sabato 17 gennaio 2015

Risparmio. Fondi comuni, 30 anni portati male

Fonte:
Il fatto quotidiano
17 dicembre 2014
I primi fondi comuni d'investimento italiani risalgono giusto a 30 anni fa. L'idea di partenza era pure sensata. Peccato che siano invece diventati macchine per distruggere ricchezza. Ciò è dipeso dall'assenza di trasparenza, dai controlli solo formali, dalle complicità dell'informazione ecc. Ma a parte le cause, vediamo i numeri.

Per chi non ama le medie, ragioniamo sul caso concreto di uno dei pochi fondi in attività dall'agosto 1984, gestito proprio dalla società iscritta al n. 1 dell'albo delle società di gestione presso la Banca d'Italia. Cioè l'Ersel, della famiglia torinese Giubergia, che decanta i risultati di Fondersel perché, a suo dire, essi "possono essere sintetizzati in pochi numeri: un rendimento medio annuo composto dell'8,09% che ha consentito di moltiplicare per 10 il capitale in 30 anni".

Ma chi si loda, s'imbroda. L'Ersel dovrebbe piuttosto scusarsi coi propri clienti. Nello stesso periodo la proverbiale vecchietta coi suoi soldini in buoni fruttiferi postali ha ottenuto il 50% in più. Precisamente 15,2 volte la somma investita, con un rendimento netto composto del 9,5%. E senza le oscillazioni di valore e i conseguenti patemi d'animo delle vittime del risparmio gestito.

Quelli erano tempi in cui la Posta non piazzava ancora essa stessa fondi, polizze ecc., tirandosi addosso le giuste censure della Consob.

Nella stragrande maggioranza dei casi gli altri prodotti hanno fatto anche peggio. Lo attestano gli indici generali, che la società Fideuram calcola da fine 1984, per altro trascurando alcuni costi. Praticamente in un trentennio, 100 lire in fondi comuni sono diventate circa 510. Un terzo di quanto ottenuto coi buoni fruttiferi della Cassa Depositi e Prestiti.

Risultati scadenti, pretese spudorate. Vedi Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni, arrivato al punto di sostenere che "la politica deve rendersi conto che l'industria del risparmio gestito è un'infrastruttura cruciale ai fini dello sviluppo economico del Paese". È vero: un'infrastruttura come lo è una strada franata, un viadotto pericolante, un acquedotto che perde più acqua di quanta ne eroghi.

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