domenica 7 agosto 2022

Conguaglio tariffario dell'acqua: illegittimo se stabilito da un atto amministrativo

Questa domenica affrontiamo un argomento particolare, ma assai attuale, ossia il diritto al conguaglio preteso dal fornitore del servizio e previsto non ex lege, ma attraverso un atto amministrativo.

Il provvedimento che ci consente di avviare una disamina della materia, è una non recente pronuncia del Tribunale di Torino, sentenza che rientra nel novero di quelle pronunce con cui diversi giudici ordinari, i quali ammettevano i c.d. “conguagli tariffari” dell’acqua e, di conseguenza, i rincari in bolletta per partite già scadute, prima dell’arresto della Cassazione (ordinanza n. 17959/2021),

Per comprendere cosa sono i conguagli tariffari, dobbiamo precisare che la tariffa di un servizio pubblico regolato da un’Autorità di settore è determinata da due componenti. 

Il primo è quello correlato alla mera fruizione del servizio, come per qualunque corrispettivo. 

Il secondo è collegato a ulteriori criteri enunciati dalla normativa di settore, e segnatamente: 

- la qualità della risorsa idrica e del servizio fornito; 

- delle spese di adeguamento (del servizio); 

- dei costi di gestione delle opere e delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee; 

- della remunerazione degli investimenti effettuati.

La predisposizione delle tariffe è attribuita all’Autorità di settore sulla base del metodo prescritto dalla ARERA (Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas); a cascata, essa viene imposta agli enti che somministrano l’acqua alle varie utenze. 

Tuttavia, il punto dolente della sentenza in commento è un altro. 

I giudici hanno spesso sostenuto che le Autorità potessero inserire nei conguagli delle bollette anche le partite pregresse.  Il percorso logico seguito nella sentenza oggi in commento, e del quale riportiamo tre passaggi, corrisponde a quello seguito da molti altri giudici ordinari: 

“Tali esigenze [n.d.r. pubblicistiche] giustificano dunque che la predisposizione della predetta tariffa sia attribuita non già, come accadrebbe in un ordinario rapporto contrattuale, alla parte somministratrice del servizio, ma all’Autorità d’Ambito, secondo la metodologia indicata dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (art. 154, D.lgs n. 152/2006 e art. 6, Deliberazione del 28 dicembre 2012, sopra citata).

Nel caso di specie, pertanto, la somma versata a titolo “di regolazione ante 2012 – conguaglio” e contestata dall’attore originario non si pone, contrariamente a quanto ritenuto dal Giudice di primo grado, come un aumento tariffario ex post illegittimo in quanto non giustificato da maggiori consumi, bensì come un vero e proprio conguaglio c.d. “tariffario” fondato su investimenti pregressi (anteriori al 2008) ma non ancora ripartiti. (…) 

Tale circostanza è stata infatti ampiamente dimostrata da parte appellante che, sulla base della documentazione prodotta in giudizio, ha illustrato come il predetto aumento tariffario sia stato disposto in virtù di una delibera [n.d.r. dell’Autorità di settore] adottata alla luce delle direttive impartite dall’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas nella sua Deliberazione del 27 dicembre 2013.

Con riferimento a tali passaggi, desta perplessità che il giudice abbia del tutto disatteso un principio generale del nostro sistema delle fonti: quello di irretroattività della legge, sancito dall’articolo 11 delle Preleggi e, in quanto tale, derogabile espressamente soltanto da un’altra legge ordinaria. 

Nella normativa di settore, tuttavia, non è dato di individuare una norma di legge che abbia devoluto all’Arera il potere di determinare, con i propri atti, dei conguagli con effetti retroattivi. 

E, d’altro canto, se il contratto (sia pure un contratto eterointegrato da un atto amministrativo come quello del caso) ha forza di legge tra le parti, è implicito che le fonti alle quali esso rimanda regolano la vicenda contrattuale per l’avvenire. 

Nel caso, invece, si giunti ad avallare la prassi discutibilissima per cui le partite pregresse, ossia dei conguagli per gli investimenti effettuati dagli enti gestori, potevano essere richieste retroattivamente: e questo sulla base della labilissima (anzi, inesistente) copertura offerta dalla Deliberazione dell’ARERA, che è un atto amministrativo e, quindi, una fonte secondaria. 

Di conseguenza, è possibile ritenere che qualsiasi richiesta di “partite pregresse” nelle more sia una pratica illegittima.

Tribunale di Torino Sez. III^ Civ - sentenza del 21 marzo 2019

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