domenica 14 agosto 2022

Passeggero accanto al conducente ubriaco: quid iuris in caso di sinistro?

Capita, ogni tanto, che la sentenza oggetto del nostro commento proposto ogni domenica esca dagli argomenti trattati dal blog, ossia i rapporti commerciali e i diritti/obblighi dei consumatori.

Quest'oggi, la nostra attenzione si focalizza su una vicenda comune, un incidente stradale, e del concorso di colpa nella causazione del fatto illecito.

I temi che affiorano dalla sentenza di cui oggi proponiamo la lettura, la dettagliata pronuncia del Tribunale di Trieste, sono intrinsecamente collegati con il fatto concreto. È inevitabile, allora, un riassunto nel quale si valorizzino quegli elementi che, nella valutazione del giudice ordinario, hanno precluso la completa rifusione del sinistrato. 

Questi, all’epoca un infradiciottenne, dopo aver festeggiato il proprio compleanno, è stato trasportato verso casa nel pieno della notte dal padre. Sennonché il conducente, il quale da anni era sprovvisto della patente di guida a motivo di precedenti penali, si pose alla guida in conclamato stato di ebbrezza e nonostante l’invito contrario da parte del proprietario del mezzo: dunque il giovane passeggero ha subito le circostanze, in quanto il veicolo si è schiantato contro il muro laterale della strada. 

A causa di quell’impatto, il ragazzo ha riportato una commozione cerebrale che, nei postumi invalidanti, gli ha impedito di proseguire le attività sportive che esercitava da agonista; pure gli ha imposto di optare a dei lavori manuali saltuari, e niente altro. 

La vicenda, per la quale si è visto citare il Fondo di Garanzia delle Vittime della strada (poiché il veicolo non era assicurato), ha posto diverse questioni. 

- Il concorso di colpa nella causazione dell’evento di danno - (articolo 1227 codice civile) 

La prima delle questioni, che anche un quivis de populo potrebbe porsi è la seguente: cosa ci faceva, il ragazzo, in quell’autovettura e in compagnia di un conducente ubriaco? 

Traducendo la domanda - volutamente posta in modo rozzo - in termini civilistici, dobbiamo chiederci se il contegno del ragazzo (che è stato quello di salire in un’automobile nonostante egli fosse consapevole dell’ebbrezza del conducente) assurge ad un comportamento che, in sé e di per sé, ha contribuito a causare l’evento di danno (ossia, il trauma cranico).

Valutando il fatto materiale, nella sua concretezza, dobbiamo constatare che il minore deve essere stato grado di cogliere l’ebbrezza alcolica del padre, tanto più che era uscito con lui in occasione del suo compleanno; e, di conseguenza, era nelle condizioni di rappresentarsi il rischio, assai prossimo, di subire le conseguenze pericolose di un incidente stradale. Una regola di prudenza gli imponeva, quantomeno, di rifiutare il passaggio offerto dal padre più che alticcio. 

Se, da un lato, il sinistro è stato causato dal padre, e non dal figlio, è altrettanto innegabile che, se il figlio non fosse stato nell’abitacolo del veicolo, non avrebbe subito nessun trauma cranico. 

Tale valutazione presuppone che il soggetto abbia il dovere di evitare di sottoporsi a rischi superiori alla norma che sono prevedibili ed evitabili: e ciò alla luce del principio di solidarietà sociale che, stando alle parole del giudice ordinario comporta “anche l'obbligo di ciascuno di essere responsabile e valutare le conseguenze dei propri atti, in definitiva contempera le scelte di dislocazione del rischio con il principio di precauzione al fine di realizzare una finalità comune di prevenzione”. Detto in altri termini: quando si verificano dei sinistri ciascuno di noi ha anche il dovere, perlomeno, di prevedere le conseguenze di quelli e di evitarli, se il fatto è nella propria sfera di controllo. 

Di conseguenza, ne ricaviamo la massima per cui sottoporsi ad un rischio prevedibile ed evitabile contribuisce a causare l’evento, benché il fatto sia stato posto in essere da terzi. E di quel contributo deve farsi carico, sia pure parzialmente, la vittima stessa del danno. 

- La valutazione del danno patrimoniale e non patrimoniale

Ci siamo recentemente soffermati su questo tema, sotto la diversa angolatura del decorso della prescrizione (vedi qui); qui, invece, lo affrontiamo sotto il profilo dell’accertamento e della relativa liquidazione. 

Con riferimento al danno non patrimoniale, il giudice ordinario, rilevando i postumi invalidanti e quantificandone l’entità grazie alla tabella del Tribunale di Milano, ha distinto tra due modalità di liquidazione dell’inabilità. 

La prima riguarda quelle tipologie di danno alla persona (descritte, ma non per questo suddivise in sottocategorie, per evitare la locupletazione delle voci) che sono “standardizzabili” in quanto la loro incidenza è ricorrente.  

La seconda riguarda, invece, le “personalizzazioni” in aumento delle percentuali: il danneggiato deve, cioè, dimostrare che il caso concreto presenta delle particolarità che non rientrano nella normale incidenza della lesione. Ricorrente, ad esempio, è il caso della lesione cerebrale conseguente al sinistro per la quale il danneggiato sconvolge, in modo plateale e con profili patologici, la propria personalità e quindi le relazioni con gli altri.

Esse esauriscono, quindi, l’intero danno non patrimoniale patito dal soggetto, sia quello relativo all’integrità psicofisica (c.d. danno biologico), che quello relativo alla sofferenza soggettiva e alla vita di relazione. 

Nel caso, è stato apprezzato il profilo di personalizzazione richiesto dall’attore, ossia la sua impossibilità, a causa di ricorrenti cefalee, di svolgere il pugilato agonistico, rinunciando ad una componente essenziale della propria vita di relazione. 

Rispetto al danno patrimoniale, il giudice si è limitato a negare la risarcibilità in re ipsa loquitur di tale tipologia: il danneggiato, testualmente: “è quindi onerato della prova che i postumi di carattere psicofisico incidano anche, riducendola, sulla capacità di lavoro specifica; provato tale elemento, è in secondo luogo necessaria “la concreta dimostrazione che la riduzione della capacità lavorativa si sia tradotta in un effettivo pregiudizio economico”. In definitiva, non è possibile desumere dai postumi invalidanti la presenza di danni patrimoniali: tanto è vero che, nel caso che ci riguarda, l’attore si è pure dedicato ad attività manuali che non hanno comportato alcuna recessione".

Tribunale di Trieste - sentenza del 22 luglio 2016.

Sinistro stradale - concorso di colpa by Consumatore Informato on Scribd

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