venerdì 6 gennaio 2023

Pensioni. Con l’Inps c’è il recupero dell’inflazione. Nessuna protezione con la previdenza integrativa

Fonte: Il Fatto Quotidiano
28 novembre 2022
Un nodo è venuto al pettine. Una delle tante storture delle cosiddette pensioni di scorta o come altrimenti la pubblicità si premura di chiamarle. Si parla molto dell’aumento del 7,3% per le pensioni Inps dal 1° gennaio 2023, cui seguirà un ulteriore conguaglio ancora per il 2022. Una rivalutazione cui non si era abituati con anni di inflazione minima o nulla, se non negativa. Analogo aggiustamento si ripeterà gli anni prossimi, salvo che l’inflazione non si sgonfi del tutto.

In effetti il recupero percentuale del potere d’acquisto dipende dal livello della pensione. Ora è previsto totale fino a circa 2.100 euro lordi mensili e dopo decresce. Ciò è coerente con uno stato sociale, che protegge i redditi medio-bassi.

Ma quasi nessuno affronta la questione di cosa capiti invece per il secondo e terzo pilastro previdenziale. L’industria parassitaria del risparmio gestito preferisce che non se ne parli. Le rendite vitalizie private non godono infatti di un’analoga protezione del loro potere d’acquisto. Peggio, sono prive di qualsivoglia tutela in tal senso. Non è agganciato all’inflazione nessuno dei fondi pensione, piani previdenziali o assicurazioni sulla vita, sottoscritti dai risparmiatori italiani. Eccezione più unica che rara fu una sparuta polizza della Uap-Union des Assurances de Paris (Progreval 4 RS) degli anni Ottanta, da decenni tolta dal commercio.

Le rendite in questione in genere contemplano qualche incremento, ma di regola modesto. Esso dipende dal rendimento delle cosiddette riserve matematiche. Cioè, in maniera molto semplificata, dei soldi investiti dalla compagnia di assicurazione per pagare rendite e capitali agli assicurati. Attualmente siamo nell’ordine del 2-3% annuo. Con percentuali simili e un’inflazione sul 10%, il valore reale della propria pensione integrativa risulta abbattuto del 7-8%, perdita che può ripetersi e anche aggravarsi.

Gli stessi assicuratori ammettono, seppure obtorto collo, che i risparmi previdenziali a essi affidati uscirono massacrati dai periodi di alta inflazione. Eloquente il caso concreto di chi aveva stipulato una polizza pensionistica prima degli anni Settanta: in potere d’acquisto portò a casa 35 lire a fronte di ogni 100 lire versate. Come dire? Lo slogan “assicurazione significa sicurezza” si tradusse in una perdita del 65%. Circa come con le obbligazioni argentine.

Le rivalutazioni delle rendite private potrebbe avvicinarsi di più all’inflazione, se i loro gestori avessero puntato sui titoli cosiddetti reali: Btp Italia, Btp-i, Oatei ecc., come sarebbe stato logico fare già col senno del prima. Analogo discorso per i fondi pensione. Ma per incuria, insipienza o altri motivi ben di rado l’hanno fatto.

Aspettando che imparino il loro mestiere, meglio sospendere comunque ogni versamento volontario in fondi pensione, polizze vita et similia. E disinvestire tutto quanto possibile.

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