Questa domenica vi proponiamo la recente sentenza con la quale la Corte di Cassazione opera una interessante ricostruzione dei principali principi che regolano tutela del consumatore che, successivamente all'acquisto, riscontri la presenza di un difetto.
Abbiamo già trattato l'argomento, rientrando nel più ampio settore della garanzia legale spettante al consumatore al momento dell'acquisto, e valida per due anni (vedi qui).
Queste regole valgono anche anche nel caso di prodotto usato e sono state oggetto di ripetuti interventi della giurisprudenza di legittimità, nonché di quella di merito, con particolare riferimento all'acquisto di un autoveicolo di seconda mano.
La sentenza della Cassazione ha il pregio di delineare alcuni principi fondamentali che riguardano questo tipo di contenzioso e che ci permettiamo di riproporre, utilizzando gli illustri interventi del nostro più importante giudice.
- Il difetto di conformità si presume entro i due anni
"Dal combinato disposto degli artt. 129 e segg. del summenzionato codice si desume una responsabilità del venditore nei riguardi del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene allorchè tale difetto si palesi entro il termine di due anni dalla predetta consegna."
Nei rapporti tra consumatore e venditore (professionista) trovano applicazione le norme dall'art. 128 Codice Consumo e successivi, i quali prevedono che il bene venduto sia conforme.
Se il consumatore riscontra un difetto entro due anni dall'acquisto del bene, tale anomalia si presume come esistente sin dal momento dell'acquisto. La presunzione è assoluta nei primi sei mesi dalla vendita, con conseguente agevolazione per il consumatore che debba contestare il malfunzionamento del prodotto.
- Difetto di conformità: quali rimedi per il consumatore
"Il difetto di conformità consente al consumatore di esperire i vari rimedi contemplati all’art. 130 cit., i quali sono graduati, per volontà dello stesso legislatore, secondo un ben preciso ordine: costui potrà in primo luogo proporre al proprio dante causa la riparazione ovvero la sostituzione del bene e, solo in secondo luogo, nonché alle condizioni contemplate dal comma 7, potrà richiedere una congrua riduzione del prezzo oppure la risoluzione del contratto.".
Quando viene aperta la "porta" del difetto di conformità, al consumatore sono riconosciuti distinti rimedi volti a tutelarlo, e quindi può ottenere la riparazione del bene non conforme (difettato), oppure la riduzione del prezzo, o ancora la restituzione del prezzo (e l'eventuale risarcimento del danno).
Giova ricordare, però, che è la parte venditrice che deve scegliere (non imporre) la soluzione idonea per indennizzare il consumatore (vedi qui).
- Difetto conformità: presunzione ed inversione dell'onere della prova ex art. 2697 c.c.
"Il Codice del Consumo prevede una presunzione a favore del consumatore, inserita nell’art. 132, comma 3, a norma del quale si presume che i difetti di conformità, che si manifestino entro sei mesi dalla consegna del bene, siano sussistenti già a tale data, salvo che l’ipotesi in questione sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità. Si tratta di presunzione iuris tantum, superabile attraverso una prova contraria, finalizzata ad agevolare la posizione del consumatore: ne deriva che ove il difetto si manifesti entro tale termine, il consumatore gode di un’agevolazione probatoria, dovendo semplicemente allegare la sussistenza del vizio e gravando conseguentemente sulla controparte l’onere di provare la conformità del bene consegnato rispetto al contratto di vendita.".
Come esposto in precedenza, il difetto di conformità si presume e tale regola propone una importante conseguenza processuale: il consumatore deve allegare il vizio/difetto di conformità, mentre la prova dell'insussistenza di tale difetto grava sul venditore/professionista.
Tale presunzione è assoluta nel caso in cui il problema si manifesti nei primi sei mesi dalla consegna del bene, comportando un ribaltamento dell'onere della prova: il consumatore deve semplicemente contestare il vizio, mentre il professionista deve provare di aver messo a disposizione un prodotto valido.
In termini più semplici, il consumatore deve allegare il difetto, provando il mero inesatto adempimento; sul professionista grava l'onere di provare di aver consegnato un prodotto regolare, privo di difetti.
Solo a seguito di tale prova, il consumatore dovrà fornire la prova che il prodotto era, invece, difettoso e che tale difetto non era stato segnalato dal venditore.
Qui potete leggere la Cassazione II^ Sez. Civ. sentenza n. 13148/2020.
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