lunedì 24 aprile 2017

Le obbligazioni in valuta estera sono una scommessa, non una sicurezza

Fonte: Il Fatto Quotidiano
Chi ha liquidità da investire, non sa che pesci pigliare. Impieghi tradizionali, come Btp, Cct o buoni fruttiferi postali, hanno ormai rendimenti intorno allo zero, salvo prendersi sul groppone roba lunga col rischio di perdite in caso di smobilizzo anticipato.

Così da un po’ vengono proposti titoli in valute dove i rendimento veleggiano a livelli ben superiori. In questi giorni Banca Imi pubblicizza nel programma Obbligazioni Collezione varie divise: dollari non solo americani, rubli e lire turche. E la Banca Mondiale obbligazioni in diverse valute addirittura “per uno sviluppo sostenibile”.

Tali proposte non sono indecenti: Intesa-Sanpaolo è attrezzata per emettere e piazzare roba ben peggiore. Ma non sono vere soluzioni al problema dei bassissimi rendimenti per un italiano o tedesco. Semplicemente invitano a scommettere su eventi del tutto aleatori. Il risultato finale dipenderà dalla combinazione del tasso delle cedole e delle variazioni del cambio con l’euro. E queste sono imprevedibili, contrariamente ai vaniloqui che si leggono al riguardo.

Per la cronaca circa due anni fa Banca Imi proponeva affiancati un prestito in dollari neozelandesi e uno in lire turche. Il primo ha pagato due cedole del 4,9%, il cambio è salito del 5% e pure il suo valore di mercato è cresciuto: una meraviglia. Il secondo ha corrisposto due volte l’8%, la valuta ha perso il 32% e la quotazione di Borsa è scesa: un disastro. E anche in media è andata male.

A sfavore del risparmiatore gioca poi un’asimmetria fiscale: gli interessi sono comunque tassati, mentre un’eventuale perdita di cambio produce solo una cosiddetta (e spesso maledetta) minusvalenza da capital gain. Che trova compensazione soltanto con un successivo guadagno. Vediamo in concreto le Banca Imi ora in emissione in lire turche: gli interessi in due anni sono il 22%, ma se la valuta scende del 20% l’operazione non si conclude con un leggero attivo, come sembrerebbe a prima vista. Ma al contrario col 3,7% in meno di quanto investito. Sul fronte fiscale c’è poi la diversa aliquota di tassazione, per cui le obbligazioni in dollari neozelandesi della Banca Mondiale al 3,6% fruttano di più delle Banca Imi al 4%, al netto delle imposte.

Ultima osservazione. Per puntare su dollari non solo U
sa, lire turche ecc. ci sono anche, pochissimo noti, titoli di Stato legati ai rispettivi indici dei prezzi, che offrono quindi una protezione nell’eventualità di una fiammata inflattiva mondiale.

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