domenica 25 luglio 2021

Come funziona la franchigia nell'assicurazione auto - la clausola vessatoria

Questa settimana abbiamo ritenuto opportuno, ancora una volta, approfondire il discorso su quelle clausole che, nei contratti di assicurazione della RC auto, delimitano l’oggetto del contratto oppure limitano la responsabilità dell’assicuratore

Il tema torna di attualità, sia perché molte sentenze lo hanno affrontato (fra tutte, Cassazione 11757 del 15 maggio 2018vedi qui), sia perché ognuno di noi, quando stipula una RC auto, dovrebbe porre la massima attenzione al modo in cui sono le clausole sono state redatte. 

Dal momento, però, che i contratti sono composti da formulari molto lunghi e complessi e, spesso, si rifanno a condizioni generali indicate altrove (ad esempio, sui siti delle compagnie, nelle app etc.), diventa di fondamentale importanza conoscerne i concetti elementari, quel tanto che basta per scorgere i contenuti tra righe e righe di tecnicismi.

In precedenti interventi abbiamo esaminato le clausole che, nel caso in cui la vettura riporti dei danni, impongono (o consigliano, a seconda, appunto, di come si interpreta il contratto) di rivolgersi a circuiti convenzionati per la riparazione del mezzo (vedi qui). Questo genere di clausole non solo è legittimo, ma rappresenta un tipico esempio di delimitazione dell’oggetto del contratto: vale a dire che l’assicuratore può impegnarsi a indennizzare alcuni rischi e danni, e lasciarne scoperti altri. Che, poi, li indennizzi in denaro o per equivalente, l’importante è che abbia esplicitato quali rischi ha coperto e quali no.

In altre pronunce, invece, ci si imbatte in un'altra categoria di clausole che non sono sempre di agevole interpretazione da parte del consumatore: quelle che prevedono le franchigie (o “scoperti”). L’abbiamo appena detto, conoscere la definizione e il significato dei termini che si incontrano nei documenti torna utile, perché ci consente di individuare il nucleo delle clausole più velocemente. 

In senso stretto, la franchigia è quella clausola che prevede l’obbligo per l’assicuratore di indennizzare i danni che superano una soglia (in genere su base percentuale) fissata nel contratto. L’assicurato, cioè, si farà carico dei danni il cui valore non oltrepassa la soglia; se invece la soglia viene valicata, sarà l’assicuratore ad indennizzare il cliente

Fin qui nulla di strano, dal momento che le franchigie vengono utilizzate anche nel ramo vita: ad esempio, in quelle polizze infortuni nelle quali la franchigia viene calcolata in percentuale sul valore dell’invalidità permanente. 

Più equivoca, sul piano concettuale, è la franchigia assoluta. Questa categoria è accomunata alla franchigia perché determina una soglia, un limite. La differenza, però, sta nel parametro su cui la soglia si basa: non più sul valore del danno, come nella franchigia vera e propria, ma sull’entità dell’indennizzo. Benché il rischio si sia verificato e il cliente abbia subito un certo danno, l’assicuratore calcolerà a quanto ammonta l’indennizzo totale e, su questo valore, opererà una decurtazione.

Nel caso proposto nella sentenza oggi in commento, l’assicuratore ha confezionato una clausola articolata, in quanto risulta dalla combinazione della franchigia assoluta e dell’obbligo della riparazione in forma specifica del mezzo. 

Essa prevede che l’assicurato, per fare riparare il veicolo che abbia subito degli atti vandalici, si avvalga di un autoriparatore scelto tra quelli indicati dalla compagnia e che solo in tale caso la franchigia ammonta al 10%;  se, invece, decide di riparare i proprio veicolo presso un centro non convenzionato, è applicato uno scoperto del 20% in aggiunta a quello pattuito in polizza. 

Il consumatore che scegliesse la seconda opzione, insomma, si vedrebbe applicare uno scoperto triplicato. 

Qual è, allora, l’elemento al quale si deve prestare attenzione quando ci si imbatte in clausole di questo tipo, ricche di condizioni e di ragionamenti controfattuali? La risposta alla domanda è, appunto, tra le righe della clausola, perché bisogna individuare, lo abbiamo appena detto, il parametro al quale viene “ancorato” lo scoperto: nel caso, appunto, è costituito dal costo degli interventi di riparazione, e non dall’entità del sinistro subito. 

Le due voci non sono da confondere. 

Se l’assicuratore indennizza la voce di danno, vuol dire che si è rifatto a clausole in cui ha predeterminato l’oggetto del contratto. Che le decurti o meno con la franchigia, la centralità del rischio (e del danno) non viene messa in secondo piano. 

Se l’assicuratore, per così dire a valle, indennizza una parte dei costi di riparazione, vuol dire che ha ristretto la propria responsabilità. Il danno vi è stato e la polizza è stata attivata; tuttavia, l’indennizzabilità del danno viene subordinata dalla scelta del consumatore (nel caso, la scelta del carrozziere giusto, una scelta senza dubbio estranea al danno riportato). 

Poste queste premesse, occorre ricordarsi che quest’ultima tipologia di clausole, poiché contengono franchigie assolute, opera una presunzione di vessatorietà, su due livelli. 

A) In primo luogo, in base ai principi contenuti nell’articolo 1341 codice civile, devono essere sottoscritte specificamente da parte del cliente, altrimenti sono inefficaci. 

B) In secondo luogo, se una delle due parti è un consumatore, l’articolo 33, lett. t) codice del consumo impone all’assicuratore di dimostrare che sono state oggetto di specifica trattativa con il consumatore. La specifica trattativa indica qualcosa di più della doppia sottoscrizione di un modulo; indica che, prima di sottoscrivere il contratto, il consumatore ha preso piena e specifica conoscenza del contenuto di quella clausola e, di conseguenza, l’ha sottoscritta. Tale requisito, però, non si desume dal solo fatto che la clausola è scritta e che il consumatore l’ha approvata. 

Qui la sentenza del Giudice di Pace di Pinerolo.

Clausola vessatoria - validità contratto by Consumatore Informato on Scribd

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