Sono sempre frequenti i danni subiti dagli investitori che si sono affidati ai consulenti finanziari (o i promotori o family banker), i cui suggerimenti non sono risultati così positivi e corretti.
Spesso, però, i danni cagionati dal promotore finanziario sono conseguenti da condotte scorrette ed in violazione dei doveri a cui il professionista deve attenersi quando entra in contatto con il cliente.
Il caso affrontato dal Tribunale di Milano, con il provvedimento che trovate di seguito, riguarda l'ipotesi in cui il promotore/consulente, in violazione delle norme previste in materia, si fa consegnare dal cliente la somma di denaro (o l'assegno bancario) dietro la promessa di destinare tale importo all'investimento con la banca.
Accade, invece, che la somma viene trattenuta dal professionista, il quale fa credere all'investitore di aver operato in suo favore attraverso falsa documentazione.
L'art. 31 del D. Lgs. n. 58/1998 (T.U.F.) dispone che la banca debba rispondere per i danni cagionati dal promotore finanziario: "Il soggetto che conferisce l'incarico è responsabile in solido dei danni arrecati a terzi dal consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede, anche se tali danni siano conseguenti a responsabilità accertata in sede penale".
La responsabilità della banca è, come ribadito dal Tribunale di Milano, oggettiva e quindi l'intermediario risponde per qualsiasi danno causato dalla condotta del promotore finanziario.
La sentenza chiarisce il presupposto che origina la responsabilità della banca per il comportamento illecito del promotore: "[...] all'allocazione del danno per il solo effetto della riconducibilità dello stesso alle mansioni affidate al preposto secondo il criterio del "nesso di occasionalità necessaria". Secondo la giurisprudenza, invero, affinché sussista la responsabilità della banca è necessario che ricorrano i seguenti presupposti: il rapporto di presupposizione, ossia un rapporto che implichi un potere di direzione e vigilanza del preponente sul preposto; il fatto illecito commesso dal preposto; il nesso di occasionalità necessaria tra incombenze affidate e danno arrecato. Con riguardo in particolare all'occasionalità necessaria, si ritiene che tale requisito sia ravvisabile in tutte le ipotesi in cui il comportamento del promotore rientri nel quadro generale delle attività funzionali dell'intermediario finanziario che lo ha assunto e lo retribuisce per le incombenze che gli affida."
Il criterio della occasionalità necessaria, presupposto per l'identificazione della responsabilità della banca per il danno cagionato dal promotore, si poggia su due principi:
a.- il consulente/promotore deve aver compiuto la condotta contestata nello svolgimento della propria attività;
b.- la banca deve aver agevolato la condotta illecita del promotore, ad esempio omettendo l'attività di vigilanza sulla sua attività.
Nel caso di specie, il Tribunale ha individuato la sussistenza del presupposto (a), nel fatto che il promotore lavorava per la banca all'epoca dei fatti, anche se lo stesso istituto di credito aveva affidato il cliente ad altro promotore nel 2003.
Spiega il Giudice: "Occorre a questo punto chiarire se il promotore abbia agito nell'ambito delle incombenze lui affidate dall'istituto bancario o se invece questi abbia operato al di là di detti confini, perpetrando condotte del tutto esorbitanti e idonee a interrompere il nesso di occasionalità necessaria, presupposto imprescindibile per radicare la responsabilità della Banca".
Nella fattispecie oggetto di giudizio, secondo il Tribunale risulta accertato che il consulente abbia utilizzato materiale della banca, spendendo il nome di quest'ultima nei confronti del cliente/vittima.
Sotto il secondo profilo (b), il giudice ritiene provata la carenza di vigilanza da parte dell'intermediario finanziario rispetto all'attività svolta dal suo promotore.
Accertata la responsabilità della banca, il Tribunale ha voluto accertare se il cliente abbia attivamente concorso alla causazione del danno ex art. 1227 c.c., osservando subito, però, che tale norma trova una applicazione particolare nei rapporti banca/cliente, nel senso che non può essere previsto uno specifico obbligo di diligenza in capo al contraente debole.
In termini più semplici, la responsabilità collusiva del cliente per il danno lamentato può sussistere solo nel caso in cui vi sia un comportamento collusivo o quantomeno di sua fattiva acquiescenza rispetto alla condotta del promotore (vedasi Cass Civ. Sez. III^ 30161/2018).
Nel caso di specie, nulla può essere contestato all'investitore, il quale deve essere risarcito per il danno cagionato dalla banca e dal suo promotore.
Tribunale di Milano - Sez. VI^ Civ. dott.ssa Adriana Cassano Cicuto
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