Abbiamo già trattato, in altro nostro intervento (vedi qui), quali sono le caratteristiche principali che caratterizzano il reato di diffamazione on line, ossia attraverso frasi ingiuriose lasciate su una pagina Facebook, o con un video caricato su Instagram.
Con questo scritto, vogliamo dare alcuni piccoli suggerimenti rivolti a chi intenda tutelarsi dalla diffamazione, suggerendo però di rivolgersi sempre ad un legale, il quale può aiutarvi in modo più professionale e rapido.
Quali possono essere le decisioni da assumere se vogliamo difenderci da affermazioni offensive ricevute per via telematica? di seguito alcuni spunti.
a. Come dimostrare la diffamazione a mezzo Facebook?
Bisogna premettere che la diffamazione è un reato procedibile a querela della persona offesa, cioè la persona che si ritiene lesa da un contenuto diffamatorio online dovrà presentare formale denuncia/querela all’autorità giudiziaria competente nei confronti dell’autore dello stesso.
Il termine per presentare querela, a pena di decadenza, è quello di 3 mesi a decorrere dalla data contestuale alla pubblicazione del messaggio offensivo, a meno che il destinatario della diffamazione non fornisca prova di essere venuto a conoscenza dell'offesa solo in un momento successivo (vedi Cass Penale V^ sentenza n. 22787/2021).
Si dovranno innanzitutto indicare i contenuti offensivi, il presunto autore degli stessi, gli estremi del profilo ed il codice ID (codice identificativo assegnato da Facebook ad ogni utente) di quest’ultimo (visibile nella parte inferiore del browser).
Molto utile sarebbe indicare i nominativi delle persone che hanno letto il post offensivo, i quali potrebbero esser sentiti sia nella fase delle indagini preliminari prima, sia in qualità di testimoni nella successiva fase processuale.
In merito alla produzione documentale dei fatti denunciati, sarà necessario la stampata della pagina Facebook incriminata o uno screenshot della stessa.
Al fine di evitare qualsiasi contestazione da parte del soggetto querelato, il quale potrebbe contestarne l’autenticità del post, si consiglia di far autenticare la pagina web da un notaio od estrarne una copia digitale.
Infine, si potrebbe fornire l’indirizzo IP di provenienza del post offensivo, al fine di escludere che l’autore del reato possa eccepire l’utilizzo abusivo del suo nickname da parte di un fantomatico hacker.
Ma cos’è l’indirizzo IP? Si tratta di un codice numerico riferibile ad un preciso utente del server per navigare e comunicare in una rete locale e facilmente visibile e raggiungibile da tutti gli host della rete. Si tratta di una vera e propria “impronta digitale” dell’internet.
b. Come può tutelarsi la persona offesa?
La persona offesa può scegliere varie strade per tutelare i suoi diritti a fronte del commento offensivo e per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniale e non patrimoniali:
1) tutela esclusivamente in via civile: la persona potrà decidere di agire solamente in sede civile, senza proporre querela, per ottenere il risarcimento dei danni fornendo la prova della condotta e del pregiudizio sofferto;
2) tutela sia in sede civile che penale: la vittima della diffamazione può scegliere sia di presentare querela contro l’autore del reato senza costituirsi parte civile nel processo penale sia di agire civilmente mediante un autonomo giudizio. In tale ipotesi, l'eventuale esito assolutorio del giudizio penale, anche se definitivo, non inciderà sul giudizio civile purché quest'ultimo sia stato avviato anteriormente alla pronuncia della sentenza penale di primo grado o l'azione civile non sia stata trasferita nel giudizio penale;
3) tutela esclusivamente in sede penale: come già anticipato, occorre presentare formale querela a pena di improcedibilità. Una volta instaurato l’eventuale processo penale, la parte lesa potrà costituirsi parte civile nello stesso e chiedere un risarcimento dei danni subiti a titolo di provvisionale ma, per una corretta quantificazione del risarcimento, occorrerà adire la sede civile.
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