venerdì 1 giugno 2018

Unit linked, attenti alle assicurazioni ad alto rischio che non assicurano

Fonte: Il Fatto Quotidiano 14 maggio 2018
La difesa del risparmio non sarebbe compito della Corte di Cassazione. Finisce invece che vi provveda indirettamente lei, anziché chi vi è preposto o chi ogni giorno si vanta di tutelare consumatori e risparmiatori.

Ha avuto una notevole eco
una recente sentenza (30 aprile 2018, n. 10333) riguardante le polizze vita dette unit linked, cioè quelle collegate alle quote (unit) di uno o più fondi, che da parecchi anni banche, assicurazioni e sedicenti consulenti finanziari rifilano a tutto spiano. Essa ha infatti stabilito che le polizze vita sono da considerarsi tali solo se garantiscono la restituzione del capitale investito, altrimenti sono normali investimenti finanziari. Applicando tale principio, le unit linked perderebbero l’esenzione dall’imposta di bollo e di successione, di cui ora immeritatamente godono (e così non permetterebbero più di eludere le tasse sull’eredità).


In effetti si tratta di vere e proprie prese in giro per i risparmiatori, perché garantiscono non una cifra, bensì un numero di quote, coi venditori che blaterano che “un fondo non può fallire”. Già, anche i fondi pensione o i fondi comuni formalmente non possono fallire, ma uno può perdere anche il 95%. In passato ci fu un fondo che perse addirittura più del 100% (sic).

Da anni sarebbe potuto intervenire l’organo di vigilanza (prima Isvap e poi Ivass) e non l’ha fatto. Inoltre tali prodotti hanno goduto degli atteggiamenti benevoli di varie associazioni di consumatori e ovviamente del portale governativo dell’educazione finanziaria (Quellocheconta.it), così come hanno collezionato applausi (infondati) da parte del giornalismo economico.

Praticamente nessuno spiega che sono pseudo-polizze dove, salvo tutt’al più per una componente minima, gli assicuratori non assumono nessun rischio e quindi non fanno gli assicuratori. Un evviva quindi alla Suprema Corte, se la sua sentenza riuscirà a mettere i bastoni fra le ruote delle compagnie di assicurazione. Ma grazie alla Cassazione anche per altro. Un articolo sul FQ (8-2-2016 p. 18) segnalava le enormi difficoltà per un lavoratore, se l'azienda tralascia i versamenti dovuti al fondo pensione. Ma se essa addirittura fallisce?

Proprio un’altra sentenza (Sezioni Unite, 20 marzo 2018, n. 6928) ha chiarito che i crediti per i versamenti a fondi pensione non sono crediti privilegiati nei fallimenti. Lo è invece il TFR, per di più garantito dall'INPS. Emerge dunque un altro punto a sfavore della previdenza integrativa. E quindi un ulteriore motivo per non aderirvi.

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