domenica 10 luglio 2022

Il limite della prescrizione alla richiesta di danno da vacanza rovinata

Questa domenica torniamo a trattare una vicenda relativa all'acquisto di un pacchetto vacanza e decisa, anche in tale circostanza, dal Tribunale di Trieste.

Il provvedimento del Tribunale di Trieste si presta per l'approfondimento di taluni aspetti non sempre così chiari per coloro che, essendo incappati in vacanze rovinose, intendono aver ragione in giudizio di tutti i danni che asseriscono di aver patito. 

Nel caso, il turista ha sottoscritto un pacchetto turistico “tutto compreso” che, in aderenza ad un dépliant pubblicitario, imponeva all’agenzia di viaggi di far convolare il turista presso una struttura turistica a tre stelle, con la riserva di definire gli elementi accessori della vacanza anche nell’imminenza del viaggio. 

Sennonché il turista, a suo dire, si era visto riservare servizi di secondo ordine (assenza del telefono in camera, vivande scadenti) e per di più dopo aver perso più di un giorno di vacanza tra i disservizi disseminati nel viaggio di andata e quello di ritorno. 

La vacanza è un bene che concerne le finalità ludiche e ricreative della persona, le quali devono essere appagate e soddisfatte da servizi di elevato standard qualitativo, definiti puntualmente nella stipulazione contrattuale. Quando questo standard viene disatteso da parte della filiera del turismo (l’organizzatore, il venditore dei pacchetti turistici etc., di cui vedi qui), allora si controverte per i danni da vacanza rovinata, la cui disciplina oggi è trasfusa negli articoli 45 e 46 del Codice del Turismo

Tale disciplina, come in molti altri settori, deriva sia dal versante comunitario (la risalente direttiva n. 90/314/CEE) che da quello del nostro ordinamento, il quale ha attuato le disposizioni sovranazionali. 

Come spesso accade nei settori regolati da fonti multilivello, sono diversi i presupposti concettuali che hanno animato gli estensori di quelle fonti: e ciò si osserva a proposito della disciplina delle poste di danno da inadempimento contrattuale del pacchetto turistico. 

Nel nostro ordinamento è assai consolidata la suddivisione che discende dal codice civile e vuole che siano risarcibili i danni di natura patrimoniale e quelli non patrimoniali. Tra i primi, per esemplificare, sono ricomprese le spese derivanti dall’inadempimento contrattuale; tra i secondi, le conseguenze dei traumi che il turista abbia sostenuto a causa dell’inadempimento. Ciò avviene in ossequio a quella norma centrale in tema di danno - l’articolo 2059 del codice civile - per la quale i danni non patrimoniali sono risarcibili se, e soltanto se, sono previsti da una disposizione di legge. 

In sede comunitaria, invece, il pensiero è un altro, e non segue la bipartizione tra danni patrimoniali e non patrimoniali. Come abbiamo scritto poc’anzi, la vacanza è un bene della vita che richiede la concordanza tra i servizi offerti dal professionista e esigenze del consumatore. Qualora questa sia rilevante, il consumatore può lamentare il danno da inadempimento contrattuale; danno, però, che comprende diverse poste che se nel nostro ordinamento avrebbero una valenza meramente descrittiva, in sede comunitaria comportano il computo di termini di prescrizione differenti.  

- DANNI CORPORALI (PRESCRIZIONE = TRE ANNI)

Da un lato vi sono, testualmente, i “danni corporali”. Questi non sono da interpretarsi come danni alla sfera soggettiva della persona (e ciò anche a motivo di una infelicissima traduzione della direttiva da parte del legislatore italiano, nella quale si è parlato di “danni personali”), bensì, restrittivamente, come pregiudizi alla sfera fisica della persona. Questa tipologia di danno soggiace al termine di prescrizione di tre anni dal rientro dal viaggio

- DANNI NON CORPORALI (PRESCRIZIONE= UN ANNO)

Dall’altro lato vi sono i danni che non sono corporali, e quindi i danni che concernono la sfera psichica della persona, i quali invece soggiacciono al termine di prescrizione di un solo anno.  

Premessa questa distinzione, erra chi assimila i danni non patrimoniali a quelli corporali e i danni patrimoniali a quelli non corporali: diversi, infatti, sono gli ordini concettuali e gli ordinamenti che hanno elaborato queste distinzioni. 

Con ciò, ovviamente, non vogliamo negare che il danno da vacanza rovinata non rappresenti, per la nostra giurisprudenza, un pregiudizio di natura non patrimoniale; quello che vogliamo dire, piuttosto, è che il disagio è di natura psicologica e comprende le occasioni ricreative e di svago mancate per via degli inadempimenti contrattuali. Poi, si potrà discutere sulla gravità dell’inadempimento, poiché non tutti i disservizi sono determinanti. Ma una strategia difensiva accorta in questa materia prevede un’interruzione tempestiva (anzi, sarebbe meglio dire “fulminea”) della prescrizione, quasi all’indomani della chiusura del soggiorno turistico. Ciò risponde ad una logica 

Di seguito, la pronuncia  alla quale ci siamo riferiti per il commento.

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