venerdì 23 novembre 2018

Difendersi dalla truffa dei diamanti

Negli ultimi anni, una delle attività di vendita che più si sono sviluppate riguarda la vendita dei diamanti, avvenuta attraverso la fattiva collaborazione di alcune banche.

Sembra incredibile, ma ancora una volta i principali istituti di credito hanno trovato uno stratagemma alternativo per vendere ai propri clienti prodotti presentati come rientranti nella categoria “bene rifugio”, quando in realtà il valore del bene offerto era ben inferiore.


La vendita di diamanti ha avuto avvio a partire dal 2010, allorchè alcune società sono state affiancate dalle principali banche italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco BPM e MPS) nella vendita di pietre preziose.

In particolare, due società del settore, Intermarket Diamond Business (Idb) e Diamond Private Investment, hanno potuto usufruire del pacchetto clienti delle società per poter proporre loro l’investimento in diamanti.

Questa offerta non avrebbe mai potuto riguardare tanti risparmiatori, si stima che oltre 120.000 siano rimasti vittime di tali operazioni, in assenza del decisivo ruolo svolto dalle banche.
La vicenda, infatti, ha dei tratti comuni, in quanto:

1) Il cliente della banca viene contattato dal dipendente della filiale che propone questa forma di acquisto; 

2) Viene fissato un incontro presso la filiale con un rappresentante di una delle società sopra richiamate;

3) Nelle sale della filiale, il contratto di acquisto si perfeziona con successivo bonifico di vendita. 

La vendita è sempre stata prospettata, come si evince dalle storia narrate dai consumatori, come una forma di investimento alternativa, idonea per conservare il capitale e, nel medio – lungo termine, ottenere interessanti guadagni.

Altro tratto comune nella vicenda che stiamo trattando riguarda il livello delle informazioni offerte al consumatore al momento dell’investimento.

Usualmente, al cliente della banca veniva rilasciato un mero certificato in lingua inglese ove viene descritto ogni dato e caratteristica del prezioso, senza alcuna descrizione dell’oggetto della vendita e dei rischi connessi a tale operazione.

Ed ecco che tale operazione è apparsa, sin da subito, tutt’altro che sicura ed invece era chiaro che non avrebbe garantito né un effettivo guadagno, né tantomeno la conservazione del capitale investito.

A tale conclusione è giunta anche AGCM, la quale ha accertato la condotta scorretta nella vendita dei diamanti e, nell’ottobre 2017, ha irrogato sanzioni amministrative alle società del settore - Intermarket diamond business (Idb) di Milano e Diamond private investment di Roma – nonché ai principali istituti di credito che hanno assistito queste società, ossia Unicredit e Banco BPM, Intesa Sanpaolo e Mps.

Le sanzioni sono state di recente confermate dal TAR del Lazio.

Purtroppo, le banche coinvolte nella vicenda hanno minimizzato la propria posizione e, invece che rendere ai clienti le somme perdute, hanno preferito proporre parziali rimborsi.

Consumatore Informato ritiene che nella vicenda di cui trattasi sia chiara la carenza di informazione chiara, completa e trasparente all’atto della vendita della pietra preziosa, laddove al singolo risparmiatore è stato rilasciato un solo certificato – redatto in lingua inglese – relativo alle caratteristiche della pietra preziosa, senza ottenere alcuna ulteriore informazione.

Se sei vittima di queste operazioni, devi attivarti contro la banca e la società venditrice e chiedere il pronto rimborso della somma investita.

Aggiornamento: fallita la società Intermarket Diamond Business (clicca qui).

Per maggiori informazioni, potete scrivere a info@consumatoreinformato.it o sos@consumatoreinformato.it.

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