venerdì 25 maggio 2012

L'Agenzia delle Entrate insiste nel ritenere dovuta la concessione governativa sull'abbonamento al servizio di telefonia mobile

E' dovuta la Tassa di concessione governativa da parte dell'abbonato al servizio di telefonia mobile?
Negli ultimi anni, la questione è stata oggetto di numerosi interventi, anche da parte delle Commissioni Tributarie territoriali, molto spesso contrastanti.
Di recente, l'Agenzia delle Entrate è tornata ad affrontare la questione ed ha ribadito, con la Risoluzione n. 9/E del 18 gennaio 2012, l'assoggettamento a questa imposta da parte dell'abbonato alla telefonia mobile.

- Premessa: l'abrogazione della norma da parte del Codice delle Comunicazioni
La Tassa sulle concessioni governative per il servizio radiomobile pubblico terreste di comunicazione è stata introdotta con l'art. 21 della tariffa annessa al DPR 26 ottobre 1972, n. 641.
La norma stabilisce che è dovuta la tassa sulla Licenza o documento sostitutivo per l’impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione (articolo 318 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 e articolo 3 del decreto legge 13 maggio 1991, n. 151 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202) per ogni mese di utenza :
a) utenze residenziali lire 10.000 (€ 5,16)
b) utenze affari  lire 25.000 (€ 12,91) ”.
Tale norma prevede l'assoggettamento all'imposta per tutti i possessori di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terreste, così come previsto dall'art. 318 del DPR n. 156/1978.
Quest'ultima norma, però, è stata oggetto di abrogazione implicita intervenuta con l'entrata in vigore del d. lgs. 259/2003 (c.d. Codice delle comunicazioni elettroniche), il quale ha "cancellato" la norma presupposto per l'applicazione della tassa sul canone di abbonamento.
Invero, nonostante tale effetto implicito realizzatosi con l'entrata in vigore del d. lgs. 259/2003, le compagnie telefoniche non hanno esitato ad applicare al cliente tale imposta, considerandola come dovuta.

- I diversi orientamenti della commissione tributaria 
La commissioni tributarie si sono espresse in modo diverso, ossia alcune hanno riconosciuto la illegittimità dell'imposta con conseguente dovere di restituzione dei denari al contribuente; altre hanno insistito nel ritenere esistente la tassa di concessione governativa e quindi dovuti gli importi dall'abbonato.

a. illegittimità dell'imposta (Commiss. Trib. Reg. Veneto Venezia Sez. IV, Sent., 17-02-2011, n. 35)
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto, pur intervenendo in vicenda che riguarda un ente pubblico locale (alcuni comuni veneti), ha chiarito le ragioni per le quali il Codice delle comunicazioni elettroniche, innovando in questa materia, ha di fatto abrogato definitivamente la tassa di cui all'art. 21 della tariffa annessa al DPR n. 641/1972.


"Ripercorrendo sinteticamente l'iter legislativo, il Collegio ritiene di evidenziare che il D.Lgs. n. 259/2003, recante il nuovo Codice delle Telecomunicazioni, abbia innovato il settore delle telecomunicazioni con un processo di privatizzazione che ha comportato il passaggio dallo strumento della concessione di natura pubblicistica a quello contrattuale di natura privatistica.

Con l'art. 3 del D.Lgs. 259/2003, il legislatore ha disposto la liberalizzazione della fornitura di servizi di comunicazione elettrica, essendo di preminente interesse generale, e con l'art. 218 ha abrogato l'art. 318 del D.P.R. 156/73, secondo cui, oggetto della tassazione, sarebbe stato il contratto di abbonamento sostitutivo della licenza e individuato per rivestire il carattere autorizzatorio della licenza. In definitiva, venendo a mancare, contemporaneamente, il regime concessorio e l'art. 318, che costituiva il presupposto della tassazione del contratto di abbonamento, l'imposizione di cui all'art. 21 della Tariffa non risulta più applicabile.

Il Collegio ritiene di precisare che, contrariamente a quanto sostenuto dall'Agenzia delle Entrate, l'art. 21 della Tariffa può senz'altro considerarsi abrogato, ciò in applicazione dell'art. 15 delle disp. preliminari al codice civile che, essendo norma di carattere generale, trova la sua applicazione anche nel campo del diritto tributario.
L'abrogazione, infatti, può discendere dall'incompatibilità tra la nuova disposizione e quella precedente o quando la nuova legge regoli l'intera materia disciplinata dalla legge anteriore.

Nella fattispecie in esame ricorre la seconda ipotesi, perché il passaggio dal regime pubblicistico concessorio a quello privatistico-contrattuale, costituisce una nuova e radicale regolamentazione della materia.".


b. legittimità dell'imposta (Commissione Tributaria Regionale di Perugia Sezione IV Sentenza 28 marzo 2011, n. 89)
La Commissione Tributaria Regionale di Perugia, al contrario, si è espressa per la legittimità della tassa, sostenendo che l'assoggettamento all'imposta riguarda non solo i soggetti privati, ma anche la Pubblica Amministrazione.


La CTR riconosce che il d. lgs. 259/2003 ha abrogato l'art. 318, ma altresì evidenzia che tale norma non ha eliminato l'art. 2 del D.L. n. 151/1991, il quale prevede che il presupposto della tassa sulla concessione governativa è rappresentato dall'abbonamento telefonico e non più dalla citata licenza di esercizio.

Così si è espressa la CTR "L' art.3, D.L. 13/05/1991, n. 151, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 202/1991, nell'assoggettare alla tassa la licenza d'esercizio o il documento sostitutivo per l'impiego. di apparecchiature terminali per il servizio. radioelettrico, contiene un riferimento, oltre all'art. 318- D.P.R. n. 156/1973, disciplinante la licenza per l'esercizio di tale servizio, anche all'art. 3, comma 2, del DM 1310211990, n. 33, relativo al regolamento concernente il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione.
Quest'ultima, disposizione prevede che l'abbonamento telefonico stipulato con la società concessionaria del servizio al momento dell'attivazione dell'utenza, sostituisce, a tutti gli effetti, la licenza di stazione radio.
L'abbonamento telefonico costituisce cioè il "documento sostitutivo" della licenza che l'art. 21 del Testo e tariffa base individua quale presupposto della tassa di concessione governativa, alternativo alla licenza medesima.
Tale ultimo Decreto Ministeriale 11°3311990, non essendo, a differenza dall'art. 318 del D.P.R, n. 156/1973, abrogato da. successive disposizioni,. costituisce il presupposto legislativo per ('applicazione, ai contratti di servizio radiomobile, della tassa di concessione governativa.
La norma tributaria del D.M. n. 33/1990, riconduce pertanto la debenza della tassa di concessione governativa a due presupposti tra loro alternativi; la licenza. d'esercizio, ora abrogata, oppure il "documento sostitutivo", che è costituito dall'abbonamento telefonico. La condizione di "abbonato" legittima ex se la pretesa tributaria.
Pertanto, a parere di questo Collegio e diversamente. da come propugnato dalla difesa dell'Ente Comunale, l'intervento legislativo del D.Lgs. n. 259/2003, in sede di approvazione del nuovo Codice delle comunicazioni non ha, in alcun modo, inciso sull'applicabilità -della tassa di concessione governativa;

Anche a voler ammettere, per ipotesi, che l'abrogazione del citato art.318 abbia comportato l'eliminazione delle licenze in relazione al mutamento di disciplina generale nella materia delle concessioni (con riferimento, peraltro, al rapporto tra Stato e gestori e non tra gestori e clienti, profilo, questo, idoneo ad indebolire ulteriormente la tesi interpretativa propugnata dal ricorrente), resta fermo il fondamento normative, della tassa di concessione governativa costituito dal combinato disposto di cui aoVartk 3 del D.L. n. 151/91 e art.3, comma 2, del D.M. n. 33/1990.

Quindi, sintetizzando , il contratto di abbonamento telefonico continua a essere il presupposto per l'applicazione della tassa; il passaggio da una disciplina normativa fondata sulla concessione a una disciplina basata sull'autorizzazione non toglie valore, al fine che qui rileva, al contratto di abbonamento.".

- Agenzia delle Entrate - Risoluzione n. 9E del 2012
L'Agenzia delle Entrate si è ancora di recente espressa sul punto, ribadendo l'esistenza della tassa sulla concessione governativa.

L'Ufficio, riaffermando una tesi già svolta in precedenza e fatta propria da alcuni giudici tributari, ha osservato che il contratto di abbonamento rappresenterebbe il titolo giuridico che giustifica la pretesa fiscale fatta valere dallo Stato nei confronti del singolo utente, sostituendo di fatto la "licenza di stazione radio".

Con questa Risoluzione, che potete leggere di seguito, l'Agenzia delle Entrate ha voluto insistere nel ritenere applicabile la tassa di concessione governativa a tutti i contratti di abbonamento di telefonia mobile nonostante l'abrogazione del citato art. 318.

Tale tesi, però, è stata smentita ancora di recente dalla Commissione Tributaria di Roma, con sentenza n. 142/2012, la quale ha ritenuto non dovuta la tassa di concessione governativa da parte di una Azienda Sanitaria Locale.

- Che succede ora?
Appare evidente che il contrasto formatosi tra i giudici tributari verrà definitivamente risolto dalla Corte di Cassazione, la quale è chiamata a chiarire l'esistenza o meno di questa imposta e se tale dovere fiscale sia dovuto sia dai soggetti pubblici che da quelli privati, ovvero solo da questi ultimi.
Occorre osservare, infine, che il Governo Monti ha accolto un Ordine del giorno con il quale alcuni deputati hanno evidenziato l'illegittimità della Tassa di concessione governativa applicata sulla telefonia mobile alla luce dell'abrogazione intervenuta sin dal 2003.

In attesa di sviluppi, di seguito vi proponiamo la Risoluzione n. 9/E dell'Agenzia delle Entrate.

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