domenica 10 giugno 2018

Polizza vita e investimenti: il punto della Cassazione

Le polizze vita si devono considerare tali solo se garantiscono la restituzione del capitale “investito”, altrimenti sono contratti di investimento finanziario.

Tale è la posizione della Corte di Cassazione con la sentenza 10333/2018 (puoi leggerla sotto) la quale, nel confermare la pronuncia resa dalla Corte di Appello di Milano, riprende un orientamento poco lusinghiero per il mondo delle assicurazioni. 

Non solo. 

A fronte di un contratto assicurativo sottoscritto da due persone fisiche per mezzo una società fiduciaria va individuato quale investitore non quest’ultima ma la persona fisica, cioè l’assicurato.

Vediamo insieme la vicenda. 

□   Il caso: due soggetti facoltosi si sono avvalsi dello stretto operato di una nota fiduciaria lombarda, per effettuare un investimento di ben cinque milioni di Euro e con la fondamentale prospettiva di conservare il capitale. 

La predetta società ha proposto un "investimento" che, sotto l'etichetta di polizza vita, in realtà prevedeva che il capitale confluisse in un paniere di titoli, fondi di investimento, azioni ed obbligazioni. 

I problemi si sono acuiti anche nell'esecuzione degli accordi. 

Infatti, gli investimenti sono stati intestati alla società fiduciaria con gli investitori messi al margine: il nome di questi ultimi nemmeno compariva nella documentazione relativa all'attività della fiduciaria. 

Emerge dunque un'operazione per nulla trasparente sotto almeno due profili: 

       (1) che cosa hanno sottoscritto gli investitori? 

       (2) chi sono gli investitori o, ancora meglio, i "clienti"?  

□   La base giuridica: la Cassazione è tornata sulla questione della differenza tra polizze assicurative e contratti di investimento, recuperando importanti principi di diritto espressi in precedenza.

In particolare, essa richiama un precedente intervento del 2012 (la sentenza 6061/2012) e afferma che, di là dall'etichetta attribuitagli, "sia da identificare come polizza assicurativa sulla vita (in cui il rischio avente ad oggetto un evento dell'esistenza dell'assicuratore è assunto dall'assicuratore) oppure si concreti nell'investimento in uno strumento finanziario (in cui il rischio di performance sia per intero addossato all'assicurato)".

In definitiva, la Cassazione ha attualizzato un principio già utilizzato da diversi tribunali italiani per le polizze linked (v. qui): il giudice, prima di guardare chi ha violato obblighi di informativo e regole di comportamento, deve interpretare il contratto e, in questa fondamentale attività, deve soffermarsi su chi è o come è distribuito nella polizza il fattore del rischio

□  Le comunicazioni: una volta chiarito che chi si trova davanti ad un prodotto finanziario e che, in punto informativa, si applicano il Testo Unico Finanziario ed i regolamenti della Consob, bisogna capire chi sono gli investitori

Questo profilo è fondamentale: è ovvio che solo individuando gli investitori, l'intermediario può fornire loro, per tramite della fiduciaria, informazioni approfondite e continue sugli investimenti ed i disinvestimenti oltre che segnalare "inadeguatezze" delle operazioni. 

A tale riguardo, i giudici di legittimità hanno sancito che gli obblighi dell’intermediario finanziario sono rivolti nei confronti del fiduciante e non anche della società fiduciaria, dopo aver preso in considerazione la funzione prioritaria di rimuovere le asimmetrie informative della disciplina del rapporto fra investitore e intermediario finanziario.

Infatti, se il regolamento Consob permette alle società fiduciarie di intestare i rapporti nell'esecuzione degli accordi, questa attività non deve essere di ostacolo al flusso di informazioni a cui hanno diritto i clienti investitori

Di seguito trovi la sentenza della Corte di Cassazione, III sez. civile, n. 10333 del 20 aprile 2018. 


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