Il provvedimento oggetto della nostra segnalazione riguarda una particolare forma di tutela dei consumatori che deve essere garantita anche in vicende molto delicate (e dolorose), come ad esempio nel caso di pignoramento e vendita della casa del debitore.
Molto spesso, il pignoramento immobiliare viene avviato e portato avanti dalla banca che deve recuperare il proprio credito verso il cliente che non ha pagato le rate del mutuo, o comunque non ha adempiuto a tutti gli obblighi monetari verso l'istituto di credito.
Questi crediti sono, in talune circostanze, oggetto di cartolarizzazione, venendo venduti ad una particolare società, S.P.V. (special purpose vehicle), chiamata a gestire massa di posizioni debitorie, nella ricerca del recupero della somma a credito.
Il Tribunale di Termini Imerese, con un recentissimo provvedimento molto ben articolato e che potete trovare di seguito, ha avuto modo di chiarire (e chiarirci) come avviene questo procedimento di cartolarizzazione e quali requisiti devono essere rispettati.
Nella vicenda di cui trattasi, una banca aveva cartolarizzato un insieme di crediti, cedendoli ad una S.P.V., la quale aveva avviato una azione di pignoramento di un immobile di un debitore, per uno dei crediti ricevuti.
Il debitore aveva proposto opposizione al pignoramento immobiliare, contestando alla società mandataria la sua legittimazione ad agire verso il debitore, per omesso rispetto della normativa di settore.
Il giudice, dovendo dare seguito alla contestazione sollevata dal consumatore, ha operato una interessante ricostruzione delle norme che regolano la cartolarizzazione bancaria.
Questa particolare forma di cessione dei crediti bancari è regolata dalla Legge n. 130/1990, la quale prevede il seguente schema:
1.- una banca che disponga di una serie di crediti bancari "in difficoltà" (ossia con clienti che non pagano le rate), li vende ad un soggetto terzo, usualmente una società di cartolarizzazione o S.P.V.;
2.- Quest'ultima emette dei titoli (obbligazioni o notes) incorporati ai singoli crediti acquistati, collocandoli sul mercato mobiliare al fine di ottenere la liquidità necessaria per poter pagare la banca cedente e le spese necessarie per il recupero del credito;
3.- In seguito procede con le azioni giudiziarie al recupero del credito, al fine di rimborsare l'acquirente dell'obbligazione della somma ricevuta, aumentata di interessi e ottenere, allo stesso tempo, un profitto dall'intera operazione.
E' chiaro che il valore a cui viene ceduto il credito dalla banca alla S.P.V. è inferiore rispetto a quello effettivamente dovuto dal cliente inadempiente, e per il quale la società cartolarizzante procede con le azioni esecutive di recupero del credito.
Per quest'ultima attività di recupero del credito (definita anche attività di servicing), la S.P.V. si avvale di altra società mandataria chiamata ad eseguire l'attività pratica di recupero dei crediti attraverso un servizio di riscossione.
La legge n. 130/1999 prevede che queste società incaricate devono presentare particolari requisiti, certificati attraverso la loro iscrizione all'art. 106 del Testo Unico Bancario, trattandosi di attività riservata.
La Banca d'Italia, con comunicazione datata 11 novembre 2021, a peraltro previsto la possibilità di prevedere una forma alternativa di servicing: "In particolare, a fronte di una cornice normativa fondata sulla centralità del servicer quale soggetto sottoposto a vigilanza prudenziale, si sono affermate prassi caratterizzate da una netta distinzione tra il cd. “master servicer”, soggetto vigilato responsabile dei soli compiti di garanzia, non delegabili, previsti dalla legge n. 130/99 e lo “special servicer”, operatore incaricato delle attività di recupero, titolare di licenza ex art. 115 TULPS ma non vigilato da questo Istituto.
L’affidamento allo “special” dell’incarico di recupero avviene sovente mediante schemi contrattuali complessi, che ruotano intorno alla figura dell’investitore (anche nella scelta dello special stesso) e relegano su un piano meramente formale il ruolo del servicer vigilato, con incertezze nell’individuazione del perimetro delle responsabilità, nell’ambito della gestione del portafoglio soprattutto nelle ipotesi di underperformance dei recuperi. Ne è conseguita opacità nella individuazione dei soggetti effettivamente coinvolti nelle attività di recupero dei crediti e limitazioni ai poteri dell’Organo di vigilanza, a fronte di un impianto normativo che invece attraverso il presidio sull’esternalizzazione di funzioni operative importanti (FOI), mira ad assicurare che i servicers siano in grado di monitorare e gestire i rischi connessi alle attività affidate a soggetti terzi, rimanendone responsabili.".
Di fatto, viene prevista anche la possibilità di avere un "master servicer" iscritto all'Albo previsto a mente dell'art. 106 TUB ed un "special servicer" titolare di licenza ex art. 115 TULPS, che svolge tutte le attività pratiche e funzionali per il recupero del credito e che rimane sotto il controllo e responsabilità del "master servicer".
Tutti questi passaggi sono considerati necessari per accertare la titolarità del credito e la legittimità della pretesa avanzata dalla S.P.V. verso il debitore, con i controlli del caso così come operati dal giudice nella vicenda che potete leggere di seguito.
In conclusione, la società che agisce in giudizio per il recupero di un credito cartolarizzato deve provare di essere iscritta all'albo art. 106 TUB (o titolare di licenza ex art. 115 TULPS) e in assenza di tale presupposto, la stessa deve ritenersi non legittimata al recupero del credito.
Tribunale di Termini Imerese - provvedimento del 10 novembre 2023.
Cartolarizzazione del credito bancario & legittimazione by Consumatore Informato on Scribd
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