domenica 22 ottobre 2023

Buoni fruttiferi postali serie P e Q: nuovo intervento della Cassazione

Si torna a parlare, con il nostro intervento odierno, dei buoni fruttiferi postali emessi con la serie "P" e "Q" e già argomento trattato in questo blog.

Come è noto questi titoli sono stati emessi nel 1986, prevedendo un determinato tasso di interesse che, in seguito, è stato variato al ribasso, non mantenendo la promessa di importante resa a fronte di un vincolo temporale di venti o trent’anni.

Con decreto ministeriale 13 giugno 1986, infatti, era stata decisa una importante riduzione del tasso di interesse applicato a questi titoli di stato, peraltro del tutto distinto da quello riportato sul documento cartaceo consegnato al cliente.

La vicenda ha avuto già un epilogo con la sentenza 3963/2019 con la quale la Cassazione ha affermato la liceità della riduzione del tasso dei buoni fruttiferi, ma è stata oggetto di ulteriori interventi giurisprudenziali in questi ultimi anni, anche con effetto retroattivo.

Questo principio è stato ribadito anche dalla Corte Costituzionale, con sentenza n. 20/2020 (vedi qui), ove ha ritenuto di considerare legittimo il sistema normativo che ha previsto l'efficacia retroattiva le modificazioni, anche in peius, dei tassi di interesse disposte per le serie dei buoni fruttiferi postali, non ledendo l'affidamento dei risparmiatori sul tasso di interesse esistente al momento della sottoscrizione dell'investimento, poiché la variazione sfavorevole del tasso di interesse non risale al momento della sottoscrizione del titolo, ma trova applicazione solo con l'entrata in vigore del decreto.

Il punto riguarda l'applicazione delle norme del 1986 anche per emissioni antecedenti (ad esempio le serie P e Q) ove sul certificato vengono indicate determinate condizioni contrattuali con conseguente legittimo affidamento del consumatore ad incassare il tasso pattuito.

La Cassazione risolve la questione con il seguente principio di diritto: Poiché l’interpretazione del testo contrattuale deve raccordare il “senso letterale delle parole” alla dichiarazione negoziale nel suo complesso, non potendola limitare a una parte soltanto di essa, l’indicazione, per i buoni postali della serie ‘Q/P’, di rendimenti relativi alla serie ‘P’ per l’ultimo periodo di fruttuosità del titolo non è in sé decisivo sul piano interpretativo, in presenza della stampigliatura, sul buono, di una tabella sostitutiva di quella della serie ‘P’, in cui erano inseriti i detti rendimenti: tanto più ove si consideri che la tabella in questione adotta una modalità di rappresentazione degli interessi promessi che risulta eccentrica rispetto a quella di cui alla precedente tabella, così da rendere evidente l’assenza di continuità tra le diverse previsioni.

In presenza di una incompleta o ambigua espressione della volontà delle parti quanto ai rendimenti del buono postale di nuova emissione rientrante nella previsione dell’art. 173 d.P.R. n. 156/1973, opera una integrazione suppletiva che consente di associare al titolo i tassi contemplati, per la serie che interessa, dal decreto ministeriale richiamato dal primo comma del detto articolo".

Corte di Cassazione - Ordinanza n. 25583/2023.

CORTE DI CASSAZIONE

SEZ. I^ civ. 

[omissis]

 

ORDINANZA 

sul ricorso iscritto al n. 09685/2021R.G. proposto da Poste Italiane S.p.A., in persona del l.r.p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via A. Torlonia n. 33 , presso lo studio dell’avv. Stefano Astorri, che l a rappresenta e difende g i usta procura in calce al ricorso; –ricorrente e controricorrente incidentale – contro Gaspani Ausiglia Giovanna, domiciliata in Roma, piazza Cavour , presso la cancelleria della Corte Suprema di cassazione e all’indirizzo pec rita.persico@bergamo.pecavvocati.it, rappresentatae dife s a dagli avv.ti Marisa Franca Costelli e Rita Persico , g iusta procura speciale del 10novembre 2022, in atti; –controricorrente e ricorrente incidentale – Oggetto: buoni fruttiferi postali AC –01/06/2023 r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini avverso la sentenza della Corte di appello di Brescia, sezione prima civile, n. 1097/2020,del 15 ottobre 202 0 ; udita la relazione svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 1° giugno2023 dal Consigliere Paolo Fraulini. 

RILEVATO CHE 

1. Poste Italiane S.p.A. ha propo sto ricorso in cassazione, affidato a un motiv o , avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Brescia ha confermato la sentenza con cui il Tribunale di Bergamo l’aveva condannata a liquidare in favore della titolare Ausiglia Giovanna Gaspani, l’importo portato da 19 buoni fruttiferi postali delle serie O, P/O e P, sottoscritti tra il 1984 e il 1986, alle condizioni previste dal dm 13 giugno 1986, nonché a pagare in favore della titolare la somma di euro 40.543,36, in relazione a 6 buoni postali della serie Q/P, acquistati dal 2 ag osto 1986 in poi, nel rispetto delle condizioni economiche riprodotte a tergo degli ste ssi titoli.

 2. Ausiglia Giovanna Gaspani ha resistito con controricorso , con il quale h a chiesto dichiara r si l’ inammissibilità o l’ infondatezza dell'avversa impugnazione e ha , a sua volta , proposto ricorso incidentale, affidato a tre motivi, resistito da Poste Italiane S.p.A.con controricorso. 

3. Il giudice di secondo grado , per quanto in questa sede ancora rileva, ha ritenuto: a) che , con riferimento ai 6 buoni postali della serie Q/P, acquistati dal 2 agosto 1986 in poi, andasse applicato il principio espresso dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 13979/2007, sicché le diverse condizioni stabilite dal dm 13 giugno 1986 dovevano ritenersi inapplicabili, in quanto precedenti a quelle diverse apposte sui titoli emessi in epoca successiva alla sua entrata in vigore che, dunque, prevalevano quale espressione dell’autonomia r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini privata, a nulla valendo la diversa determinazione generale del medesimo prevista dal decreto ministeriale vigente all’epoca dell’emissione; b) che, per i 19 buoni postali delle serie O, P/O e P, andava confermata la decisione di primo grado, che aveva correttamente ritenuto l’inserzione automatica delle nuove clausole determinative dei nuovi rendimenti, contenute nel dm del 1986, per effetto della sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, senza che ciò ledesse in alcun modo il principio del legittimo affidamento o gli obblighi generali di correttezza e buona fede privatistici, come anche i principi amministrativistici di efficacia degli atti amministrativi . 

4. Le parti hanno depositato memoria. 

CONSIDERATO CHE 

1. In via preliminare , va rilevata l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità della procura alle liti della ricorrente, formulata in via pregiudiziale dalla controricorrente , atteso che la stessa risulta superata dall’avvenuto deposito da parte della ricorrente in data 28 aprile 2023 su pct dell’atto notarile di conferimento dei poteri rappresentativi sostanziali al soggetto che ha rilasciato la procura speciale alle liti peril presente giudizio. 

2. Nel merito, la Corte osserva che, alla luce delle considerazioni espresse nel leading case Varuolo c/ Poste Italiane s.p.a., deciso con la sentenza n.22619/2023 del 26 luglio 2023 da questo stesso Collegio all’odierna udienza pubblica, il ricorso non può trovare accoglimento. 

È opportuno riportare la parte rilevante della motivazione della precitata sentenza, le cui considerazioni risultano decisive ai fini del decidere: Il Collegio ritiene che sia esatto il punto di approdo cui sono pervenute, in tempi recenti, Cass. 10 febbraio 2022, n. 4384, Cass. 14 febbraio 2022, n. 4748, Cass. 14 febbraio 2022, n. 4751, r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini Cass. 14 febbraio 2022, n. 4763, Cass. 3 gennaio 2023, n. 87, Cass. 4 gennaio 2023, n. 122 e Cass. 11 febbraio 2023, n. 567. La prima di tali pronunce è massimata come segue: l’emissione di una nuova serie di buoni, utilizzando i supporti cartacei della serie precedente («P»), mediante l'apposizione, sulla parte anteriore, del timbro che indica la nuova serie («Q/P») e, sulla parte posteriore, del timbro recante la misura dei nuovi tassi, che però non copre integralmente la stampa dei tassi d'interesse della precedente serie, lasciando scoperta la parte relativa all'ultimo decennio, non consente al possessore del titolo di pretendere, per tale decennio, gli interessi (più favorevoli) previsti per la vecchia serie, poiché l'imperfezione dell'operazione materiale di apposizione del timbro non ha valore di manifestazione di volontà negoziale rilevante e non determina un errore sulla dichiarazione, essendo, anzi, chiaro che l'accordo ha avuto ad oggetto i buoni di nuova serie e dovendosi, comunque, tenere conto che, ai sensi dell'art. 1342, comma 1, c.c., in caso di moduli predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte prevalgono su quelle precedentemente scritte, qualora siano con esse incompatibili. 

Alla seconda delle decisioni sopra richiamate è associato questo ulteriore principio di diritto: la disciplina contenuta nell'abrogato art. 173 del d.P.R. n. 156 del 1973, come novellato dall'art. 1 del d.l. n. 460 del 1974, convertito in l. n. 588 del 1974, che consentiva variazioni, anche in peius, del tasso di interesse sulla basedi decreti ministeriali, in quanto dettata da una fonte di rango legislativo, ha natura cogente (assicurando il contemperamento tra l'interesse generale di programmazione economica e tutela del risparmio del sottoscrittore) e come tale idonea a sostituire ex art. 1339 c.c. la r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini statuizioni negoziali della parti: ne deriva che il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal decreto ministeriale che ne disponeva l'emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle seconde, anche relativamente alla serie, istituita con effetto dal 1 luglio 1986 con d.m. 13 giugno 1986, di buoni postali fruttiferi distinta con la lettera «Q», fissando per tutte le serie precedenti, e con decorrenza 1 gennaio 1987, un regime di calcolo degli interessi meno favorevole di quello risultante dalla tabella posta a tergo dei buoni. 

Fermo che si condivide la conclusione ultima cui sono pervenute le indicate pronunce, le quali hanno ritenuto inapplicabili ai buoni della serie «Q/P» i rendimenti riprodotti nei detti buoni per la vecchia serie «P», si impongono alcune precisazioni. La soluzione qui ricusata è stata fatta propria da un certo numero di decisioni di merito e da un orientamento fermo dell’Arbitro bancario finanziario: orientamento ribadito dal Collegio di coordinamento dell’ABF con decisione del 3 aprile 2020. Per chi sostiene tale tesi l’applicazione dei più alti rendimenti previsti per la serie «P» nell’ultimo decennio di vita del buono trova giustificazione in ciò: il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore si forma sul contesto documentale del titolo; nell’indicata prospettiva assume rilievo decisivo la circostanza per cui i buoni in questione, con riguardo al periodo che qui interessa, recano ― come si è in precedenza detto ― l’indicazione dei tassi previsti per la serie «P». Il principio per cui nella disciplina dei buoni postali fruttiferi dettata dal testo unico approvato con il d.P.R. n. 156/1973, il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti si deve, come è noto, alle Sezioni Unite di questa Corte, le quali hanno da ciò desunto che «il contrasto tra le condizioni, in riferimento al saggio degli interessi, apposte sul titolo e quelle stabilite dal decreto ministeriale che ne disponeva l'emissione deve essere risolto dando la prevalenza alle prime, essendo contrario alla funzione stessa dei buoni postali ― destinati ad essere emessi in serie, per rispondere a richieste di un numero indeterminato di sottoscrittori ― che le condizioni alle quali l'amministrazione postale si obbliga possano essere, sin da principio, diverse da quelle espressamente rese note al risparmiatore all'atto della sottoscrizione del buono» (Cass. Sez. U. 15 giugno 2007, n. 13979, in motivazione). È tuttavia da rimarcare la profonda diversità intercorrente tra la fattispecie oggetto di controversia e l’ipotesi presa in considerazione dalla richiamata pronuncia di Cass. Sez. U. 15 giugno 2007, n. 13979 (decisione, questa, su cui la parte istante fonda gran parte dei propri rilievi). 

Nella sentenza delle Sezioni Unite si delineava un termine di scadenza del possibile rimborso anticipato dei buoni fruttiferi che era differente da quello indicato nei titoli. In particolare, in base a un decreto ministeriale entrato in vigore da prima dell’emissione dei titoli, il termine di scadenza dei buoni era di nove anni, e non di otto (come in precedenza previsto), ma i buoni erano mancanti di quanto contemplato dal decreto, il quale, in caso di utilizzazione di moduli già stampati per le emissioni precedenti (recanti la sigla «AA»), ammetteva l’applicazione della nuova disciplina in presenza di una stampigliatura di una sigla diversa sui titoli («AB- AA»), i quali dovevano inoltre recare espressa menzione del r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini differente termine di scadenza: di qui la lite vertente sul rendimento dei titoli, che era stato ragguagliato dalle parti ai diversi termini di scadenza. Nella circostanza è stato osservato che «[l]a discrepanza tra le prescrizioni ministeriali e quanto indicato sui buoni offerti in sottoscrizione dall'ufficio ai richiedenti può […] rilevare per eventuali profili di responsabilità interna all'amministrazione, ma non può far ritenere che l'accordo negoziale, in cui pur sempre l'operazione di sottoscrizione si sostanzia, abbia avuto ad oggetto un contenuto divergente da quello enunciato dai medesimi buoni». 

Le Sezioni Unite hanno difatti valorizzato la prescrizione, contenuta nell’art. 173, comma 3, d.P.R. n. 156 del 1973, che impone di «procedere al rimborso degli interessi sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni sottoscritti dal risparmiatore». Ebbene, nella presente fattispecie si controverte non della presenza di una tale tabella e del radicale contrasto di essa con la previsione del decreto ministeriale che regola l’emissione dei titoli, ma di una singola previsione (quella relativa ai tassi dell’ultimo decennio) ricavata da una tabella che è sostituita, sul titolo, da altra tabella. Non entra quindi immediatamente in gioco il conflitto tra le distinte discipline dei rendimenti che sono desumibili, rispettivamente, dal decreto ministeriale e dal titolo (ipotesi, questa, presa in esame dalla richiamata pronuncia delle Sezioni Unite). 

Viene prima in questione il significato che possa accordarsi ad indicazioni, presenti nel contesto del buono fruttifero, che concernono un particolare aspetto del rapporto: quello relativo agli interessi da corrispondersi dal ventunesimo al trentesimo anno di vita del titolo.r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini In tal senso, anche i buoni per cui è causa pongono, anzitutto, e per quanto qui interessa, una questione di natura interpretativa. Di tale questione la Corte di legittimità si è occupata nelle richiamate pronunce dello scorso anno. Nella circostanza è stato osservato che «la pretesa di far discendere la misura degli interessi da una combinazione della disciplina prevista per i buoni della serie ‘Q’, provvisoriamente emessi per mancanza dei relativi supporti cartacei, in forma di buoni della serie ‘Q/P’, con la disciplina prevista per i buoni della serie ‘P’, non ha alcun fondamento sul piano di una elementare logica nell'applicazione dei principi basilari dell'interpretazione contrattuale, sia dal versante della lettera che dell'intenzione delle parti, ai sensi dell'art. 1362 c.c., giacché, se i buoni sono sottoposti alla disciplina della serie ‘Q’, e l'autorità preposta dalla legge chiarisce che la disciplina della serie ‘Q’, si applica anche alla serie ‘Q/P’, di modo che sul documento viene apposta la sigla ‘Q/P’, ciò sta a testimoniare che l'applicazione della disciplina dei defunti buoni della serie ‘P’ è palesemente esclusa» (citt. Cass. 10 febbraio 2022, n. 4384, Cass. 14 febbraio 2022, n. 4748, Cass. 14 febbraio 2022, n. 4751, Cass. 14 febbraio 2022, n. 4763, in motivazione). 

A questi rilievi deve prestarsi sostanziale adesione. Per la giurisprudenza di questa Corte, i buoni fruttiferi postali integrano dei titoli di legittimazione (Cass. 16 dicembre 2005, n. 27809; il richiamo a tale qualificazione è presente nelle pronunce successive; cfr. ad es.: Cass. Sez. U. 15 giugno 2007, n. 13979, cit.; Cass. Sez. U. 11 febbraio 2019, n. 3963; Cass. 10 febbraio 2022, n. 4384 cit.; Cass. 14 febbraio 2022, n. 4748, cit.). I buoni postali sono, cioè, dei documenti che servono solo a identificare l’avente diritto alla prestazione: come tali, a norma dell’art. 2002 r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini c.c., essi non sono soggetti alle norme dettate per i titoli di credito. Questo significa, in particolare, che ai buoni postali restano estranei i principi di autonomia causale, di incorporazione e di letteralità (con quel che ne discende sul piano delle eccezioni opponibili dall’avente diritto, regolamentate, per i titoli di credito, dall’art. 1993 c.c.): tant’è che è operante, rispetto ai buoni, il meccanismo di integrazione contrattuale previsto dall’art. 173 d.P.R. n. 156/1973 cit., il quale implica che il creditore soggiaccia alle variazioni del saggio di interesse successive al momento di sottoscrizione del titolo; come in precedenza ricordato, difatti, le variazioni dei rendimenti disposte con decreto ministeriale, che hanno effetto per i buoni di nuova serie, «possono essere estese ad una o più delle precedenti serie». 

È vero che, come ricordato da Cass. Sez. U. 15 giugno 2007, n. 13979, la possibilità che il contenuto dei diritti spettanti ai sottoscrittori dei buoni postali subisca, medio tempore, variazioni per effetto di eventuali sopravvenuti decreti ministeriali volti a modificare il tasso degli interessi originariamente previsto «non autorizza a svalutare totalmente la rilevanza delle diciture riportate sui buoni stessi anche quando […] in corso di rapporto non è intervenuto alcun nuovo decreto ministeriale concernente il tasso degli interessi e nessuna modificazione si è quindi prodotta rispetto alla situazione esistente al momento della sottoscrizione dei titoli». E tuttavia, altro è tener conto del dato testuale del titolo, altro è enfatizzarne la portata in contrasto col canone ermeneutico di cui all’art. 1362 c.c.: norma che, come è noto, impone di interpretare il contratto indagando quale sia stata l’intenzione delle parti senza limitarsi al senso letterale delle parole.r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini Ora, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, assume innegabilmente centralità il senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nel contratto: il rilievo di queste deve essere tuttavia verificato alla luce dell'intero contesto contrattuale (Cass. 8 giugno 2018, n. 14882; Cass. 26 febbraio 2009, n. 4670; Cass. 28 maggio 2007, n. 12400; Cass. 22 febbraio 2007, n. 4176; Cass. 22 dicembre 2005, n. 28479). 

Come è stato efficacemente osservato, solo la lettura dell'intero testo contrattuale consente una corretta comprensione della convenzione e, suo tramite, della comune intenzione delle parti, mentre l'enucleazione di singole parole può comportare lo stravolgimento del significato della clausola con particolare riferimento alle pattuizioni limitative dell'efficacia del negozio che, in presenza di un processo ermeneutico frammentato, possono amplificare o ridurre la portata dell'accordo (Cass. 8 febbraio 2021, n. 2945). 

In tal senso, non è conforme ai richiamati principi una interpretazione del testo negoziale che, obliterando la manifestata volontà, desumibile dalle apposite stampigliature, di far rientrare il titolo nella serie «Q/P» e di assegnare al medesimo, per i primi venti anni, i correlati rendimenti, pretenda di conferire una univoca e assorbente accezione di significato alla presenza, nel testo del buono, di una previsione (quanto alla misura degli interessi maturandi a partire dal ventunesimo anno) che è parte della tabella associata alla serie «P». Tale soluzione ermeneutica finisce per parcellizzare il dato testuale: non tiene infatti conto che la richiamata tabella risulta sostituita da una diversa griglia dei rendimenti, rispetto alla quale l’elemento che si pretende di valorizzare risulta essere oltretutto palesemente eccentrico. Infatti r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini ― e ciò si desume con puntualità da quanto trascritto in memoria dallo stesso ricorrente― la nuova stampigliatura consta dell’indicazione dei tassi in valori percentuali, mentre i rendimenti dell’ultimo decennio, che si vorrebbero applicare, seguono il diverso criterio dei valori monetari assoluti adottato nella stesura dell’intera tabella della serie «P», cui non appartiene il buono. In altri termini, se è incontestabile che nel riquadro dei rendimenti risultanti dalla stampigliatura sovrapposta alla precedente tabella è assente alcuna specifica indicazione dei tassi relativi all’ultimo decennio, non per questo risulta giustificata un’operazione interpretativa che finisca per deformare il senso della volontà negoziale, isolando un dato che è integrato nella vecchia tabella (riferita a una serie di buoni cui si è deliberatamente escluso appartenga quello in contestazione) e che si pone in continuità coi rendimenti ivi indicati, non con quelli della serie «Q/P». 

L’elemento di anomalia è tanto più percettibile ove si consideri che, come rettamente rilevato dal Tribunale, per i titoli della serie «Q/P» l’art. 5 del d.m. 13 giugno 1986 imponeva proprio una stampigliatura «recante la misura dei nuovi tassi», e non l’indicazione delle maggiorazioni dei valori monetari. Col negare rilievo all’elemento letterale in discorso non si finisce, del resto, per dare ingresso a un’interpretazione contraria a buona fede. Per certo, l'elemento letterale deve sempre essere riguardato alla stregua degli ulteriori criteri ermeneutici, tra cui quello dell'interpretazione secondo buona fede ex art. 1366 c.c. (Cass. 17 novembre 2021, n. 34795; Cass. 14 settembre 2021, n. 24699). 

La regola di cui all’art. 1366 c.c., secondo cui il contratto deve essere interpretato secondo buona fede, impone tuttavia di analizzare le espressioni usate dalle parti contraenti stabilendo r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini quale sia il significato obbiettivo sul quale le stesse, in relazione alle circostanze concrete, potevano e dovevano fare ragionevole affidamento (Cass. 20 luglio 2000, n. 9532), con la conseguenza che non possono perorarsi interpretazioni che pretendano di ricavare il detto affidamento da elementi letterali non significativi avendo riguardo al più ampio contesto del negozio. 

L’inaccettabilità di opzioni ermeneutiche fondate sulla esaltazione di elementi siffatti e la conseguente impossibilità di rinvenire, all’interno del documento di legittimazione, una disciplina specifica dei rendimenti relativi all’ultimo decennio (da associarsi al buono) schiude la strada a una integrazione del regolamento negoziale con la disciplina normativa. 

In tema di sostituzione automatica di clausole di cui all’art. 1339 c.c., altro argomento rilevante ai fini dello scrutinio del ricorso, va osservato che, come osservato nel citato leading case, il congegno sostitutivo di cui all’art. 1339 c.c. è destinato ad operare con esclusivo riguardo alle variazioni del saggio d'interesse «disposte con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale» che siano «estese ad una o più delle precedenti serie» (art. 173, comma 1, d.P.R. n. 156/1973); a tal fine è stato previsto, come in precedenza rilevato, che per i titoli i cui tassi siano stati modificati dopo la loro emissione gli interessi vengano corrisposti non più sulla base della sola tabella riportata a tergo dei buoni, ma sulla base di tale tabella «integrata con quella che è a disposizione dei titolari dei buoni stessi presso gli uffici postali» (art. 173 cit., comma 3). Dunque, la prevalenza del dato testuale portato dai titoli rispetto alle prescrizioni ministeriali intervenute successivamenteall’emissione è, in questa ipotesi, da r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini escludere a fronte all'inequivoco dato testuale dell'art. 173: come ricordato dalle Sezioni Unite, tale articolo contempla un «meccanismo di integrazione contrattuale, riferibile alla disposizione dell'art. 1339 c.c. destinato ad operare per effetto della modifica, da parte della pubblica amministrazione, del tasso di interesse vigente al momento della sottoscrizione del titolo» (Cass. Sez. U. 11 febbraio 2019, n. 3963, cit., in motivazione). 

La disciplina sostituiva non opera, invece, con riguardo alle condizioni operanti al momento della sottoscrizione: si è già dato conto del principio, enunciato da Cass. Sez. U. 15 giugno 2007, n. 13979, secondo cui ove il buono indichi rendimenti difformi da quelli previsti dalle prescrizioni ministeriali deve prevalere quanto risultante dal titolo, giacché il titolo riproduce il contenuto di un accordo negoziale. 

Ciò sta a significare che le norme che disciplinano i tassi dei buoni di nuova emissione non hanno portata cogente; esse soccombono, infatti, a fronte di pattuizioni di diverso tenore. 

L’inattuabilità di una sostituzione della misura degli interessi convenuti contrattualmente non esclude, tuttavia, che la disciplina del buono di nuova emissione di una determinata serie, che sia carente di alcune indicazioni quanto ai rendimenti, possa essere integrato dalle previsioni normative che disciplinano i tassi dei titoli appartenenti a quella stessa serie. Si allude all’integrazione suppletiva del negozio, riconducibile alla previsione dell’art. 1374 c.c., attraverso cui il contenuto del rapporto viene determinato in mancanza di una diversa volontà delle parti: non quindi all’integrazione cogente, operante allorquando la regolamentazione normativa si sovrappone alla diversa volontà delle parti.r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini L’integrazione opera, naturalmente, avendo riguardo alle prescrizioni del provvedimento ministeriale: ma è indubbio che, quale che sia la natura di tale atto, venga in questione una integrazione ad opera della legge, visto che il d.m. 13 giugno 1986 ripete la sua autorità dall’art. 173, comma 1, d.P.R. n. 156/1973, il quale abilita l’autorità ministeriale a fissare il saggio d'interesse dei buoni postali fruttiferi (cfr., in motivazione, se pure nella diversa prospettiva della sostituzione di clausole nulle, le citt. Cass. 10 febbraio 2022, n. 4384, Cass. 14 febbraio 2022, n. 4748, Cass. 14 febbraio 2022, n. 4751 e Cass. 14 febbraio 2022, n. 4763). Con ciò resta superata anche la censura, di cui al terzo motivo, fondata sull’assenza di terzietà del soggetto da cui promana la norma integrativa del contratto (censura da disattendersi, del resto, alla luce dell’ulteriore rilievo per cui l’inserzione dei tassi fissati per decreto ministeriale è espressamente contemplata dal comma 3 dell’art. 173 cit.). 

Una integrazione suppletiva, e non cogente, si giustifica, con riguardo ai buoni, in quanto, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite del 2007, le previsioni dei decreti ministeriali non prevalgono sul contenuto dell’accordo (salvo il caso, che qui non interessa, dello ius variandi operante con riguardo ai tassi in un momento successivo all’emissione dei buoni): onde le dette previsioni hanno natura dispositiva. L’integrazione trova, poi, una propria concreta ragion d’essere, in fattispecie quale quella in esame, stante la mancanza, nel senso sopra chiarito, di un’apposita regolamentazione di una parte dei rendimenti del buono trentennale: va qui rammentata la giurisprudenza di questa Corte secondo cui il presupposto dell'integrazione di cui all'art. 1374 c.c. è proprio l'incompleta o r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini ambigua espressione della volontà dei contraenti (così Cass. 21 marzo 2014, n. 6747; cfr. pure, in tema: Cass. 14 giugno 2002, n. 8577; Cass. 17 giugno 1994, n. 5862; Cass. 14 marzo 1983, n. 1884). Questo processo di completamento della disciplina del titolo non trova ostacolo nella previsione dell’art. 173, comma 3, d.P.R. n. 156/1973, secondo cui gli interessi vengono corrisposti «sulla base della tabella riportata a tergo dei buoni». 

La disposizione preserva l’affidamento del risparmiatore su quanto trascritto nei buoni da lui acquistati, confermando che quanto ivi enunciato prevale sul difforme dettato del decreto ministeriale che fissa i rendimenti; appare invece irragionevole e contrario a una interpretazione della norma che sia rispettosa dell’art. 47 Cost., sulla tutela del risparmio, ritenere che, a fronte di una lacuna del titolo nella determinazione dei tassi per un dato periodo, la regolamentazione posta dal detto decreto resti inoperante e nulla sia conseguentemente dovuto, per quell’arco temporale, al risparmiatore. Sintomaticamente, nemmeno Poste Italiane ha sostenuto ciò nel presente giudizio. In conclusione, se pure deve escludersi che i saggi di interesse fissati con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, si sostituiscano ai rendimenti figuranti sul buono di nuova emissione, non vi è motivo di negare che quegli stessi saggi di interesse ― aventi «effetto per i buoni di nuova serie», a norma dell’art. 173, comma 1, d.P.R. n. 156/1973 ― possano completare, attraverso un procedimento di eterointegrazione, il regolamento contrattuale che nulla disponga quanto ai rendimenti dei titoli di quella serie riferiti a un dato periodo.r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini Vanno, dunque, affermati i seguentiprincìpi di diritto: «Poiché l’interpretazione del testo contrattuale deve raccordare il ‘senso letterale delle parole’ alla dichiarazione negoziale nel suo complesso, non potendola limitare a una parte soltanto di essa, l’indicazione, per i buoni postali della serie ‘Q/P’, di rendimenti relativi alla serie ‘P’ per l’ultimo periodo di fruttuosità del titolo non è in sé decisivo sul piano interpretativo, in presenza della stampigliatura, sul buono, di una tabella sostitutiva di quella della serie ‘P’, in cui erano inseriti i detti rendimenti: tanto più ove si consideri che la tabella in questione adotta una modalità di rappresentazione degli interessi promessi che risulta eccentrica rispetto a quella di cui alla precedente tabella, così da rendere evidente l’assenza di continuità tra le diverse previsioni. «In presenza di una incompleta o ambigua espressione della volontà delle parti quanto ai rendimenti del buono postale di nuova emissione rientrante nella previsione dell’art. 173 d.P.R. n. 156/1973, opera una integrazione suppletiva che consente di associare al titolo i tassi contemplati, per la serie che interessa, dal decreto ministeriale richiamato dal primo comma del detto articolo». 3.Le precitate considerazioni conducono all’accoglimento del ricorso principale e al rigetto del ricorso incidentale , che lamenta: a)«- 1 Motivo ) Violazione e falsa applicazione dell’art. 173 DPR 156/1973, e dei principi contenuti nella sentenza della Corte di cassazione a SS. UU. n . 3963/2019 (ex art. 360 , c . 1, n. 3 r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini c.p.c.)», deducendosil'erroneità della sentenza impugnata per aver ritenuto che il dm del giugno 1986 fosse idoneo a modificarele condizioni apposte sui buoni pattuite tra le parti al momento dell’emissione dei 19 titoli in epoca precedente alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale. Il motivo è infondato, alla luce delle argomentazioni giuridiche espresse nel citato leading case Varuolo. b) Il secondo motivo del ricorso incidentale lamenta: « - 2 Motivo) Violazione e falsa applicazione dei doveri informativi gravanti in capo a Poste Italiane all'atto del collocamento del buono postale fruttifero e, ancora successivamente, a seguito della pubblicazione del DM 13/06/1986 con conseguente diritto della controricorrente incidentale al risarcimento del danno (ex art. 360, c. 1, n. 3 c.p.c.)», deducendosi l'erroneità della sentenza impugnata per non aver risarcito il danno subito dalla risparmiatrice per effetto del grave e palese inadempimento di Poste Italiane ai propri doveri informativi , avendo omesso qualsivoglia indicazione in merito alla possibilità che il rendimento dei buoni postali per cui è causa potesse essere soggetto a variazioni in corso di rapporto,con ciò violando anche il dovere generale di buona fede. Il motivo è inammissibile. Le conclusioni dell ’ odierna ricorrente incidentale, e allora appellanteincidentale, riportate alle pagine 2 e 3 della sentenza impugnata non riportano alcun riferimento all’avvenuta formulazione di una domanda di risarcimento del danno. Ne consegue che il motivo deve ritenersi nuovo in questa fase, in assenza di qualsivoglia dimostrazione dell’avvenuta formulazione di tale domanda nell a fas e di merito , che era onere r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini della ricorrente dedurre speci ficamente , e come tale inammissibile. c) Il terzo motivo lamenta: «- 3 Motivo ) Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 L. 2248/1865 All. E per la disapplicazione del D.M. 13.6.1986 (ex art. 360 , c . 1, n. 3 c.p.c.)», deducendo si che, in ogni caso , il giudice ordinario avrebbe il potere di disapplicare il decreto ministeriale indicato, in quanto illegittimo poiché privo di motivazione. La questione, da intrepretarsi come un sollecito all’utilizzo da parte di questa Corte del proprio po tere di disapplicazione degli atti amministrativi, è infondata. Il decreto ministeriale del 13 giugno 1986, al pari degli altri che si sono succeduti in applicazione dell’art. 173 del codice postale, è stato correttamente considerato come un atto amministrativo generale e astratto: si è ritenuto in sostanza che esso, in quanto espressamente attuativo di una delega normativa contenuta in una norma di rango primario , mutuasse dalla fonte legittimante le caratteristiche di generalità e astrattezza e che, per la sua opponibilità ai privati, necessitasse della sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Si aggiunga che, sul tema, questa Corte, assai di recente (Cass. n. 8883/2020 ; id. n. 29240/2021 ; id. n. 7872/2022; id. n. 35102/2022 ), ha statuito, analizzando l’analoga questione di interpretazione della conoscibilità degli atti amministrativi di carattere generale, che i decreti ministeriali pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, con i quali viene effettuata la rilevazione trimestrale dei tassi effettivi globali medi, indispensabili alla concreta individuazione dei tassi soglia di riferimento dell’usura , in virtù del rinvio operato dall'art. 2 l. n. 108 del 1996, costituiscono atti amministrativi di carattere generale ed astratto, oltre che innovativo, e quindi normativo, r.g. n. 09685/2021 Cons. est. Paolo Fraulini perché completano i precetti di rango primario in materia di usura, inserendo una normativa di dettaglio e che , per tale ragione, tali decreti vanno considerati alla stregua di vere e proprie fonti integrative del diritto, che il giudice deve conoscere a prescindere dalle allegazioni delle parti, in base al principio iura novit curia, sancito dall'art. 113 c.p.c. Analoga valutazione può farsi per i decreti ministeriali di variazione dei tassi dei buoni fruttiferi postali, anch’essi atti amministrativi di carattere generale, da considerarsi fon t i integrative della legge, e, per t a n to, conoscibili per la solo loro pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. 

4. In accoglimento del ricorso principale, l a sentenza va dunque cassata e le parti rinviate alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che provvederà a rinnovare il giudizio secondo i principi sopra esposti e a regolare le spese della presente fase di legittimità. 

5. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 - quater del d.P.R. n. 115 del 2002, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale , a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto (Cass. S.U., n. 4315 del 20 febbraio 2020). 

P.Q.M. 

La Corte accoglie il ricorso principale nei sensi di cui in motivazione; rigetta il ricorso incidentale ; cassa la sentenza impugnata e rinvia le parti innanzi Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, che provvederà anche a regolare presente fase di legittimità; ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 1° giugno

Roma

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