lunedì 7 marzo 2011

Federcontribuenti: anomala la riforma della giustizia tributaria proposta dal Governo

In Italia il contribuente non dispone di una seria tutela giurisdizionale innanzi alle Commissioni Tributarie e il contenzioso tributario presenta delle carenze in ordine all’indipendenza dell’organo giudicante, strettamente vincolato dal ministero delle Finanze. Questa carenza, sommata al pesante carico fiscale praticato dallo Stato italiano, ad una mancata politica improntata sul rilancio dell'economia, ai sistemi barbari applicati da Equitalia e all'appena votata norma salva banche e anatocismo, stanno, destabilizzando, gli italiani, sempre più messi con le spalle al muro. Con il solito entusiasmo di sempre, il premier Berlusconi, ha annunciato un'altra rivoluzione. Il governo sta lavorando «alla riforma tributaria insieme con sindacati e imprese». Il Ministero dell'Economia e delle Finanze, noto anche con l'acronimo MEF, è uno dei più importanti, influenti e potenti dicasteri del Governo Italiano, tra i suo compiti: controllare le spese e le entrate dello Stato, sovraintendere alla politica economica e finanziaria, ai processi e agli adempimenti di bilancio. Il ministro è Giulio Tremonti. In questi giorni, il MEF, sta mettendo a punto la riforma dei processi tributari: lo denuncia la Federcontribuenti. «Vogliono ridurre la possibilità, per i contribuenti, di difendersi in commissione tributaria eliminando un grado di giudizio». Anche in questo caso reperire notizie è difficile, come afferma Finocchiaro, presidente della Federcontribuenti: « il cittadino non è raggiunto dalle informazioni che lo colpiscono direttamente. L'argomento non piace alle redazioni, evidentemente non fa la tiratura del caso Ruby. Eppure la riforma tributaria renderà ancora più debole la posizione del contribuente davanti ai colossi delle pubbliche amministrazioni». Il Contribuente è il soggetto che ai fini fiscali è tenuto a pagare una imposta. Cosa succede se il Contribuente è chiamato a pagare una imposta ingiusta? Si apre un contenzioso tributario con il diritto da parte del contribuente a presentare ricorso entro sessanta giorni. Le cifre sono da capogiro: seicentomila cause pendenti nel primo grado, nelle sole commissioni tributarie provinciali; 110mila nel secondo grado affidato alle commissioni regionali. Tempi medi dei processi otto anni, per i tre gradi di giudizio, fino all'imbuto della Cassazione. Lo stesso Gianni Marongiu, professore di diritto tributario nonché ideatore dello Statuto del contribuente, dichiara: «Sapevo del progetto di riduzione dei gradi della giustizia tributaria a uno solo con l'inserimento di un filtro amministrativo ma sono contrario a questo tipo di proposta per diverse ragioni. Innanzitutto, se venisse introdotto, non ci sarebbe più l'obbligo della difesa tecnica. E le parti sarebbero sbilanciate: un contribuente, magari inesperto, si troverebbe di fronte a una burocrazia super preparata».

Un altro punto della riforma controproducente e illogico è l'estromissione dei giudici "laici" dalla prassi del contenzioso tributario. Pensare che proprio qualche me se fa, la Cassazione, ribadiva la necessità di avere maggiore specializzazione nel settore tributario, onde smaltire l'incredibile mole di lavoro e garantire una giusta difesa al contribuente. In questo modo invece, tutti quegli esperti, seppur non togati, ma pieni dell'esperienza fatta sul campo dei contenziosi tributari, come la contabilità e la ragionieristica di tassazione e di reddito di impresa saranno espulsi dalle commissioni. Insomma la nuova riforma ideata da Tremonti prevede la riduzione dei gradi di giudizio dagli attuali tre a due; l'utilizzo nel processo tributario di soli giudici togati, senza aver provveduto a specializzarne di nuovi. La perplessità della Federcontribuenti: «la mediazione – che non richiederebbe l'obbligo di difesa – porrebbe il contribuente in posizione di inferiorità, minandone il diritto di vedersi riconosciuto il ricorso. E questo è un punto sul quale non sono ammessi cedimenti». Per non parlare degli organici in sofferenza e una presenza di giudici togati che non arriva neppure a coprire il 25% delle richieste. Le commissioni tributarie sono chiamate a decidere su questioni sempre più complesse, « in una lite su cinque sono in ballo importi superiori a 100mila euro, una su dieci oltrepassa i 250mila euro». Queste le stime della Federcontribuenti, la quale non dice che non si necessiti di una riforma, anzi, è dal 2006 che ribadisce l'esatto contrario, purchè, sia una riforma a difesa del contribuente. La controproposta ideata dalla Federcontribuenti sul Giusto Processo Tributario: prima di tutto rendere imparziali le commissioni tributarie. Ad oggi, le commissioni, sono saldamente legate al Ministero delle Finanze, il quale può: nominare i componenti delle Commissioni Tributarie da parte del Presidente della Repubblica; il Ministero delle Finanze fissa il trattamento economico dei giudici tributari; il Ministero applica le sanzioni disciplinari nei confronti degli stessi giudici chiamati a giudicare la pubblica amministrazione. Come può un giudice essere ritenuto indipendente se viene nominato da una delle parti necessarie del processo, il quale ne caratterizza il trattamento economico e lo raggiunge con punizioni disciplinari? Quindi, ribadisce Finocchiaro, la riforma deve avvenire ma in questo modo: l’istituzione di un ruolo di giudici tributari togati attraverso concorsi pubblici con conseguente riduzione dell’utilizzo dei giudici onorari tributari e l’inquadramento organico delle Commissioni Tributarie all’interno del Ministero di Grazia e Giustizia, con il distacco definitivo da qualsiasi tipo di rapporto con il Ministero delle Finanze; l’obbligo di condannare sempre alla spese di giudizio il soccombente, con la possibilità di compensare le spese solo ed unicamente in caso di soccombenza reciproca delle parti; l’obbligo di fissare l’udienza di trattazione del merito anche in caso di diniego della istanza cautelare e non oltre un anno dalla medesima pronuncia. « In questo modo - conclude la Federcontribuenti – porremmo in difesa sia la credibilità dello Stato italiano, sia il diritto del contribuente di beneficiare di un trattamento equo ed imparziale. Anche per questo, assieme al decreto salva banche, contro la pratica dell'anatocismo e contro il sistema Equitalia, il 16 aprile, scenderemo in piazza a Roma assieme ai cittadini italiani. Il Governo conosce benissimo le nostre battaglie che vanno da un Giusto Processo Tributario, ad un piano di ristrutturazione del debito per le famiglie italiane e altro ancora. Restiamo a disposizione delle Parti qualora volessero, concederci, attenzione».

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...