lunedì 25 luglio 2016

Internet & diritto all'oblio

Negli ultimi anni la materia della riservatezza dei dati personali in rete ha avuto un notevole sviluppo collegato al più massiccio utilizzo di internet, con passaggio di dati personali (sensibili) attraverso il web.

Se da una parte è più facile condividere dati personali, sotto forma di notizie, immagini, video, audio etc, dall'altra parte è crescente l'esigenza di tutelare la riservatezza del singolo e dei suoi dati, facilmente pubblicabili on line.

E questo contrasto è sempre più evidente e riguarda la tutela del diritto all'oblio rispetto ai dati personali pubblicati sul web.

Il diritto all'oblio consiste nella facoltà del titolare dei dati personali (persona fisica e/o giuridica) trattati in rete di chiedere al titolare del sito web e/o al motore di ricerca che gestisce i dati pubblicati in internet (es. Google), la cancellazione e rimozione di ogni informazione personale contenete dati non veritieri e dati ormai superati (es. per il lungo tempo trascorso).

Questo  diritto è stato oggetto di elaborazione da parte della Cassazione, arrivata a definirlo come il “legittimo interesse di ogni persona a non restare indeterminatamente esposta ai danni ulteriori che arreca al suo onore ed alla sua reputazione la reiterata pubblicazione di una notizia, in passato legittimamente divulgata, salvo che eventi sopravvenuti rendano nuovamente attuali quei fatti, facendo sorgere un nuovo interesse pubblico alla divulgazione dell'informazione” (Cass. Civ., Sez. V, 9 aprile 1998, n. 3679).  

Tale diritto può essere più facilmente oggetto di lesione in uno spazio, internet, ove i contenuti (testi, fotografie, post, ecc) rimangono a disposizione dei navigatori per un tempo infinito, con conseguente maggior esposizione mediatica del singolo.

 La questione non è completamente nuova, tant'è che già nel 2004, l'Autorità garante della privacy è intervenuta in materia interpellata da parte di un operatore commerciale, il quale lamentava il fatto dalle ricerche on line - con i motori di ricerca ove veniva indicato il nome della società - risultassero le notizie risalenti al 1996/2002 aventi ad oggetto due provvedimenti con i quali gli erano state applicate due sanzioni amministrative  e non le notizie riguardanti la sua attuale e recente attività professionale.

L'Autorità Garante, di fronte alla lamentela sollevata dall'operatore commerciale che vedeva danneggiata la propria immagine, arrivava ad affermare che “Decorsi determinati periodi la diffusione istantanea e cumulativa su siti web di un gran numero di dati personali relativi ad una pluralità di situazioni riferite ad un medesimo soggetto può comportare un sacrificio sproporzionato dei suoi diritti e legittimi interessi quando si tratta di provvedimenti risalenti nel tempo e che hanno raggiunto le finalità perseguite” (decisione del Garante del 10 novembre 2004).

E quindi, veniva da una parte certificato che la divulgazione di una notizia sul web aveva come impatto quello di arrivare ad una platea di potenziali clienti/utenti infinita con danno all'immagine del soggetto indicato nella notizia trovata in rete, e dall'altro si comincia a pensare alla possibile esistenza di un diritto alla cancellazione dei dati/notizie on line.

La Suprema Corte di Cassazione, con un intervento del 2012, si è occupata del diritto all'oblio in merito alla richiesta proveniente da un noto personaggio che aveva chiesto al Giudice di ordinare ad un editore l'aggiornamento di un vecchio articolo presente nell'archivio on-line di un famoso quotidiano, che compariva tra i primi risultati se si fosse operata una ricerca sul motore di ricerca Google con nome e cognome dell'istante.

Nel predetto articolo si dava notizia del suo arresto per corruzione, avvenuto nel 1993, senza ovviamente dare conto, perché all'epoca non era ancora intervenuto, del suo successivo proscioglimento da ogni accusa.

Il personaggio noto si lamentava, in particolare, che l'articolo non recava la notizia, distinta e successiva, del prosieguo dell'inchiesta giudiziaria (che aveva condotto all'arresto) conclusasi con il proscioglimento, così che, a distanza di molti anni, lo stesso istante risultava sottoposto allo stigma derivante dalla continua riproposizione di una notizia che, al momento della sua pubblicazione era senz'altro vera ed attuale, ma che, a distanza di un grande lasso di tempo ed in ragione delle sopravvenute vicende favorevoli, getta un intollerabile alone di discredito sulla persona del ricorrente, vittima di una vera e propria gogna mediatica.

La Cassazione, in quella occasione, ha ritenuto corretta la richiesta avanzata dal noto personaggio, ritenendo sussistere un suo diritto alla cancellazione dei dati on line, o meglio l'esistenza di un diritto all'oblio inteso come diritto alla tutela della propria (attuale) identità personale e morale nella sua proiezione sociale.

La Suprema Corte ha affermato che “Se l'interesse pubblico sotteso al diritto all'informazione costituisce un limite al diritto fondamentale alla riservatezza, al soggetto cui i dati appartengono è correlativamente attribuito il diritto all'oblio, e cioè che non vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo risultino ormai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati”.  (Cass. Civ., Sez. III, del 5 aprile 2012, n. 5525).

Il principio ha trovato applicazione altre volte e, nel 2014, è stato oggetto di trattazione nella famosa sentenza Gonzales, arrivata sino alla Corte dell'unione europea, la quale, con la nota pronuncia C-131/12 (vedi Gonzales contro Google Spain), ha sancito in capo a Google l'obbligo, in quanto “titolare del trattamento” dei dati personali, di cancellare i link a siti web di terzi a richiesta dei soggetti interessati.

La Corte di Giustizia Europea, pertanto, ha affermato che il gestore di un motore di ricerca è obbligato, in presenza di determinate condizioni e su richiesta, a sopprimere, dall'elenco dei risultati che appaiono on line a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, i link verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative alla stessa.

Il gestore del motore di ricerca, a ciò richiesto dall'interessato, è tenuto secondo la Corte Europea alla cancellazione dei link in tutti quei casi in cui necessita equamente bilanciare il legittimo interesse degli utenti di Internet ad avere accesso alle informazioni e/o ai dati di cui l'interessato chiede invece la non reperibilità su web tramite cancellazione dei link e il diritto alla protezione dei dati personali dell'interessato.

 I motori di ricerca, pertanto, rimuovono le informazioni solo dopo aver analizzato il caso per capire se i collegamenti in questione rimandano effettivamente a pagine web contenenti informazioni obsolete o non più rilevanti, come chiesto dall'Unione Europea, e non siano invece rilevanti come pubblica informazione.

 Alla luce di quanto precisato, il soggetto che vuole richiedere la “cancellazione e non reperibilità” sul web di determinati dati/informazioni può rivolgersi direttamente al gestore del motore di ricerca (es. Google) e, qualora questi non dia seguito alla sua domanda, può adire le Autorità Garante della privacy o le Autorità giudiziarie competenti per ottenere, in presenza di determinate condizioni, la soppressione dei link dall'elenco dei risultati.

Per scrupolo, però, va chiarito che non esiste un diritto a far cancellare quello che “non ci piace”, ma si può chiedere la cancellazione di un'informazione che ci riguarda e che non abbiamo piacere permanga; diritto, quest'ultimo, esercitabile solo a determinate condizioni.

Non è automatico, quindi, che di fronte ad una nostra richiesta vi sia la cancellazione dell'articolo pubblicato in rete, o della foto o del link, ma devono esservi alcuni buoni motivi per ottenere la tutela del nostro diritto alla riservatezza digitale.

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