L’argomento affrontato è di quelli che si incontrano nelle aule, in quanto spesso si va in causa perché il proprio serramentista non monta poi così bene gli infissi, dovendone adattare le misure a vani di case vecchie o usare materiali scadenti, addirittura forniti dallo stesso committente per alleggerire la fattura.
Si susseguono – ed è il caso racchiuso in Tribunale di Savona, sentenza n. 19 settembre 2018, oggi in commento – perizie, testimoni e istruttorie lunghe e complicate davanti al giudice, quando è meglio, in questi casi, verificare immediatamente se la serranda non funziona e scrivere una raccomandata, con prova di consegna, al proprio serramentista, evidenziando nel dettaglio – e anche qualcosa in più, dato che il più comprende il meno - cosa non va.
L’oggetto del contendere non è da ignorare, perché il consumatore può prevedere, con una certa precisione, a cosa va incontro se gli infissi danno problemi e, al posto di attivarsi subito, perde tempo dietro lamentele nell’ufficio dell’installatore che non vuol saperne di risarcire i danni.
In questo genere di contenziosi è importante, anzi capitale, denunciare i vizi molto presto, e bene.
Ma quanto presto?
La risposta a questa domanda dipende da vari fattori.
In primo luogo, dal tipo di garanzia offerta dalla legge: quella del consumatore, che però opera solo per i beni mobili (art. 128 T.U. Consumo), ovvero quella del Codice Civile.
In questo caso, un conto è litigare per un automobile guasta (v. link) e altro conto ancora per un infisso in pvc, in quanto si applica il codice civile: gli Ermellini, infatti, sostengono che un infisso, anche se si può smontare e rivendere da qualche altra parte, è pur sempre un oggetto incorporato ad una casa – e quindi ad un immobile - che serve a dargli valore, anche solo per riparare le stanze dagli spifferi.
Veniamo, ora, al tipo di contratto sotto cui va messa la prestazione del serramentista che prende le misure e viene a installare l’infisso a casa.
Per quanto montare gli infissi sia un’attività laboriosa, soprattutto quando devono essere adattati ad un vano vecchio e fuori misura, si intuisce che il serramentista vende un prodotto che era nel proprio magazzino merci – anche se i venditori sanno bene che, oggi come oggi, è meglio fare poche scorte e esaurirle subito -, il quale deve essere solo adattato alle esigenze del cliente.
Il ragionamento appena proposto, di per sé intuitivo, è lo stesso di quello seguito da molti Giudici – e Savona si accoda – quando si deve decidere se far rientrare tale rapporto nell'area dell'appalto, ovvero contratto di opera oppure se si tratta di una vendita.
Non è nostra intenzione, in questa sede, discettare sull’interpretazione di questi tipi di contratto, se non per specificare due punti praticissimi.
Il primo, se il serramentista si rifornisce di infissi già fatti, sempre uguali e, a propria volta, li piazza in case diverse, adattandoli alle esigenze del cliente, allora si cade sotto la vendita (o, meglio, i giuristi la chiamerebbero “vendita di cosa futura”, perché la res è specificata quando viene installata): qui, i vizi più ricorrenti (spifferi, inestetismi, serrande che sbattono etc.) vanno denunciati fulmineamente, entro e non oltre otto giorni dalla scoperta (meglio ancora, subito!).
Il secondo – ma è rarissimo oggi -, se il serramentista usa materie prime proprie o quelle che gli fornisce il committente (ad esempio, laminati metallici, legno grezzo, vernici etc.) e fa di sana pianta un infisso, allora si cade sotto l’appalto: prevale il fare sul dare e, ovviamente, il termine per rilevare i vizi si allunga fino a 60 dì dalla scoperta.
In ogni caso, è bene invitare il consumatore ad essere scaltro: se c’è l’intenzione, meglio contestare subito, anche solo con una raccomandata, in modo puntiglioso e specifico ogni minimo vizio, che non rimandare a domani o, peggio ancora, andare a lamentarsi in ufficio dal serramentista.
Di seguito trovi la sentenza.
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