La sentenza che vi proponiamo di seguito ci consente di trattare un argomento molto delicato, ossia quali sono le conseguenze nel caso in cui il giudice ci dia torto, respingendo le nostre richieste.
Chiunque si sia trovato costretto a confrontarsi con il sistema giustizia, sia come attore che nella veste di convenuto, si è chiesto (od ha chiesto all'avvocato): ma posso vincere?
Quando vi recate da un avvocato (o una associazione di categoria, o anche un consulente legale), uno dei quesiti che ponete al professionista è "quante possibilità abbiamo di vincere la causa?".
Un serio professionista vi deve informare su tutti i rischi che si corrono quando avviamo una controversia legale, chiarendovi che non esiste una certezza assoluta (il famoso "100%") di vittoria.
Non esiste alcuna certezza assoluta di vincere una causa prima di iniziarla, e chi vi dice "questa la vinciamo di sicuro", vi sta raccontando una falsità.
Infatti, come già scritto in precedenza, esistono rischi e pericoli che accompagnano un procedimento civile e che devono essere tenuti in debita considerazione.
Quali? Qui di seguito, alcuni rischi collegati alla causa civile, prendendo ad esempio, in conclusione, la recente sentenza pronunciata dal Tribunale di Milano.
(a) Esiste una generale "alea di rischio" per chi chiede giustizia al giudice
Quando decidete di andare per giudici dovete sapere che esiste un generale, e non cancellabile, rischio di poter perdere la causa per qualsiasi motivo.
In altri termini, dovete comprendere che anche se vi siete affidati al miglior avvocato, non è lui che scrive la sentenza, ma un'altra persona: il giudice.
E il giudice può vedere le cose in maniera diversa e per voi non favorevole, e può decidere di darvi torto, anche se siete convinti di disporre di ottime ragioni per ottenere un esito positivo.
In conclusione, diffidate dell'avvocato che vi assicura, oltre ogni ombra di dubbio, la vittoria della causa, perché esiste sempre e comunque un potenziale pericolo di non ottenere il risultato sperato, e quindi perdere la causa, od ottenere una vittoria diversa (inferiore) a quella prospettata dal professionista.
(b) Gli specifici rischi giuridici della causa
Oltre al generale rischio di poter arrivare ad un giudizio diverso da quello sperato, dovete ricordare che quando avviate una controversia legale contro un'altra persona (o una società), vi sono una serie di questioni/problemi di natura giuridica che devono essere risolti dal giudice e che, in ultima istanza, possono divenire decisivi per la soluzione, favorevole o meno, del vostro fascicolo.
Si tratta di questioni di diritto che il vostro legale deve conoscere, o dovrebbe, e che può esporvi sin da subito, in quanto si traducono in specifici rischi della causa.
E sono rischi che dovete cercare di conoscere e, unitamente al professionista a cui affidate l'incarico, decidere se affrontare o meno prima di avviare la lite legale.
Stiamo parlando di questioni processuali, ovvero problemi del processo, e questioni di merito, ossia peculiari problemi giuridici connessi alla vostra specifica storia, e che potrebbero condizionare, in modo decisivo, l'esito del giudizio finale.
Di solito, l'avvocato non affronta con voi tutte le questioni giuridiche, anche perché non avete tutte le competenze specifiche per poter comprendere alcuni aspetti tecnici.
Ma quando si tratta di questioni rilevanti, dalla cui soluzione dipende l'esito positivo della controversia, il legale non può nascondervele e voi avete il diritto di essere informati ed esprimere un consenso consapevole.
E quindi, non esitate a chiedere spiegazioni al vostro legale in merito ad eventuali rischi della causa, oppure un chiarimento rispetto agli effetti collegati alla causa.
Ricordatevi, infatti, che nel processo civile italiano prevale il principio secondo il quale "Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte......" (art. 91 c.p.c.).
In altre parole, CHI PERDE PAGA!
(c) Un esempio di rischio della causa - il Tribunale dichiara nullo il contratto di vendita di un certificato di associazione.......ma non quello di finanziamento.
Ed ora passiamo ad un esempio di rischi collegati all'azione legale e come, con poco, si può ottenere un risultato non conforme a quello sperato dal consumatore.
Il caso affrontato dal Tribunale di Milano ha ad oggetto un contratto di acquisto di un certificato di associazione a Santo Domingo da parte di un consumatore milanese, avvenuto nell'anno 2009.
Il nostro amico consumatore si faceva convincere dai promotori della società venditrice ad acquistare questo particolare prodotto vacanza, anche se avanzava agli stessi un dubbio: "non dispongo subito della somma per acquistare la vacanza".
Nessun problema. I promotori fanno firmare al nostro consumatore milanese un contratto di finanziamento, mediante il quale finanzia parte rilevante del contratto di acquisto del diritto vacanza.
Ora, se avete già letto altri interventi del blog, dovreste sapere che esistono molte sentenze ove è stato stabilito che questi contratti di vendita di diritti vacanza non sono validi (nulli) perché non rispettano le regole previste dal Codice del Consumo (un esempio? clicca qui).
Ed i giudici italiani, applicando il diritto comunitario, in molte circostanze hanno accertato l'esistenza di un collegamento tra il contratto di acquisto del diritto vacanza e quello con il quale il consumatore "paga" l'acquisto: il contratto di finanziamento.
Quale conseguenza? contratto di vendita del certificato vacanza non valido=contratto collegato a contratto di finanziamento=contratto di finanziamento non valido.
E quindi, la nullità del contratto di finanziamento legittima il nostro consumatore ad ottenere la restituzione dei denari ottenuti dalla banca (un esempio? clicca qui).
E quindi, anche il nostro amico milanese si è rivolto al Tribunale di Milano fiducioso che il giudice, accertata la nullità del contratto di vendita del diritto vacanza, riconoscesse l'esistenza del collegamento negoziale tra i due contratti, dichiarando nullo anche il finanziamento, con conseguente restituzione della somma finanziata.
Eccovi un esempio ove il giudice non decide in senso totalmente favorevole al consumatore, ed anzi quest'ultimo rimane con il classico "pugno di mosche in mano", costretto a pagare le spese di lite.
Ma come è arrivato il Tribunale di Milano a negare le aspettative del consumatore?
Nella causa consumatore vs. venditore certificato Santo Domingo e Banca, il giudice decide che:
a. il contratto di vendita del certificato di Santo Domingo non è valido, perché viola le norme del Codice del Consumo, e comunque l'oggetto del contratto non è determinato, violando le regole del Codice Civile. Conseguenza, la società venditrice viene condannata a restituire la somma pagata dal nostro consumatore. Queste società, però, non dispongono di alcun patrimonio da aggredire, tant'è che è quasi impossibile recuperare le somme dal venditore.
b. il contratto di finanziamento, invece, è valido poiché il Tribunale di Milano, pur riconoscendo l'esistenza di numerose sentenze ove è stato accertato il collegamento negoziale, ritiene che il consumatore non abbia fornito alcuna prova che i due contratti siano strettamente connessi tra loro.
Di conseguenza, accertata l'autonomia del contratto di finanziamento rispetto a quello di vendita, questi non può essere dichiarato nullo.
c. il consumatore, anche se aveva vinto contro la società venditrice, è rimasto soccombente verso la banca, venendo condannato a pagare le spese legali verso la finanziaria.
Da qui, potete comprendere come vi possono essere molte questioni, vicende, problematiche che condizionano, a volte in modo determinante, la vita di una causa legale, portando ad un risultato diverso da quello sperato (ed auspicato) dal consumatore.
Qui interviene anche la già citata "alea di rischio" collegata all'azione legale che si conclude con la decisione del giudice che potrebbe disattendere le nostre speranze, e che dovete tenere sempre in debita considerazione quando iniziate la vostra esperienza con la giustizia italiana.
Di seguito, la sentenza del Tribunale di Milano.
Chiunque si sia trovato costretto a confrontarsi con il sistema giustizia, sia come attore che nella veste di convenuto, si è chiesto (od ha chiesto all'avvocato): ma posso vincere?
Quando vi recate da un avvocato (o una associazione di categoria, o anche un consulente legale), uno dei quesiti che ponete al professionista è "quante possibilità abbiamo di vincere la causa?".
Un serio professionista vi deve informare su tutti i rischi che si corrono quando avviamo una controversia legale, chiarendovi che non esiste una certezza assoluta (il famoso "100%") di vittoria.
Non esiste alcuna certezza assoluta di vincere una causa prima di iniziarla, e chi vi dice "questa la vinciamo di sicuro", vi sta raccontando una falsità.
Infatti, come già scritto in precedenza, esistono rischi e pericoli che accompagnano un procedimento civile e che devono essere tenuti in debita considerazione.
Quali? Qui di seguito, alcuni rischi collegati alla causa civile, prendendo ad esempio, in conclusione, la recente sentenza pronunciata dal Tribunale di Milano.
(a) Esiste una generale "alea di rischio" per chi chiede giustizia al giudice
Quando decidete di andare per giudici dovete sapere che esiste un generale, e non cancellabile, rischio di poter perdere la causa per qualsiasi motivo.
In altri termini, dovete comprendere che anche se vi siete affidati al miglior avvocato, non è lui che scrive la sentenza, ma un'altra persona: il giudice.
E il giudice può vedere le cose in maniera diversa e per voi non favorevole, e può decidere di darvi torto, anche se siete convinti di disporre di ottime ragioni per ottenere un esito positivo.
In conclusione, diffidate dell'avvocato che vi assicura, oltre ogni ombra di dubbio, la vittoria della causa, perché esiste sempre e comunque un potenziale pericolo di non ottenere il risultato sperato, e quindi perdere la causa, od ottenere una vittoria diversa (inferiore) a quella prospettata dal professionista.
(b) Gli specifici rischi giuridici della causa
Oltre al generale rischio di poter arrivare ad un giudizio diverso da quello sperato, dovete ricordare che quando avviate una controversia legale contro un'altra persona (o una società), vi sono una serie di questioni/problemi di natura giuridica che devono essere risolti dal giudice e che, in ultima istanza, possono divenire decisivi per la soluzione, favorevole o meno, del vostro fascicolo.
Si tratta di questioni di diritto che il vostro legale deve conoscere, o dovrebbe, e che può esporvi sin da subito, in quanto si traducono in specifici rischi della causa.
E sono rischi che dovete cercare di conoscere e, unitamente al professionista a cui affidate l'incarico, decidere se affrontare o meno prima di avviare la lite legale.
Stiamo parlando di questioni processuali, ovvero problemi del processo, e questioni di merito, ossia peculiari problemi giuridici connessi alla vostra specifica storia, e che potrebbero condizionare, in modo decisivo, l'esito del giudizio finale.
Di solito, l'avvocato non affronta con voi tutte le questioni giuridiche, anche perché non avete tutte le competenze specifiche per poter comprendere alcuni aspetti tecnici.
Ma quando si tratta di questioni rilevanti, dalla cui soluzione dipende l'esito positivo della controversia, il legale non può nascondervele e voi avete il diritto di essere informati ed esprimere un consenso consapevole.
E quindi, non esitate a chiedere spiegazioni al vostro legale in merito ad eventuali rischi della causa, oppure un chiarimento rispetto agli effetti collegati alla causa.
Ricordatevi, infatti, che nel processo civile italiano prevale il principio secondo il quale "Il giudice, con la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna la parte soccombente al rimborso delle spese a favore dell'altra parte......" (art. 91 c.p.c.).
In altre parole, CHI PERDE PAGA!
(c) Un esempio di rischio della causa - il Tribunale dichiara nullo il contratto di vendita di un certificato di associazione.......ma non quello di finanziamento.
Ed ora passiamo ad un esempio di rischi collegati all'azione legale e come, con poco, si può ottenere un risultato non conforme a quello sperato dal consumatore.
Il caso affrontato dal Tribunale di Milano ha ad oggetto un contratto di acquisto di un certificato di associazione a Santo Domingo da parte di un consumatore milanese, avvenuto nell'anno 2009.
Il nostro amico consumatore si faceva convincere dai promotori della società venditrice ad acquistare questo particolare prodotto vacanza, anche se avanzava agli stessi un dubbio: "non dispongo subito della somma per acquistare la vacanza".
Nessun problema. I promotori fanno firmare al nostro consumatore milanese un contratto di finanziamento, mediante il quale finanzia parte rilevante del contratto di acquisto del diritto vacanza.
Ora, se avete già letto altri interventi del blog, dovreste sapere che esistono molte sentenze ove è stato stabilito che questi contratti di vendita di diritti vacanza non sono validi (nulli) perché non rispettano le regole previste dal Codice del Consumo (un esempio? clicca qui).
Ed i giudici italiani, applicando il diritto comunitario, in molte circostanze hanno accertato l'esistenza di un collegamento tra il contratto di acquisto del diritto vacanza e quello con il quale il consumatore "paga" l'acquisto: il contratto di finanziamento.
Quale conseguenza? contratto di vendita del certificato vacanza non valido=contratto collegato a contratto di finanziamento=contratto di finanziamento non valido.
E quindi, la nullità del contratto di finanziamento legittima il nostro consumatore ad ottenere la restituzione dei denari ottenuti dalla banca (un esempio? clicca qui).
E quindi, anche il nostro amico milanese si è rivolto al Tribunale di Milano fiducioso che il giudice, accertata la nullità del contratto di vendita del diritto vacanza, riconoscesse l'esistenza del collegamento negoziale tra i due contratti, dichiarando nullo anche il finanziamento, con conseguente restituzione della somma finanziata.
Eccovi un esempio ove il giudice non decide in senso totalmente favorevole al consumatore, ed anzi quest'ultimo rimane con il classico "pugno di mosche in mano", costretto a pagare le spese di lite.
Ma come è arrivato il Tribunale di Milano a negare le aspettative del consumatore?
Nella causa consumatore vs. venditore certificato Santo Domingo e Banca, il giudice decide che:
a. il contratto di vendita del certificato di Santo Domingo non è valido, perché viola le norme del Codice del Consumo, e comunque l'oggetto del contratto non è determinato, violando le regole del Codice Civile. Conseguenza, la società venditrice viene condannata a restituire la somma pagata dal nostro consumatore. Queste società, però, non dispongono di alcun patrimonio da aggredire, tant'è che è quasi impossibile recuperare le somme dal venditore.
b. il contratto di finanziamento, invece, è valido poiché il Tribunale di Milano, pur riconoscendo l'esistenza di numerose sentenze ove è stato accertato il collegamento negoziale, ritiene che il consumatore non abbia fornito alcuna prova che i due contratti siano strettamente connessi tra loro.
Di conseguenza, accertata l'autonomia del contratto di finanziamento rispetto a quello di vendita, questi non può essere dichiarato nullo.
c. il consumatore, anche se aveva vinto contro la società venditrice, è rimasto soccombente verso la banca, venendo condannato a pagare le spese legali verso la finanziaria.
Da qui, potete comprendere come vi possono essere molte questioni, vicende, problematiche che condizionano, a volte in modo determinante, la vita di una causa legale, portando ad un risultato diverso da quello sperato (ed auspicato) dal consumatore.
Qui interviene anche la già citata "alea di rischio" collegata all'azione legale che si conclude con la decisione del giudice che potrebbe disattendere le nostre speranze, e che dovete tenere sempre in debita considerazione quando iniziate la vostra esperienza con la giustizia italiana.
Di seguito, la sentenza del Tribunale di Milano.
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