domenica 5 giugno 2011

Tribunale di Torino: niente azione collettiva se il consumatore non è in grado di dimostrare di poter rappresentare la classe

Questa domenica, vi proponiamo la recente Ordinanza pronunciata con la quale il Tribunale di Torino ha escluso la possibilità di azione collettiva ha suscitato qualche dubbio, in quanto il Giudice ha sostenuto la tesi secondo la quale il consumatore che agisce in giudizio chiedendo una class action deve dimostrare di poter rappresentare la classe ed in particolare di poter sostenere le spese per l'azione collettiva (in primis spese pubblicitarie). (aggiornamento)

Di seguito la sentenza.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TORINO
Sezione Prima Civile
Composto dai sig.ri
Dott. Giovanna Dominici - Presidente
Dott. Francesco Rizzi - giudice relatore
Dott. Maria Gabriella Rigoletti - giudice
riunito in Camera di Consiglio,
all'esito dell'udienza del 31.3.11,
sciogliendo la riserva,
ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

Nella causa civile iscritta al n.31190 R.G. 2010 promossa da

xxxx ed xxxxx, residenti in Pinerolo e xxxx, residente in Torino, in proprio e mediante l'Associazione Altroconsumo, quale loro mandataria, con sede in Milano, in persona del legale rappresentante, in Torino tutti elettivamente domiciliati in via Susa n.31 presso lo studio degli avv. xxxxxxxx che li rappresentano e difendono con l'avv. xxxx del foro di Milano come da procure a margine dell'atto di citazione

ATTORI

Contro

S.p.a. xxxx, con sede in Torino, in persona del legale rappresentante, in Torino elettivamente domiciliata in c.so xxxx presso lo studio dell'avv. xxxx che la rappresenta e difende con l'avv. xxxx per procura in calce ala copia notificata dell'atto di citazione

CONVENUTA

Con l'intervento del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino

OGGETTO: azione di classe

CONCLUSIONI PER GLI ATTORI:
In via principale, rimettere alla Corte Costituzionale le seguenti questioni di legittimità costituzionale: 1) se l'art. 49, 2°c., L. n.99/09 (il quale stabilisce che "le disposizioni dell'art. 140 bis del codice del consumo… si applicano agli illeciti compiuti successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge") non violi gli art. 3 e 24, 1° e 2° c. Cost., nonché gli art. 11 e 117, 1°c., Cost. in relazione agli art. 169 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, agli art. 20, 21, 38 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea e all'art. 6, 1°c., 13 e 14 della CEDU; in subordine, se tale articolo non violi gli art. 3 e 73, 3°c., Cost. nonché i suddetti art. 11 e 117, 1°c., Cost. (in relazione all'art. 169 del Trattato ed all'art. 38 CEDU) in quanto esclude l'applicabilità dell'art. 140 bis CdC agli illeciti compiuti tra il 1.1.08 e il 15.8.09; 

2) se l'art. 140 bis, 11° c., cod. cons. non violi gli art. 24, 2°c., e 111, 1° e 2° c., Cost. nonché gli art. 11 e 117, 1°c., Cost. (in relazione all'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali e all'art. 6, 1°c., CEDU), nella parte in cui non prevede che l'aderente assuma la posizione di parte processuale;

3) se il combinato disposto dell'art. 140 bis , 15° c., prima e seconda proposizione e 14, terza proposizione cod. cons. non violi l'art. 3, 1°c., Cost. nonché gli art. 11 e 117, 1°c., Cost., (in relazione all'art. 47 della Carta fondamentale e all'art. 13 CEDU) nella parte in cui esclude la proponibilità di ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa dopo la scadenza dei termini per le adesioni nell'ipotesi di rinunce e transazioni intervenute tra le parti a cui l'aderente non abbia consentito, così come di estinzione, di chiusura anticipata del processo, ovvero di rigetto della domanda nel merito;

4) se l'art. 140 bis, 14°c., prima proposizione cod. cons. non violi gli art. 24 e 111, 1° e 2° c., Cost. nonché gli art. 11 e 117, 1°c., Cost. (in relazione all'art. 47 della Carta ed agli art. 6, 1°c., e 13 CEDU) nella parte in cui nel sottoporre l'aderente agli effetti del giudicato, non prevede che siano fatti salvi tutti i mezzi di impugnazione;

5) se l'art. 140 bis, 3°c., prima proposizione cod. cons. non violi gli art. 24 e 111, 1°c., Cost., nonché gli art. 11 e 117, 1°c., Cost. (in relazione all'art. 47 della Carta ed agli art. 6, 1°c., e 13 CEDU) nella parte in cui consente che l'adesione avvenga senza ministero di difensore;
6) se l'art. 140 bis, 9°c., seconda proposizione cod. cons. non violi l'art. 3, 1°c., Cost., gli art. 24, 1°c., e 111, 2°c., Cost., nonché gli art. 11 e 117, 1°c., Cost. (in relazione all'art. 169 del Trattato, agli art. 38 e 47 della Carta ed agli art. 6, 1°c., e 13 CEDU) nella parte in cui qualifica l'esecuzione della pubblicità dell'ordinanza di ammissibilità come condizione di procedibilità della domanda (onerandone, di fatto, solo il consumatore) anziché prevedere che debba essere eseguita a cura e spese dell'impresa convenuta, salva la ripetizione in caso di soccombenza dell'attore.

In via preliminare, dichiarare l'ammissibilità dell'azione di classe; nel merito, relativamente al periodo antecedente al 16.8.09, dichiarare nullità o inefficacia delle clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto e la penale passaggio a debito c/c non affidati; relativamente al periodo dal 16.8.09 dichiarare nullità o inefficacia della clausola avente ad oggetto la commissione per scoperto di conto in relazione all'intera durata del contratto; previa determinazione del T.E.G. dichiarare la nullità delle suddette clausole per violazione dell'art. 644 c.p.; in relazione all'intera durata del contratto, dichiarare la nullità delle suddette clausole in quanto costituenti pratica commerciale scorretta ovvero comportamento anticoncorrenziale; in ogni caso relativamente al periodo antecedente al 16.8.09 condannare la convenuta al pagamento a favore dei sig.ri  xxxxxxxx della somma non inferiore a euro 19,68 e non inferiore ad euro 29,82 a favore del sig. xxxx, oltre interessi e rivalutazione ovvero di quella somma che risulterà dovuta anche ai sensi dell'art. 1226 c.c.; relativamente al periodo dal 16.8.09 condannare la convenuta al pagamento di una somma non inferiore ad euro 106,00 a favore dei sig.ri xxxxxx e non inferiore ad euro 300,00 a favore del sig. xxxxxx oltre interessi e rivalutazione ovvero di quella somma che risulterà dovuta anche ai sensi dell'art. 1226 c.c.; in relazione all'intera durata del contratto previa determinazione del T.E.G. condannare la convenuta al pagamento di quanto dagli attori indebitamente pagato in violazione dell'art. 644 c.p., oltre interessi e rivalutazione, ovvero di quella somma dovuta anche ai sensi dell'art. 1226 c.c.; condannare la convenuta al pagamento a favore degli aderenti di quanto indebitamente pagato e comunque al risarcimento dei danni da determinarsi anche ai sensi dell'art. 1226 c.c.; con vittoria di spese.

CONCLUSIONI PER LA CONVENUTA: Dichiarare improseguibile o sospendere l'azione di classe; dichiarare il difetto di legittimazione dell'Associazione Altroconsumo; respingere le questioni di legittimità costituzionale; dichiarare inammissibili le domande degli attori; respingere le domande formulate dagli attori; con vittoria di spese; ordinare a cura e spese dei soccombenti la più opportuna pubblicità.

CONCLUSIONI PER IL PUBBLICO MINISTERO: in via preliminare, respingere l'istanza di sospensiva; ritenersi infondate le questioni di incostituzionalità e ritenere ammissibile l'azione di classe.


Svolgimento del processo e motivi della decisione

xxxx, xxxxx e xxxx, titolari di conti correnti non affidati aperti presso la s.p.a. Intesa Sanpaolo agiscono, in proprio e mediante la mandataria Associazione Altroconsumo, ex art. 140 bis del Codice del Consumo, contro la stessa banca per ivi sentir dichiarare, per il periodo antecedente al 16.8.09, la nullità, per difetto di causa, delle clausole relative alla commissione di massimo scoperto ed alla penale (così definita) di passaggio a debito per i conti correnti non affidati e, per il periodo successivo, la nullità della commissione per scoperto di conto allegando, inoltre, in relazione all'intera durata del contratto, che le stesse costituiscono violazione della normativa antiusura e pratica commerciale scorretta.

Chiedono, di conseguenza, la restituzione delle somme in eccedenza accreditate alla banca nonché il risarcimento dei danni.

In via pregiudiziale sollevano, in relazione agli art. 3, 11, 24 e 111 della Costituzione, nonché agli art. 11 e 117, 1°c., Cost. in relazione all'art. 169 del Trattato dell'Unione Europea, agli art. 38 e 47 della Carta dei diritti dell'Unione Europea e agli art. 6, 1°c., e 13 CEDU, una serie di questioni di legittimità costituzionale dell'art. 49, 2°c., L. n.99/09 relativamente alla data dalla quale applicare agli illeciti l'art. 140 bis (visto che limitare l'utilizzazione dell'azione di classe solo agli illeciti compiuti dopo la data del 15.8.09 discrimina le situazioni sostanziali che attraverso tale rito possono essere fatte valere); dell'art. 140 bis , 11°c., CdC (che non prevede che l'aderente all'azione di classe assuma la posizione di parte processuale); dell'art. 140 bis, 14° e 15° c., CdC (che esclude la proponibilità di ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa dopo la scadenza del termine per le adesioni nelle ipotesi di rinunce e transazioni intervenute tra le parti, così come di estinzione del processo e di rigetto della domanda); dell'art. 140 bis, 14°c., CdC (che non prevede che all'aderente siano fatti salvi tutti i mezzi di impugnazione); dell'art. 140 bis, 3°c., CdC (che consente l'adesione all'azione senza ministero di difensore); dell'art. 140 bis, 9°c., CdC (che qualifica l'esecuzione della pubblicità dell'ordinanza di ammissibilità come condizione di procedibilità della domanda, con ciò onerandone di fatto il consumatore, visto lo scarso interesse della banca convenuta ad eseguirla).

La s.p.a. xxxx si costituisce chiedendo, nell'ordine, la sospensione del giudizio o la declaratoria di temporanea improseguibilità dell'azione (pendendo ricorso in cassazione contro azione di classe similare già proposta contro la banca convenuta), il difetto di legittimazione attiva dell'associazione Altroconsumo (non potendo agire l'ente mandatario in concorrenza con i consumatori mandanti), la reiezione delle questioni di legittimità costituzionale per manifesta infondatezza, la declaratoria di inammissibilità delle domande (per inidoneità delle stesse ad individuare quell'identità di diritti richiesta per l'azione di classe, nonché per inadeguatezza dei proponenti a curare gli interessi della classe stessa) nonché la loro reiezione nel merito, vista la liceità delle commissioni effettivamente applicate, ex art. 2 bis, L. n.2/09, a decorrere dal 16.8.09.

Il PM presso la Procura della Repubblica di Torino in via preliminare si oppone all'istanza di sospensiva, reputa infondate le questioni di legittimità costituzionale e insiste per la declaratoria di ammissibilità dell'azione di classe.

Dev'essere respinta, innanzi tutto, l'istanza di sospensiva (o improcedibilità temporanea) avanzata da parte convenuta causa la pendenza in Cassazione di ricorso avverso l'ordinanza della Corte d'Appello di Torino, in data 27.10.10, di reiezione del reclamo proposto da xxxx e dall'associazione Codacons contro l'ordinanza del tribunale di Torino che, in data 27.5.10, ha dichiarato inammissibile l'azione di classe proposta dal consumatore e dall'associazione contro la s.p.a. Banca Intesa Sanpaolo.

L'art. 140 bis, 14°c., D.Lgs.vo 6.9.05 n.206 prevede che "…Non sono proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa dopo la scadenza del termine per l'adesione assegnato dal giudice ai sensi del comma 9. Quelle proposte entro detto termine sono riunite d'ufficio se pendenti davanti allo stesso tribunale; altrimenti il giudice successivamente adito ordina la cancellazione della causa dal ruolo, assegnando un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per la riassunzione davanti al primo giudice."

Si deve premettere che alcuna improponibilità ricorre giacchè nessun termine per l'adesione è stato, al momento, assegnato nel precedente giudizio e che alcuna riunione o riassunzione, in ogni caso, è possibile poiché anche in tema di continenza di cause le norme dettate dall'art. 39 c.p.c. non operano con riguardo a cause pendenti in gradi diversi (Cass.2004 n.18819), fattispecie rispetto alla quale neppure può dirsi sussistere litispendenza (Cass.2002 n.8833).

Neppure può ritenersi applicabile, nel caso oggetto del presente giudizio, per analogia, l'istituto della sospensione necessaria del processo, ex art. 295 c.p.c., che trova attuazione, per esigenze di coordinamento sottese alla disciplina dell'art. 39 c.p.c., sia nell'ipotesi di due cause in rapporto di continenza, ma pendenti in gradi diversi (Cass.2007 n.19525), sia nell'ipotesi di identità di cause pendenti (anch'esse) in diversi gradi (Cass.2002 n.8833).

L'art. 140 bis, 14°c., Codice del Consumo, infatti, come detto, si riferisce ad azioni di classe proposte contro la stessa impresa "per i medesimi fatti".

Ora, il precedente giudizio (attualmente pendente in Cassazione) ha ad oggetto l'illegittimità delle commissioni applicate "sui conti affidati", mentre il presente giudizio riguarda esclusivamente "conti non affidati", cosicchè non può ritenersi che le due azioni abbiano ad oggetti "i medesimi fatti", come richiesto dalla norma.

Né rileva che il precedente giudizio abbia anche ad oggetto (come il presente) l'accertamento dell'illegittimità della "commissione per scoperto di conto" applicata sui conti non affidati giacchè, come ha rilevato il Tribunale di Torino, "la commissione per scoperto di conto si applica ai soli correntisti non affidati e dunque non all'attore che, com'è pacifico in causa, gode di un'apertura di credito in conto corrente…è pacifico in causa che la nuova C.S.C. non è mai stata applicata all'avv. xxxx essendo stata prevista per gli scoperti maturati sui conti non affidati…Di conseguenza l'attore non risulta legittimato ad impugnare la validità di tale pattuizione contrattuale, difettando in capo allo stesso l'interesse ad agire in quanto allo stato egli non è stato in alcun modo leso nei suoi diritti dall'introduzione di tale disciplina" (Trib. Torino, ord. 27.5.2010 n.29, in Guida al Diritto, 2010, n.27, pag.18 ss., specificamente in motivazione).

Nè rileva ai fini che interessano il presente giudizio la circostanza che, come spiega l'ordinanza di cui sopra del Tribunale di Torino, l'attore abbia "contestato tale conclusione osservando che, se è vero che ad oggi la C.S.C. non potrebbe essergli applicata, tale situazione potrebbe mutare in ogni momento, sol che venisse meno l'apertura di credito in conto corrente di cui attualmente gode" giacchè, proprio per questo, rimane assodata la circostanza che le due azioni di classe non hanno affatto ad oggetto "i medesimi fatti" vertendo, la prima, su commissioni di scoperto di conto mai applicate al consumatore titolare di un conto corrente affidato e, la seconda, invece, su commissioni di scoperto di conto pacificamente applicate a consumatori titolari, al contrario, di conti correnti non affidati.

Gli attori dei due giudizi, quindi, neppure appartengono alla medesima classe perché i contratti di conto corrente da loro stipulati hanno caratteristiche diverse ed i consumatori non subiscono neppure la medesima condotta da parte dell'impresa bancaria.

Non si può, in definitiva, parlare, come previsto dall'art. 140 bis, 14°c., Codice del Consumo, di azioni di classe proposte per "i medesimi fatti", con la conseguenza che la normativa in oggetto non può trovare applicazione e, quindi, tantomeno potrà applicarsi, analogicamente, la fattispecie della (improcedibilità o) sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c.

Per dovere di completezza, del resto, è bene sottolineare che la sospensione necessaria del processo, ex art. 295 c.p.c., ricorre solo quando vi sia un rapporto di pregiudizialità giuridica tra le due liti, giacchè la "ratio" della norma va individuata nell'esigenza di evitare un conflitto di giudicati e non un semplice contrasto di effetti pratici tra le due pronunce (Cass.2006 n.3307; Cass.2004 n.6491).

L'ordinamento, infatti, vede con disfavore la sospensione del giudizio in quanto contraria ai principi di celerità, economia del giudizio, concentrazione del processo e sua ragionevole durata (principio, questo, costituzionalizzato ex art. 111, 2°c., Cost.) tanto da aver previsto, ai sensi dell'art. 42 c.p.c., l'impugnabilità con regolamento necessario di competenza della (sola) ordinanza che sospende il giudizio (e non di quella che rigetta l'istanza di sospensione).

Applicando tali principi alla ("ratio" della) norma di cui al 14° comma dell'art. 140 bis del Codice del Consumo, si deve trarre la conclusione, a maggior ragione, che la sospensione necessaria non può trovare applicazione, allo stato degli atti, nel caso oggetto del presente giudizio, ove un contrasto di giudicati non è ipotizzabile (al momento) avendo, in ogni caso, le due azioni quali parti soggetti diversi (e non essendo stato in entrambe concesso alcun termine per l'adesione) e ove un contrasto di decisioni "sui medesimi fatti" non è configurabile in forza di quanto suddetto.

In ogni caso, la precedente pronuncia (confermata in appello) ha dichiarato l'azione inammissibile per assenza totale di pregiudizio del consumatore nello specifico (e diverso) caso concreto e, in attuale assenza di sua riforma in cassazione (che dovesse affermare la lesività della fattispecie rispetto ai conti correnti non affidati), alcun contrasto di decisioni è neppure ipoteticamente teorizzabile allo stato degli atti (e, del resto, alcun limite temporale preclusivo è previsto per l'applicazione eventuale dell'art. 295 c.p.c. in prosieguo di causa).

Bisogna ora affrontare la questione riguardante l'ammissibilità della contestuale proposizione dell'azione di classe da parte dei consumatori tanto personalmente che tramite l'Associazione Altroconsumo quale loro mandataria.

Al contrario di quanto statuito dagli art. 139 e 140 CdC (che attribuiscono alle associazioni la legittimazione ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori), nel disegnare la tutela giudiziale dei diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti, l'art. 140 bis, 1°c., CdC stabilisce che "…ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni".

Dal chiaro contenuto del disposto normativo la più autorevole dottrina fa discendere la considerazione che la legittimazione ad agire non è collettiva, ma individuale (giacchè individuale-omogeneo è il tutelato diritto del consumatore) e che il ruolo di parte processuale è attribuito esclusivamente al consumatore che ha proposto la domanda, eventualmente tramite l'associazione cui ha conferito mandato la quale però, non è titolare di alcuna legittimazione collettiva a promuovere l'azione e non è parte sostanziale delle situazioni giuridiche oggetto del processo.

Tale associazione, quindi, agisce non in qualità di legittimato straordinario, ma in rappresentanza volontaria del singolo creditore quale mandataria.

Si tratta, quindi, di un ordinario mandato con rappresentanza, con cui viene conferito il potere di agire in nome del mandante, regolato dai principi generali di cui agli art. 1387 ss. e 1704 c.c.; in particolare, ai sensi dell'art. 1392 c.c., la forma dev'essere quella scritta (dovendo ricalcare quella richiesta per la proposizione della domanda giudiziale).

Dal punto di vista processuale, corrispondentemente, come spiega la dottrina, l'instaurazione del giudizio attraverso associazioni o comitati rientra a pieno titolo nella fattispecie di cui all'art. 77 c.p.c. con tutti i relativi corollari, come l'impossibilità di conferimento di poteri solo processuali e non anche sostanziali.

Anche l'unico precedente giurisprudenziale sul punto specifica che il legislatore non attribuisce più la legittimazione ad enti esponenziali quali le associazioni dei consumatori, ma la attribuisce a ciascun esponente della classe, cosicchè questi può agire per il tramite di associazioni cui dà mandato (che non assumono la qualità di parte) secondo il meccanismo della rappresentanza processuale (Trib. Torino, 27.5.2010 n.29, cit.).

Il motivo, poi, per il quale il primo comma dell'art. 140 bis (nel prevedere che il componente della classe possa agire anche dando mandato) faccia espresso riferimento (solo) alle associazioni o comitati dipende dalla circostanza che, dovendo il tribunale, ai sensi del sesto comma dell'art. 140 bis, dichiarare con ordinanza all'esito della prima udienza l'inammissibilità della domanda "quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe", sono proprio le associazioni deputate allo scopo ad offrire presumibilmente quelle garanzie di risorse e struttura tali da curare adeguatamente l'interesse della classe ed idonee ad evitare il giudizio di inammissibilità.

Ora, i mandati rilasciati da xxxxx, xxxxxx e xxxxxxx in data 12.11.2010 all'Associazione Altroconsumo (prodotti dagli attori all'udienza del 31.3.11) prevedono espressamente che i consumatori "conferiscono mandato all'Associazione Altroconsumo…affinchè quest'ultima abbia ad esercitare, in loro nome e per loro conto, un'azione di classe ex art. 140 bis cod. cons. contro la banca xxxxxx s.p.a…".

Si tratta, alla lettera, di un mandato puramente processuale che non conferisce alcuna rappresentanza sostanziale sul diritto fatto valere.

Ai sensi dell'art. 77 c.p.c. però, vige nel nostro ordinamento il principio generale di non conferibilità della rappresentanza processuale ad un soggetto che non sia munito anche dei poteri di rappresentanza sostanziale relativamente ai rapporti dedotti in giudizio (Cass.2002 n.128).

Il potere di stare in giudizio in nome e per conto di altri presuppone (salvi i casi di rappresentanza legale) un mandato che abbia forma scritta e conferisca potere rappresentativo anche con riferimento al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (Cass.2004 n.9893), atteso che il potere di agire o di resistere in sede processuale non è autonomamente disponibile rispetto alla titolarità del bene della vita in relazione al quale venga richiesta tutela in giudizio (Cass.2010 n.14216).

Ne consegue che l'Associazione Altroconsumo, mandataria puramente processuale e non sostanziale e priva, di conseguenza, ex art. 77 c.p.c., della legittimazione processuale rappresentativa dei consumatori propone, in veste di mandataria, domanda inammissibile.

Per dovere di completezza, comunque, è necessario sottolineare che (anche nel caso il mandato fosse stato ritualmente conferito all'associazione) non è ammissibile la proposizione di una domanda azionata contestualmente dal mandante e dal mandatario.

Come spiega la Suprema Corte, infatti, il procuratore generale "ad negotia" , cui siano anche conferiti poteri di rappresentanza processuale, diviene titolare di una legittimazione processuale non esclusiva, ma solo di secondo grado rispetto a quella originaria e prioritaria del rappresentato, il quale può subentrargli e sostituirlo in qualunque momento del processo, non escluso quello iniziale del grado, senza che l'avvenuto conferimento del mandato al difensore, ad opera del rappresentante, comporti la necessità che questi appaia come parte legittimata, quanto meno nell'atto introduttivo del giudizio, con possibilità di sostituzione soltanto successiva, visto che, al contrario, la legittimazione del rappresentato-preponente è essenziale e prioritaria (Cass.1994 n.6524).

Ne discende, come conseguenza diretta, che il procuratore generale "ad negotia", cui siano conferiti poteri di rappresentanza processuale, è titolare di una legittimazione processuale coesistente con quella del rappresentato, che può subentrargli nel processo e sostituirlo in qualsiasi momento, cosicchè il rappresentante non può agire in concorrenza con il rappresentato nello stesso processo, ma solo in sua sostituzione, giacchè la legittimazione del rappresentante postula l'assenza del rappresentato (Cass.2002 n.314, specificamente in motivazione).

Neppure rileva la circostanza, sottolineata dai difensori degli attori all'udienza del 31.3.11, che il mandato sostanziale sarebbe stato rilasciato, ai sensi dell'art. 1723, 2°c., c.c., anche nell'interesse del mandatario.

Innanzi tutto l'azione congiunta del mandante e del mandatario (oggetto della presente fattispecie) nulla ha a che vedere con la revoca del mandato da parte del mandante di cui all'art. 1723, 2°c., c.c.

L'interesse del mandatario di cui all'art. 1723, 2°c., c.c., inoltre, dev'essere un vero e proprio interesse giuridico all'esecuzione dell'incarico, ossia un rapporto obbligatorio tra mandante e mandatario, preesistente o costituito con il mandato stesso, in cui il debitore sia il mandante e creditore il mandatario (Cass.2000 n.15436): nulla di tutto ciò è dato ravvisare nel mandato oggetto del presente giudizio.

Né, sia detto per completezza, avrebbe alcun rilievo processuale la dichiarazione dei difensori degli attori, resa all'udienza del 31.3.11, in forza della quale, in subordine, i consumatori intenderebbero "esercitare i propri diritti di proponenti esclusivamente mediante rappresentanza e legittimazione di secondo grado attribuita ad Altroconsumo".

La procura alle liti ex art. 83 c.p.c., innanzi tutto, non consente certo ai difensori di revocare la legittimazione processuale dei consumatori in proprio, loro assistiti, attribuendo una legittimazione processuale esclusiva al rappresentante e, in ogni caso, la parte, una volta costituitasi in giudizio in proprio, non può più, al di fuori del caso in cui sia colpita da incapacità legale, continuare l'attività processuale a mezzo di mandatario successivamente nominato (Trib. Napoli, 19.11.1983, in Giur. Merito, 1985, 336).

In conclusione, la presente azione di classe è stata ritualmente incardinata esclusivamente dai tre consumatori in proprio.

La banca convenuta (pag.68, 69, 74-76 della comparsa di costituzione) non ha espressamente contestato la qualità di consumatori degli attori (elemento costitutivo del diritto alla tutela giudiziale ex art. 140 bis CdC) che, di conseguenza, deve ritenersi sussistente agli atti di causa (Cass. Sez. Un.2002 n.761).

Come già accennato l'art. 140 bis, 6°c., CdC, prevede che "All'esito della prima udienza il tribunale decide con ordinanza sull'ammissibilità della domanda …La domanda è dichiarata inammissibile quando è manifestamente infondata…nonché quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe".

L'azione di classe oggetto del presente giudizio, come detto, risulta ritualmente introdotta solo dai tre consumatori che, agli atti di causa, non appaiono in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe.

L'azione di classe comporta costi elevati per la sua stessa complessa struttura processuale (aperta, tra l'altro, ad una pluralità indeterminata di aderenti) e, in particolare, contempla, ai sensi dell'ottavo comma dell'art. 140 bis CdC, costi di pubblicità e spese all'esito dell'ordinanza di inammissibilità, ai sensi del nono comma altri rilevanti costi di pubblicità (della quale il tribunale fissa termini e modalità) ai fini della tempestiva adesione degli appartenenti alla classe, nonché, ai sensi dell'undicesimo comma, ulteriori costi di pubblicità a tutela degli aderenti relativamente al corso della procedura.

Come spiega la più autorevole opinione, il giudice chiamato a valutare se il proponente appaia in grado di curare adeguatamente gli interessi della classe dovrà tener conto, in via preliminare, anche del numero di coloro che hanno introdotto il processo (in questo caso, solo tre), giacchè l'esiguità numerica dei proponenti può anch'essa avere un ruolo per formare il convincimento del tribunale, visto che non è dato sapere se e in che misura vi saranno ulteriori adesioni idonee a rappresentare concretamente una classe.

Per agire in via collettiva, inoltre, servono risorse economiche ed organizzative ben maggiori che per agire in via individuale ed è proprio su tale aspetto che si concentra il giudizio di inidoneità oggetto del presente procedimento.

Premesso che secondo la dottrina che si è espressa sul punto l'onere della prova di dimostrare la sussistenza dei presupposti di cui al sesto comma dell'art. 140 bis (fatta eccezione per la sussistenza del conflitto di interessi), grava sull'attore, trattandosi di elementi costitutivi che condizionano l'ammissibilità della domanda, e che tale onere non risulta adempiuto allo stato degli atti, ciò che rileva maggiormente sottolineare è che, al contrario, è l'inadeguatezza degli attori ad emergere dalle loro stesse allegazioni.

Gli attori (doc. n.3-6 da loro stessi prodotti) risultano, agli atti, titolari di conti correnti "non affidati" tutti in passivo con saldo a debito.

In forza del mandato ad agire di cui sopra, poi, era l'Associazione Altroconsumo (ormai però, non legittimata all'azione ed esclusa dal giudizio vista l'irritualità suddetta del mandato) che si era obbligata a "tenere indenne e manlevare i mandanti da ogni spesa che a qualunque titolo consegua o sia comunque connessa all'esecuzione del presente mandato (ed in particolare dalle spese di pubblicità indicate dall'art. 140 bis, commi 8°, 9° e 11° cod. cons)". Spese da affrontare in corso di giudizio che, quindi, i consumatori avevano delegato (non essendo, evidentemente, in condizione di sostenerle) all'associazione e che, invece, ora dovrebbero accollarsi.

Gli stessi attori, poi, nel sollevare (pag.47-54 dell'atto di citazione) la questione di legittimità costituzionale del suddetto nono comma dell'art. 140 bis CdC nella parte in cui qualifica l'esecuzione della pubblicità una condizione di procedibilità (questione, quindi, necessariamente rilevante dal loro punto di vista nel presente caso concreto), spiegano (considerato che tali oneri finiranno per gravare sugli attori, visto che parte convenuta non è interessata all'esecuzione della pubblicità e non paventa l'improcedibilità della domanda) che tali spese "finiscono per rappresentare un ostacolo insormontabile all'intrapresa di azioni di classe" e che "il consumatore non tanto non vorrà, quanto non potrà anticipare il pagamento: l'importo delle spese pubblicitarie…di regola sfuggirà alla sua capacità patrimoniale…perché egli non disporrà di risorse adeguate".

Gli attori affermano, inoltre (pag.54 della citazione), che dovrebbero affrontare "un processo che fin dall'inizio si annuncia diseconomico e poco appetibile, se non in vista di un auspicato scrutinio di legittimità costituzionale della normativa denunciata".

Sono, di conseguenza, le stesse allegazioni degli attori a far emergere la loro inidoneità (per mancanza di risorse) a curare adeguatamente l'interesse della classe di appartenenza, anche tenuto conto che il fine dichiarato della presente domanda non è tanto il perseguimento di tale interesse con le modalità predisposte dalla normativa, quanto l'ottenere un più generale scrutinio di incostituzionalità della legge al fine di trasformare la configurazione e la struttura stessa dell'azione di classe.

Manifestamente infondata è, del resto, la questione (sollevata dagli attori) di legittimità costituzionale dell'art. 140 bis, 9°comma CdC, in relazione agli art. 3, 1°c. (sotto il profilo dell'ingiustizia), 24, 1°c. (lesione del diritto di azione), 111, 2°c. (violazione della parità delle parti), nonché degli art. 11 e 117, 1°c., della Costituzione, questi ultimi in relazione al disposto degli art. 38 e 47 della Carta Europea, degli art. 6, 1°c., e 13 CEDU nonché dell'art. 169 del Trattato (violati causa normativa nazionale che arreca limitazioni eclatanti alla tutela giudiziaria delle posizioni soggettive), nella parte in cui qualifica l'esecuzione della pubblicità dell'ordinanza come condizione di procedibilità della domanda (con ciò onerandone, di fatto, il solo consumatore-attore) anziché prevedere che detta pubblicità debba essere eseguita a cura e spese dell'impresa convenuta salvo la ripetizione delle medesime in caso di soccombenza dell'attore.

La normativa in questione, infatti, non è per nulla irragionevole, giacchè è conforme alle finalità del nuovo rito che l'ordinanza sia sottoposta a pubblicità a fini divulgativi perché i potenziali aderenti ne vengano a conoscenza e, di conseguenza, altrettanto ragionevole è la qualificazione della pubblicità quale condizione di procedibilità della domanda.

L'art. 140 bis, 1°c., Cdc, in ogni caso, ben prevede la possibilità di agire mediante conferimento di mandato alle associazioni dei consumatori che, appunto, hanno una struttura e risorse economiche più idonee del singolo consumatore per un'adeguata cura degli interessi di classe.

I consumatori, comunque, possono sempre scegliere di agire con azioni individuali, certo non precluse dall'introduzione nel nostro ordinamento dell'azione di classe.

La Corte Costituzionale, d'altra parte, si è più volte pronunciata affermando come al legislatore spetti un'ampia discrezionalità nella conformazione degli istituti processuali con il solo limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute (Corte Cost.2010 n.50), concetto parimenti ribadito ancor più recentemente (Corte Cost.2011 n.17): manifesta irragionevolezza che, per i motivi suddetti, nel caso oggetto del presente giudizio non sussiste in alcun modo.

Tutto ciò, a maggior ragione, perché l'erogazione delle spese per la pubblicità prevista dal nono comma dell'art. 140 bis CdC, è giustificata dal principio generale dell'onere di anticipazione delle spese statuito dall'art. 8, 1°c., DPR 30.5.2002 n.115 (che ha sostituito l'abrogato art. 90 del codice di procedura civile) che specifica come "ciascuna parte provvede alle spese degli atti processuali che compie e di quelli che chiede e le anticipa per gli atti necessari al processo quando l'anticipazione è posta a suo carico dalla legge o dal magistrato".

Unanime dottrina ritiene che tale onere di anticipazione delle spese si traduce in vero e proprio obbligo che deve gravare proprio sulla parte che ha interesse al compimento dell'atto medesimo (in questo caso, gli attori).

La normativa di cui al nono comma dell'art. 140 bis CdC, quindi, che prevede la pubblicità quale condizione di procedibilità della domanda, di conseguenza, è del tutto coerente con i principi processuali generali del nostro ordinamento giuridico.

La domanda, in definitiva, dev'essere, in forza di tutto quanto suddetto, dichiarata inammissibile.

Tutte le altre questioni, comprese quelle sollevate da parte attrice di ulteriori motivi di illegittimità costituzionale, restano assorbite.

Sussistono i motivi, avuto riguardo alla novità (in assoluto rispetto all'azione di classe) ed alla complessità delle questioni giuridiche trattate, per dichiarare integralmente compensate tra le parti le spese di lite.

Ai sensi dell'art. 140 bis, 8° c., CdC dev'essere ordinata la pubblicazione della presente ordinanza a spese degli attori, per estratto e per una volta, sul quotidiano Il Sole 24 Ore.

P.Q.M.
Il Tribunale,
respinta ogni diversa istanza, eccezione e deduzione;
visti gli art. 140 bis, 1°, 6° e 8° c., CdC e 24, L.11.3.1953 n.87;
respinge l'istanza di sospensione del giudizio o di declaratoria di temporanea improseguibilità dell'azione avanzata da parte convenuta;
dichiara inammissibile la domanda proposta dagli attori mediante l'Associazione Altroconsumo per difetto di legittimazione processuale rappresentativa della medesima;
dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 140 bis, 9°c., D.Lgs.vo 6.9.05 n.206 sollevata dagli attori;
dichiara inammissibile la domanda proposta personalmente da xxxxxx, xxxxxx e xxxxxxx contro la s.p.a. xxxx, in persona del legale rappresentante;
dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio;
ordina la pubblicazione della presente ordinanza, per una volta e per estratto, sul quotidiano Il Sole 24 Ore a cura e spese di xxxxxx, xxxxx e xxxxx.

Così deciso in Torino, in camera di consiglio, il 31.3.11.

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