale causa, non può onorare il preliminare di compravendita, dando il diritto al promittente venditore di rifiutarsi di sottoscrivere il contratto definitivo e di trattenere la caparra. 

Questi pregiudizi economici sono risarcibili, purché il soggetto segnalato fornisca la prova sia di aver subito il danno che del nesso causale tra la segnalazione erronea e la conseguenza che ne è derivata. In termini operativi, si può pensare di ricorrere in giudizio ai seguenti “mezzi di prova”: 

Il documento che comprova che il direttore della banca ha rigettato la richiesta del mutuo per via della segnalazione effettuata da un'altra banca; 

in mancanza del documento, la prova testimoniale dello stesso direttore; 

la produzione del contratto preliminare. 

Una trattazione a parte merita il caso del soggetto che si è vede rigettare il credito per avviare un’impresa (nella casistica, una impresa fotovoltaica) a motivo di un’errata segnalazione. Il tema della prova verte sulla dimostrazione che, in chiusura dell’istruttoria avviata dall’istituto di credito, l’attività di impresa non costituisca una velleità dell’imprenditore, bensì un’iniziativa sufficientemente concreta per la quale la banca abbia palesato la disponibilità a finanziare l’impresa, purché il soggetto non sia segnalato. Anche in questo caso soccorre la prova testimoniale, poiché è probabile che soltanto il direttore o il funzionare della banca possa evidenziare, in modo preciso, quali fossero le intenzione dell’istituto. 

Danno non patrimoniale

Il tema del danno non patrimoniale, invece, è assai più complesso. 

Per quanto attiene alla reputazione personale, ossia alla reputazione che il soggetto gode come persona umana, tra gli altri consociati, la giurisprudenza sostiene si riallaccia alla tesi del danno in re ipsa, nel senso che la persona umana subisce una diminuzione di valore, per quanto non patrimoniale, alla quale il risarcimento può essere commisurato.

Mentre con riguardo alla reputazione commerciale dell'impresa, rileva l’esercizio dell’attività economica e, quindi, il pregiudizio è risarcibile a condizione che il danno venga provato nella sua esistenza, anche in via presuntiva. 

Il quadro, tuttavia, non è completo, perché bisogna tenere in debita considerazione il principio per il quale, nel nostro ordinamento, il risarcimento del danno non corrisponde mai alla funzione di una pena privata (danno punitivo”), ma piuttosto alla funzione compensativa: quella, appunto, di riportare il danneggiato nella posizione in cui si trovava prima di aver subito l’evento dannoso. 

Alla luce della funzione compensativa, per la quale un danno postula una perdita, e quella perdita va neutralizzata, è necessario ed implicito distinguere tra le danno-evento e danno-conseguenza: e la categoria del danno conseguenza viene utilizzata dalla giurisprudenza, appunto, come filtro per quantificare la pretesa del risarcimento. 

 Il dato che emerge è che la categoria del danno non patrimoniale postula un duplice giudizio. Non basta che sia stato leso un interesse meritevole, sotto il profilo dell'ingiustizia del danno; occorre altresì la sussistenza delle conseguenze di quella lesione. 

Peraltro, un filtro analogo a quello previsto dalla categoria del danno conseguenza è utilizzato in materia di illegittimo trattamento dei dati personali, nel quale si prevede il risarcimento, ma lo si condiziona Comunque una  l'operatività del rimedio risarcitorio è altresì condizionata alla verifica aggancia ad c.d. soglia di risarcibilità, articolata nel duplice accertamento della gravità della lesione e della serietà del danno, a riprova del fatto che non è sufficiente la mera allegazione della segnalazione.

Non è di secondaria importanza la questione inerente la prova del danno conseguente l'illegittima segnalazione e, come si legge nel provvedimento qui di seguito riportato.

Corte di Cassazione - Sez. I^ Civ. Ordinanza n. 23453/2020.


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