Questa domenica vi proponiamo la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, la quale ha voluto chiarire la legittimità della richiesta di pagamento del canone che viene annualmente avanzata dalla RAI.
La sentenza della Corte Europea di
Strasburgo non è recentissima, in quanto è stata pronunciata nel
marzo 2009, ma ci consente di tornare ad affrontare un argomento già
trattato in questo blog.
- Il caso Faccio
I giudici del CEDU erano stati
chiamati ad affrontare il "caso Faccio", ossia il ricorso proposto da un
contribuente contro l'Italia proprio in
merito al suo dovere di pagamento dell'abbonamento RAI.
Bruno Antonio Faccio aveva
inoltrato, il 20 dicembre 1999, all'Ufficio abbonamenti RAI la
richiesta di disdetta dall'abbonamento al servizio
radiotelevisivo pubblico.
Nell'agosto del 2003, i funzionari
della RAI avevano provveduto a sigillare il televisore del
contribuente.
In seguito, il signor Faccio si era
rivolto alla Corte Europea dei Diritti Umani ed aveva contestato
l'attività dei funzionari RAI che avevano di fatto reso
inutilizzabile il suo mezzo televisivo.
Egli aveva sostenuto, in
particolare, che tale atto avrebbe impedito allo stesso contribuente
di poter vedere i canali privati.
Il signor Faccio riteneva, quindi,
sproporzionata ed iniqua l'atto di apposizione dei sigilli al proprio apparecchio
televisivo.
- La sentenza del CEDU
I giudici, con la sentenza che vi
proponiamo di seguito (in lingua francese), hanno respinto il ricorso
proposto dal contribuente italiano, ritenendo legittima l'attività della RAI.
Il CEDU ha premesso che il canone
consiste in “una imposta
dovuta in ragione del possesso di un apparecchio atto a ricevere
qualsiasi programma televisivo"
e che quindi è dovuta da colui che possiede un mezzo finalizzato
alla visione di trasmissioni televisive.
Il giudice ha aggiunto che "il
canone Rai costituisce in effetti un'imposta destinata al
finanziamento del servizio pubblico della radio-telediffusione"
e che consente la trasmissione anche di programmi di pubblica utilità
e destinati al largo pubblico.
La sentenza stabilisce, inoltre,
che la misura di sottoporre a sigillo il televisore non è
sproporzionata rispetto alle finalità perseguite dall'ente.
La sentenza assume rilevanza perché chiarisce, ancora una volta, le ragioni che rendono legittima la richiesta di pagamento di questa discutibile imposta.
Di seguito, la sentenza della Corte
Europea dei Diritti dell'Uomo.
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