domenica 29 luglio 2018

Cane abbandonato a casa? il padrone sanzionato anche con il sequestro dell'animale

Questa estate abbiamo deciso che di trattare la tematica inerente il rapporto con gli animali, fornendo suggerimenti per aiutare i vostri amici anche durante il periodo estivo.

E' noto, infatti, che in questo periodo si moltiplicano i casi di abbandono di cani e gatti, magari dimenticati a casa o, ancor peggio, abbandonati lungo strade o autostrade.

Questa condotta, oltreché moralmente censurabile, è sanzionata dal nostro sistema penale che prevede specifiche sanzioni nei confronti di coloro che non curano i propri amici animali.

E la stessa Corte di Cassazione, con recente la recente sentenza n. 29894/2018 è tornata ad affrontare l'argomento, in particolare l'abbandono di un animale in casa da parte del padrone.

Nel caso di specie, quest'ultimo aveva lasciato chiuso in casa il proprio cane per due settimane, periodo trascorso in vacanza, tornando solo in seguito per "liberare" l'animale.

Il giudice di merito aveva (e secondo la Cassazione in modo corretto) qualificato tale condotta in contrasto con il nostro Codice Penale, ed in particolare la violazione dell'art.544 ter c.p., norma che disciplina il reato di maltrattamento di animale "Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi, o con multa da 5.000 a 30.000 euro".

Questo reato prevede, peraltro, un aggravamento della pena nel caso di morte dell'animale, ed ha come finalità non tanto la tutela dell'animale, ma il sentimento di pietà che l'uomo nutre nei suoi confronti.

Trattasi di reato comune, ossia che può essere compiuto da chiunque e quindi anche dallo stesso proprietario, attraverso condotte commissive (od omissive) dannose verso l'animale.

Nel caso di specie, la condotta contestata al padrone dell'animale è quella di essersi disinteressato del cane, lasciato a casa in condizioni precarie per un periodo prolungato (due settimane), e non prevedendo alcuna forma di assistenza da parte di terzi, durante la propria assenza.

La Cassazione, confermando la decisione del giudice di merito, ha ritenuto corretta sia l'applicazione della norma penale, ma anche il provvedimento di sequestro dell'animale, considerando non sicuro il luogo ove il cane si trovava assieme al padrone.

La difesa del cane è, in via indiretta, la finalità ottenuta dal giudice attraverso il provvedimento n. 29894/2018 della Cassazione - Sezione Penale III^ che potete leggere di seguito.


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Sentenza 16 marzo - 3 luglio 2018, n. 29894

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RAMACCI Luca - Presidente -
Dott. SOCCI Angelo M. - rel. Consigliere -
Dott. GENTILI Andrea - Consigliere -
Dott. SCARCELLA Alessio - Consigliere -
Dott. MACRI’ Ubalda - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
A.F., nato il (OMISSIS) a (OMISSIS) nel procedimento a carico di quest'ultimo;
avverso l'ordinanza del 19/09/2017 del TRIB. LIBERTA' di CHIETI;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO MATTEO SOCCI;
sentite le conclusioni del PG SANTE SPINACI: "Rigetto del ricorso".
Svolgimento del processo
1. Il Tribunale di Chieti, in sede di riesame, con ordinanza 19 settembre 2017, ha rigettato l'istanza di riesame di A.F., avverso il decreto di sequestro preventivo di un cane, del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Chieti dell'8 agosto 2017, relativamente al reato di cui all'art. 544 ter c.p..
2. Ricorre per Cassazione A.F., tramite difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. Att. c.p.p., comma 1.
2.1. Violazione dell'art. 125 c.p.p., motivazione apparente.
Il Tribunale di Chieti non ha preso in considerazione gli elementi che sono stati sottoposti al suo vaglio con il riesame, la motivazione deve quindi ritenersi apparente. Non è dato, infatti, comprendere dall'ordinanza impugnata quali siano i presupposto oggettivi e quelli soggettivi (avere agito con crudeltà, senza necessità) del reato contestato. Il Tribunale di Chieti ha avvalorato la tesi dell'abbandono del cane per due settimane, durante il periodo estivo, nonostante elementi di prova contraria, ovvero la presenza di ciotole con acqua e cibo. La presenza di acqua, infatti, dimostrerebbe la quotidiana cura del cane; l'acqua nella ciotola non poteva essere stata messa dai vicini, perchè le ciotole non passano attraverso il cancello. Anche la presenza di cibo (pasta del giorno prima) dimostra la cura quotidiana. Inoltre il certificato del veterinario, al momento del sequestro evidenzia una massa corporea in sovrappeso. Il cane del resto era ammalato di leishmaniosi e le condizioni erano, quindi, riferibili a tale malattia e non alla mancata cura della proprietaria, che lo aveva adottato dal canile.
Ha chiesto pertanto l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
Motivi della decisione
3. Il ricorso risulta inammissibile perché proposto per vizi della motivazione, con motivi generici e manifestamente infondati; peraltro articolato in fatto.
4. Sia per il sequestro preventivo e sia per il sequestro probatorio è possibile il ricorso per cassazione unicamente per motivi di violazione di legge e non per vizio di motivazione.
Nel caso in giudizio i motivi di ricorso sul fumus del reato risultano proposti per il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E, (sia letteralmente e sia nella valutazione sostanziale del ricorso).
Il ricorso per Cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. (Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009 - dep. 11/11/2009, Bosi, Rv. 245093; Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008 - dep. 26/06/2008, Ivanov, Rv. 239692).
Nel caso in giudizio non ricorre una violazione di legge, e nemmeno l'apparenza della motivazione, e conseguentemente il ricorso deve ritenersi manifestamente infondato.
Infatti il provvedimento impugnato contiene adeguata motivazione, non contraddittoria e non manifestamente illogica, con corretta applicazione dei principi in materia espressi da questa Corte di Cassazione, e rileva come "all'esito di diversi sopralluoghi effettuati - in data 11 agosto 2016, 26 settembre 2016, 2 agosto 2017 e 3 agosto 2017 - nel cortile dell'abitazione dell'odierna indagata (...) in data 4 agosto 2017 gli agenti di P.G., dopo aver rilevato all'interno dell'abitazione in occasione dei precedenti sopralluoghi la reiterata assenza dell'indagata è... con l'ausilio del servizio veterinario locale, accertavano le precarie condizioni di salute dell'animale affetto da lei smaniosi. In occasione del sopralluogo del 4 agosto 2017, l'animale presentava una emoraggia dal naso; l'unghia del primo dito della zampa destra incrinata che generava sanguinamento; onicogrifosi e linfoadenioregalia, (...) escussi alcuni vicini dell'indagata, gli stessi riferivano che la A. (unitamente alla propria famigli a e ad altro cane) si era allontanata dall'abitazione nelle due settimane precedenti lasciando il cane incustodito all'interno del cortile e che i passanti, impietositi dalle precarie condizioni di salute dell'animale, avevano provveduto allo stesso fornendogli cibo ed acqua attraverso le grate del cancello".
Del resto, "Nella valutazione del "fumus commissi delicti", quale presupposto del sequestro preventivo, il giudice del riesame non può avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell'effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pur sommariamente, le ragioni che rendono sostenibile l'impostazione accusatoria, e plausibile un giudizio prognostico negativo per l'indagato, pur senza sindacare la fondatezza dell'accusa" (Sez. 5, n. 49596 del 16/09/2014 - dep. 27/11/2014, Armento, Rv. 26167701; vedi anche Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016 - dep. 17/06/2016, P.M. in proc. Bulgarella e altri, Rv. 26700701).
Nel caso in giudizio, l'analisi del Tribunale del riesame, come sopra visto, risulta adeguata alle risultanze degli accertamenti di P.G., e sul punto le prospettazioni della ricorrente risultano generiche e non collegate a precisi atti di indagine, valutazioni ipotetiche, non valutabili in sede di giudizio di legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00, e delle spese del procedimento, ex art. 616 c.p.p..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2018.
Depositato in Cancelleria il 3 luglio 2018.

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