venerdì 20 aprile 2018

Consumer ADR, avvocati e contenzioso: il punto del CNF

Sono alcuni anni che in Italia si sperimentano nuovi meccanismi per la risoluzione delle controversie tra consumatori e professionisti (le c.d. CDR, dall'inglese Consumer ADR), che riguardano la vendita di beni o la prestazione di servizi (quali quelli finanziari, la fornitura di energia, le telecomunicazioni etc.). 

Considerato l'importo spesso irrisorio, il ricorso ad un avvocato e l'avvio di un procedimento giudiziario possono comportare un dispendio di tempo e denaro che il consumatore non è semplicemente disposto a sopportare.

Le procedure di risoluzione alternativa delle controversie in materia di consumo si sono pertanto sviluppate in molti stati membri dell'UE, ed in alcuni esistevano già da decenni.  


Diverso è il caso italiano, che ha scontato un deficit culturale in materia e che ha dovuto adeguarsi in fretta agli standard comunitari, spesso con norme prolisse, confuse e prive di un chiaro indirizzo.  

Questa Associazione ha già monitorato lo sviluppo delle ADR. Ricordiamo il travagliato capitolo sulla mediazione civile, varata dal d.lgs. 28/2010, (v. qui) e quello sulla procedura ADR del consumatore, che viene da una modifica apportata all'articolo 141 del codice del consumo nel 2015 (v. qui). 

Si ricorda, peraltro, anche il discutibile procedimento sulla negoziazione assistita, introdotta dal D.L 12 settembre 2014 n. 132, convertito in L. 10 novembre 2014 n. 162. 

Vediamo, oggi, di fare il punto della situazione.

Ci occupiamo della Scheda n. 56/2017 preparata dall'Ufficio Studi del Consiglio Nazionale Forense a commento della decisione del 14 giugno 2017 resa dalla Corte di Giustizia della Unione Europea (v. qui la vicenda). 

- Perché è importante la decisione della Corte di Giustizia della UE?

Tale pronuncia è molto importante perché ha fornito due indicazioni operative

  • in materia di CDR, il legislatore nazionale (nel caso, quello italiano) può prevedere la mediazione come obbligatoria, purché questa "non impedisca alle parti di esercitare il loro diritto di accesso al sistema giudiziario". 
  • per tale mediazione il legislatore non può imporre al consumatore di essere assistito dall'avvocato od impedirgli di ritirarsi dal procedimento quando vuole.
La Corte, nel fornire tali indicazioni, ha seguito la "bussola" del principio comunitario della tutela giurisdizionale effettiva.

Infatti, secondo la Corte la conciliazione obbligatoria è compatibile con tale principio solo se rispetta tutte le seguenti condizioni:

(1)  la conciliazione non conduca ad una decisione vincolante per le parti; 

(2)  non comporti un ritardo sostanziale per la proposizione di un ricorso giurisdizionale; 

(3)  sospenda la prescrizione o la decadenza dei diritti in questione; 

(4)  non generi costi, ovvero generi costi non ingenti per le parti. 


- Cosa dice la relazione del Consiglio Nazionale Forense (Scheda n. 56 del 2017)?

Vale la pena di porre l'accento su come il massimo organismo di rappresentanza istituzionale dell'avvocatura italiana, in più parti della relazione, manifesti una visione che oseremmo definire "riduttiva" circa la funzione del meccanismo di ADR dei consumatori. 

Per quanto di specifico interesse, il CNF definisce l'ADR un meccanismo "che limita al minimo l'impatto della procedura stragiudiziale rispetto al diritto delle parti di adire il giudice dello Stato". 

Tale visione condiziona i rilievi critici che il CNF individua nella pronuncia della Corte.

In particolare, viene osservato che "[...] nel pensiero della Corte di Giustizia, la difesa tecnica non può essere imposta alle parti in quanto non è necessaria e finisce con il costituire un costo inutile in quanto il modello di ADR delineato ha un impatto lievissimo o quasi nullo sul diritto di accesso alla tutela giurisdizionale e sulla sua configurazione.

Tuttavia, è opinione del CNF che "nel sistema nazionale [ndr: quello italiano] la necessità  della difesa tecnica costituisce una garanzia e non già un costo superfluo e vessatorio. Non può tacersi, inoltre, che il rilievo costituzionale della difesa tecnica garantito dall'art. 24 Cost. come diritto inviolabile della persona è stato riconosciuto fin dalle più risalenti pronunce della Corte Costituzionale (Corte cost., 8 marzo 1957, n. 46) ed è stato oggetto di indagine anche a proposito della mediazione obbligatoria. In particolare, la necessità del patrocinio di un avvocato è stata ribadita dalle Corti nazionali proprio in relazione alla particolare disciplina di tale procedura e dei suoi effetti sul successivo processo giurisdizionale". 

In definitiva, la Corte di Giustizia UE preme affinché l'ADR consumatori sia visto come uno strumento competitivo di soft law, per costi e durata; il CNF sembra quasi articolare una difesa della categoria degli avvocati, facendo una petizione di principio sulla difesa tecnica, così come congegnata dalla Costituzione.  

- Criticità della posizione del CNF

A nostro parere, la posizione del CNF è discutibile sotto almeno tre profili. 

1) Anzitutto, mostra di non comprendere appieno i principi ed i valori che ispirano le procedure CDR in Europa.

Negli ordinamenti giuridici europei è in atto un processo di innovazione di tecniche, meccanismi, procedure e strutture tutte tese a rafforzare la fiducia dei consumatori verso i professionisti ed i mercati e ad abbandonare logiche contenziose. 

I principali fattori che determinano la concorrenza tra le procedure di risoluzione delle controversie sono la facilità d'uso, la rapidità, il costo contenuto e l'esito delle stesse. 

Non ultimo, l'ingente mole di soluzioni ai casi pratici adottate dagli organismi di CDR dovrebbero costituire informazioni essenziali e di pubblico interesse, per correggere le inefficienze del mercato.

La soluzione prospettata a livello europeo ben riflette l'esigenza di nuove forme di tutela in supporto dei consumatori digitali e per le c.d. piccole controversie transfrontaliere (small claimes litigation). Si tratta di una tutela offerta in favore di controversie di scarsa entità monetaria, ma non prive di pregio dal punto di vista del consumatore. 

Al contrario, il CNF, come il legislatore, è attestato sull'obsoleto paradigma secondo il quale la tutela dei diritti del consumatore deve confluire nel procedimento giudiziario in contraddittorio, a nostro parere ignorando le nuove dinamiche che investono i consumatori. 

2) Il secondo profilo può essere considerato un corollario del primo e riguarda la discutibilità del richiamo al diritto di difesa tecnica di cui all'articolo 24 Costituzione nelle procedure di CDR. 

Il dettato costituzionale, infatti, configura come modalità concreta e necessaria di tutela del diritto soggettivo (ed interesse legittimo) l'azione, inserendosi nella dinamica contenziosa e dialettica del giudizio.  

In altre parole, la sostanza del diritto è preservata attraverso il diritto di azione, il quale è finalizzato, perlopiù, ad ottenere una pronuncia giudiziale (di accertamento, dichiarativa o di condanna) in contraddittorio con la controparte, la quale è soggetta a perfezionarsi e a formare il giudicato


Diritto di azione, pronuncia giudiziale e incidenza sui diritti tramite il giudicato, tuttavia, riguardano il perimetro della giurisdizione civile ed amministrativa, e non tanto quello delle CDR, dominate da altre logiche e finalità, nelle quali la tutela del diritto del consumatore è la più immanente e, in ogni caso, non compromettente. 

In definitiva, al CNF, più concentrato sul "dover essere" che "sull'essere", sfugge che le procedure CDR, poiché congegnate come snelle e competitive, costituiscono un versante alternativo ed autonomo rispetto al giudizio. Come una trave che si regge su due pilastri, allo stesso modo la procedura CDR costituisce un modo "diverso" di tutelare i diritti rispetto al contenzioso civile. 

3) Ad ultimo, il CNF non comprende che l'imposizione della difesa tecnica non costituisce necessariamente una garanzia, ma un onere economico che, di fatto, crea una barriera all'accesso delle procedure di conciliazione. 

Non è condivisibile, dunque, l'assunto secondo il quale, nelle ADR: "la necessità della difesa tecnica costituisce una garanzia e non già un costo superfluo e vessatorio.

Peraltro, si deve osservare che tale costo non è facilmente prevedibile, giacché rimesso alla discrezione dell'avvocato, che si avvale dei criteri di liquidazione fissati dal D.M. 55/2014 ed impone al consumatore un onere economico immediato. 


A nostro parere, la difesa tecnica in tale materia costituisce un valore aggiunto nella misura in cui è facoltativa, e non è imposta. 

Piuttosto, è interesse del ceto forense quello di organizzarsi in associazioni di categoria o società di avvocati, abbandonando atavici pregiudizi verso l'imprenditoria (spesso ritenuta sinonimo di "scarso decoro" o "indipendenza"), per essere riconoscibile dal consumatore,  ottimizzare i costi di consulenza e non rinunciare alla qualità della difesa. 




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