Fonte: Il Fatto Quotidiano 25 febbraio 2019 |
Cause perse e straperse in partenza. Straperse per i risparmiatori, magari condannati anche a rifondere le spese legali delle Poste o della Cassa Depositi e Prestiti (Cdp). Ma molto redditizie per alcuni avvocati. Ora finalmente l’11-2-2019 la Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha dato torto a chi aveva torto e ragione a chi aveva ragione.
La faccenda rimanda a un decreto ministeriale del 13-6-1986, che abbassò i tassi di alcuni buoni fruttiferi postali (BFP) già emessi. La Legge lo permetteva, la possibilità era generalmente nota - come ricordo io stesso! - e tutto sommato era abbastanza prevedibile. Peccato che non pochi si siano lasciati convincere a intentare cause senza fondamento da tutti i punti di vista.
Il decreto del 1986 non andò neppure contro l’affidamento dei risparmiatori, cioè su cosa si aspettavano da quell'investimento. Anzi, semmai essi facevano affidamento proprio sulla possibilità all'occorrenza di una modifica dei loro tassi! Infatti in precedenza il Tesoro per ben tre volte consecutive li aveva alzati, precisamente per le serie L, M ed N: nel 1974, nel 1976 e nel 1981. Cosa che i sedicenti difensori dei risparmiatori furbescamente non dicono. Il Tesoro alzava gli interessi quando inflazione e rendimenti di mercato erano saliti, per ridurli se poi erano scesi. E in effetti li ridusse quella sola volta. Poi, a furor di popolo, la normativa venne cambiata e dal 2000 i tassi dei BFP non possono più essere né aumentati né diminuiti. Era meglio prima; ed era anche più giusto. I buoni fruttiferi sono infatti analoghi a conti o libretti non vincolati, per i quali è normale che i tassi siano modificabili.
Per di più i buoni in questione, pur col provvedimento del 1986, hanno reso tantissimo: capitali non di rado decuplicati in termini nominali e quintuplicati al netto dell'inflazione. Alcuni titoli, “colpiti” dal decreto di riduzione, rendevano il 12% annuo netto ancora tre-quattro anni fa. Un tasso da sogno! Nessun altro impiego, per giunta liquidabile ogni giorno senza oscillazioni di prezzo, ha reso così tanto. Anziché intentare cause, quei risparmiatori dovevano fare salti di gioia, rallegrandosi della scelta fatta; o della fortuna avuta. Nessun risparmio tradito o baggianate simili. Sarebbero semmai i contribuenti italiani, che non avevano sottoscritto quei buoni, a potersi lamentare che il Tesoro abbia pagato interessi così alti. Non quelli che li hanno percepiti.
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