sabato 16 febbraio 2013

Da Trentino inBlu al blog: “Casa dolce casa: tasso usura & mutuo”


Questa settimana abbiamo trattato la recente sentenza con la quale la Suprema Corte di Cassazione è intervenuta in materia di tasso usura e mutuo, affermando il principio secondo il quale il cd “tasso soglia” utilizzato per accertare il carattere usurario degli interessi chiesti dalla banca al correntista deve valere anche per i contratti di mutuo stipulati prima del 1996.

La Corte di Cassazione è tornata a trattare l'applicazione degli interessi usura nei confronti di coloro che hanno contratto mutuo prima dell'entrata in vigore della Legge n. 108/1996, dichiarando la nullità della clausola di determinazione degli interessi passivi ed ordinando alla banca di restituire al mutuatario i maggiori importi prelevati.

L'incontro radiofonico di venerdì 15 febbraio 2013 è stata anche l'occasione per poter parlare in generale di usura bancaria ed anatocismo, trattando brevemente questo argomento estremamente complesso.

Di seguito, alcuni spunti emersi dalla trasmissione. 

1. Il tasso usura applicato al conto corrente
Storicamente le banche hanno applicato nei confronti dei correntisti un tasso di interesse passivo più elevato del saggio legale, in applicazione dell'art. 1284, comma 3, codice civile.

Le banche hanno sempre applicato un tasso convenzionale (extralegale) nei confronti del correntista ben superiore a quanto previsto per legge, tant'è che nel 1996, con la Legge 108, è stato deciso che il rapporto di conto corrente deve prevedere che il tasso di interesse favorevole alla banca non superi un determinato limite: la cd. soglia usura.

L'art. 2, comma 1, della Legge 108/1996 ha stabilito che sono usurari gli interessi (uniti a commissioni più o meno occulte ed altri costi) applicati dalla banca al correntista in misura superiore alla soglia usura trimestralmente stabilita dal Comitato Interministeriale del Credito e del Risparmio e dalla Banca d'Italia.

La norma ha considerato usurari tali tassi applicati dalle banche in ragione dell'eccessivo vantaggio che queste potevano (e possono) trarre dal rapporto di conto corrente avviato con il correntista.

Ne consegue che era uso bancario quello di determinare un tasso di interesse passivo (per il cliente) estremamente vantaggioso per l'istituto di credito: ogni volta che il correntista andava in “rosso”, la banca traeva vantaggi molto elevati.

La norma ha introdotto un limite ai tassi di interesse praticabili dalle banche e dagli intermediari finanziari sulle operazioni di finanziamento e di conto corrente, il cui superamento configura automaticamente il reato di usura.

Sotto il profilo civilistico, se nel rapporto di conto corrente la banca applica un tasso convenzionale che supera il tasso soglia usura, la clausola contrattuale deve essere considerata nulla con conseguente applicazione del tasso legale nei confronti del correntista.

Le ripetute sentenze della Suprema Corte di Cassazione hanno ribadito il principio della invalidità del tasso di interesse ultra legale applicato dalla banca nei confronti del correntista.


2. Tasso usura & mutuo: la sentenza della Cassazione n. 603/2013
Il principio del tasso usura può essere applicato anche per i rapporti di mutuo? Il tasso soglia introdotto con il d. lgs. 108/1996 può trovare applicazione anche per il mutuatario?

Gli interventi della Corte di Cassazione hanno sicuramente introdotto il principio secondo il quale anche gli interessi calcolati sul mutuo sono usurari se superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui sono promessi/pattuiti.

Chiaramente tale principio ha trovato applicazione per tutti i rapporti di mutuo accesi successivamente all'entrata in vigore della Legge n. 108/1996.

Ma cosa succede per i mutui accesi prima del 1996? Deve essere considerato legittimo il tasso ultra legale applicato dalla banca? In particolar modo laddove il tasso fisso applicato all'inizio del rapporto ha superato, nel tempo, il tasso soglia stabilito trimestralmente dalla Banca d'Italia?

La cosiddetta usura sopravvenuta è stata affrontata in una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione, la numero 603/2013, ove è stato oggetto della controversia era un mutuo a tasso fisso acceso prima del 1996.

La Cassazione ha trattato il caso in cui un mutuo sia stato sottoscritto in periodo antecedente all'entrata in vigore della Legge n. 106/1996, e il tasso di interesse convenzionale, ossia quello applicato dalla Banca al cliente, superi la "soglia usura" in un momento successivo, allorché in relazione all'andamento del mercato e alla congiuntura economica vi sia un abbassamento del limite dell'usura (in questo caso si parla di usura sopravvenuta vedi qui).

In tale ipotesi, la Cassazione ha sostenuto che la clausola contrattuale che superi tale limite debba essere considerata nulla, con conseguente obbligo della banca di restituire al cliente le maggiori somme trattenute, e non dovute, a titolo di interessi passivi.

Con la sentenza n. 892/2013, la Cassazione è tornata sul punto, sostenendo che nel caso in cui il tasso di interesse applicato dalla Banca superi la "soglia usura" trimestralmente stabilita dalla Banca d'Italia, la clausola contrattuale deve essere dichiarata nulla per i periodi in cui vi sia una applicazione di usura bancaria.

La Cassazione pare sostenere che per tali periodi, vi deve essere una ricalcolo degli interessi periodici dovuti cliente con applicazione del tasso legale, o quantomeno di un tasso inferiore al parametro usura fissato da Bankitalia.


3. Anatocismo bancario
L'evoluzione giurisprudenziale in materia di rapporti di conto corrente e mutuo ha altresì riguardato il fenomeno dell'anatocismo bancario.

L'anatocismo è una prassi bancaria sviluppatasi negli anni che prevedeva che gli interessi in favore della banca venissero calcolati con cadenza trimestrale, mentre quelli per il correntista con cadenza annuale.

Ne derivava che in un determinato rapporto di conto corrente gli interessi passivi per il correntista venivano “capitalizzati” (cioè considerati non più come interessi, ma come capitale), con la conseguenza che su di essi venivano calcolati/addebitati ulteriori interessi (il fenomeno degli "interessi sugli interessi").

Si verificava, in termini più semplici, un incremento esponenziale del debito e conseguente alla trasformazione degli interessi passivi in capitale sul quale la banca calcolava gli interessi nel periodo successivo (capitalizzazione degli interessi debitori). 

La capitalizzazione degli intessi comportava un maggiore onere finanziario verso il correntista, con possibilità, in alcuni casi, di applicazione di un tasso usura.

L'applicazione dell'anatocismo veniva riconosciuta in base all'art. 1283 c.c., il quale stabilisce che "in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di una convenzione posteriore alla loro scadenza,  sempre che si tratti di interessi dovuti da almeno sei mesi".

Le banche consideravano legittimo il fenomeno della capitalizzazione degli interessi passivi, in quanto introdotto da una prassi bancaria affermatasi negli anni.

Ne conseguiva, secondo quanto sostenuto dagli istituti di credito, che tale uso contrario derogava al divieto dell'anatocismo previsto ex 1283 c.c..

Anche tale fenomeno è stato “condannato” dalle sentenze della Suprema Corte di Cassazione che hanno considerato nulle le clausole ove viene stabilito un diverso criterio di capitalizzazione degli interessi idoneo ad originare anatocismo bancario.

La Cassazione ha considerato invalido tale prassi, considerando del tutto illegittimo il calcolo degli interessi sugli interessi applicato in favore della banca.

La Corte di Cassazione ha in particolare sostenuto che affinché un uso possa assumere valore legale, occorre che vi siano due elementi:

- elemento materiale: un determinato comportamento, non disciplinato dal diritto, sia comunque tenuto/ottemperato dalla comunità (generalità di persone);

- elemento psicologico: coloro che tengono questo comportamento devono farlo nella convinzione che sia giuridicamente doveroso.

Nel caso dell'anatocismo bancario, manca in particolare questo secondo elemento, poiché il correntista non ha mai la percezione psicologica che il pagamento degli interessi sugli interessi sia "doveroso" e quindi giuridicamente vincolante.

Ne consegue, che tale prassi rimane uso bancario privo di valore legale e, secondo quanto stabilito dalla Cassazione non idoneo a legittimare la banca a calcolare maggiori interessi passivi per il correntista.

Molti correntisti, quindi, hanno negli anni pagato maggiori interessi di quelli effettivamente dovuti alla banca e questo in base al meccanismo illegittimo dell'anatocismo bancario.

L'applicazione di tassi usurari e l'anatocismo bancario sono state due modalità mediante le quali le banche si sono appropriate indebitamente dei vostri denari, addebitandovi maggiori importi di quelli dovuti per il servizio prestato.

E' possibile recuperare questi importi "indebitamente prelevati dalle banche"?

Con Consumatore Informato si può cercare di recuperare i soldi ingiustamente lasciati alle banche.

Occorre, in tal senso, accertare se sul conto corrente sono stati applicate clausole contrattuali nulle (tasso usura - anatocismo bancario) e, in caso positivo, ricalcolare i saldi passivi "depurandoli" dall'usura bancaria o dall'anatocismo.

Accertato che la banca si è trattenuta i nostri soldi, è possibile chiedere all'istituto di credito la restituzione delle maggiori somme indebitamente trattenute.

Per maggior informazioni, scrivete a info@consumatoreinformato.it.

Ascolta un estratto della trasmissione

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