Questi vantaggi, peraltro, sono stati ampiamenti limitati nei contratti di finanziamento a tasso variabile, i quali prevedono clausole che frenano gli effetti delle oscillazioni dei tassi.
E’ noto, infatti, che il calcolo degli interessi applicati dalla banca nei mutui a tasso variabile, è "legato" alla variazione dell'Euribor (acronimo di EURo Inter Bank Offered Rate, tasso interbancario di offerta in euro mensile - bimestrale - semestrale - annuale), ossia il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in euro tra le principali banche europee.
I mutamenti del parametro sono giornalieri e conseguentemente anche gli interessi bancari del mutuo hanno delle oscillazioni periodiche.
Gli istituti di credito hanno voluto limitare questi sbalzi mediante l'introduzione nei contratti di clausole denominate “cap” e “floor”, le quali prevedono che se l’Euribor supera un determinato valore (in negativo o positivo), il tasso di interesse applicato al finanziamento sarà sempre lo stesso.
Detta norma contrattuale limita le oscillazioni dell’Euribor, inserendo un “blocco” degli interessi, sia nel caso di discesa repentina del tasso europeo, come avvenuto negli ultimi anni, sia nella fattispecie opposta, ossia con aumento del tasso europeo.
Cosa accade, però, se il contratto di mutuo prevede la sola clausola “floor”, ossia prevede il solo blocco verso il basso, garantendo alla banca di ottenere il pagamento “minimo” di interessi da parte del cliente, anche nel caso di discesa sotto zero dell’Euribor.
La questione è stata affrontata dalla Corte di Appello di Milano, il quale ha accertato e dichiarato la vessatorietà della clausola "floor" inserita nei contratti di mutuo a tasso variabile sottoscritti tra il Banco Popolare BPM e i suoi clienti negli anni, così come emerge dalla sentenza n. 2836/2022 (qui un approfondimento).
Nel caso di specie, il Banco Popolare ha predisposto dei contratti di mutuo collegati all’acquisto della casa, ove è stata prevista la sola clausola floor, ossia quella che prevede che nel caso di discesa del tasso Euribor, il cliente deve comunque versare “una somma minima di interessi”.
La Corte di Appello di Milano ha considerato vessatoria questo tipo di clausola, laddove non sia prevista una equivalente clausola che limiti il rialzo dei tassi in caso di aumento dell'Euribor (cosiddetta clausola tetto o cap).
Il Giudice ha correttamente ritenuto che l’assenza di una clausola equivalente con la quale sia previsto un limite agli interessi dovuti dal mutuatario nel caso di aumento dell’Euribor, di fatto crea un disequilibrio nel rapporto tra le parti, ove il professionista acquisisce un evidente vantaggio verso il contraente debole, pre determinando un livello minimo di interessi dovuti dal quest’ultimo.
Tale situazione incide, come correttamente osservato dal giudice, nel rapporto sinallagmatico, creando un vantaggio esclusivo in favore del contraente forte, in spregio a quanto previsto ex artt. 33 e seguenti del Codice del Consumo.
Quale conseguenza? la vessatorietà, e conseguente nullità, della clausola floor legittima i consumatori a richiedere alla banca i maggiori interessi versati negli anni 2015 - 2022, ossia il periodo nel quale l'Euribor è sceso sotto lo "0".
Ci permettiamo di osservare che detta condotta, del tutto scorretta e non rispettosa del Codice del Consumo, è stata adottata da altri istituti di credito, i quali hanno voluto da una parte garantirsi la maggior resa possibile nel caso di aumento dei tassi, dall’altra evitando (o meglio limitando) eventuali riduzioni, così come avvenuto negli ultimi dieci anni.
Di conseguenza, previo controllo delle condizioni contrattuali del vostro mutuo, avete diritto a richiedere la restituzione dei maggiori interessi versati negli ultimi anni alla banca.
Per maggiori informazioni, scrivi a info@consumatoreinformato.it.
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