domenica 25 febbraio 2024

Medico responsabile se non prevede tutti i controlli necessari per una corretta diagnosi

Il medico è penalmente responsabile se non dispone tutti i controlli necessari al fine di accertare il reale stato del paziente e formulare la diagnosi più adattata per prevedere la cura necessaria.

La Suprema Corte ha affermato tale principio secondo il quale il medico risponde penalmente anche nel caso in cui commetta un errore nel non richiedere tutte le indagini più idonee per prevedere la soluzione medica più corretta.

In altri termini, l'errore nella diagnosi non si ha soltanto nel caso di valutazione sbagliata, ma anche laddove il sanitario ometta di richiedere od eseguire tutte le analisi idonee per arrivare al giudizio idoneo in favore del paziente.

La colpa professionale deriva, quindi, anche da carenza nell'anamnesi e nelle successive indagini e controlli, ossia le fasi preliminari finalizzate a delineare il quadro clinico e determinarsi nella diagnosi.

Di seguito, la sentenza della Corte di Cassazione

                                            Corte di Cassazione sent. n. 15786/2023

– Responsabilità medica –

SENTENZA sul ricorso proposto da: A.A., nato a (Omissis); B.B., nato a (Omissis); avverso la sentenza del 28/10/2021 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA DAWAN; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore FRANCESCA CERONI che ha concluso chiedendo.

Il Procuratore Generale conclude per l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata per B.B. e per il rigetto del ricorso per A.A.. udito il difensore.

In difesa della parte civile C.C. è presente l'avvocato NARDELLI CIRO, del foro di FOGGIA, che conclude per la conferma della sentenza impugnata come da conclusioni e nota spese depositate in udienza.

E' presente per l'avvocato SARACINO NICOLA del foro di FOGGIA, difensore di A.A., il sostituto processuale avvocato De Rossi Francesca del foro di Roma, come da nomina ex art. 102 c.p.p. depositata in udienza che insistendo nei motivi di ricorso ne chiede l'integrale accoglimento.

E' presente l'avvocato DE MICHELE ANTONIO del foro di LARINO, in difesa di B.B. il quale, evidenziando i punti principali del ricorso, chiede l'annullamento della sentenza impugnata.

Svolgimento del processo

1. La Corte di appello di Campobasso, in riforma della sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste emessa in data 02/07/2020 dal Tribunale di Larino nei confronti di A.A. e B.B., appellata dalla parte civile, passata in giudicato agli effetti penali, affermata la responsabilità civile dei predetti, li ha condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile C.C. - da liquidarsi in separata sede - nonché alla rifusione delle spese di costituzione e difesa per il doppio grado di giudizio, confermando nel resto la sentenza impugnata.

2. Gli imputati erano stati chiamati a rispondere del reato di cui agli artt. 113 e 589 c.p. perchè, con condotta colposa, per imprudenza, negligenza e imperizia, cagionavano la morte di D.D., avvenuta per "Insufficienza cardio circolatoria in soggetto sottoposto ad intervento di riparazione aortica a cielo aperto per rottura di aneurisma dell'aorta addominale", in (Omissis) il (Omissis). In particolare, il primo, nella qualità di medico in servizio presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale di (Omissis), e la seconda nella qualità di cardiologa presso il suddetto Ospedale, non si attenevano, nello svolgimento della propria attività, alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica; omettevano di effettuare una corretta diagnosi e una corretta valutazione del quadro clinico manifestatosi in relazione alla sintomatologia accusata dal paziente sul lato sinistro dell'addome ("Dolore addominale in ipocondrio lato sinistro"), in occasione del primo accesso in data 23/06/(Omissis) presso l'Ospedale di (Omissis), paziente che veniva dimesso con la diagnosi di "Ipertensione arteriosa", senza effettuare un ulteriore approfondimento diagnostico idoneo a rilevare la presenza di un aneurisma letale (situazione poi correttamente accertata in occasione del secondo accesso in data 27/06/(Omissis) presso il medesimo nosocomio, la quale ha comportato la necessità di un trasferimento di urgenza presso l'Ospedale di (Omissis), struttura idonea per le cure del caso). Nell'editto accusatorio veniva altresì evidenziato che le condotte omissive sopra descritte, laddove adeguatamente tenute, avrebbero determinato una corretta diagnosi ed evitato l'evento morte, così come verificatosi, ovvero determinato un evento morte diverso o comunque differito nel tempo.

3. Il Giudice di primo grado aveva condiviso le conclusioni cui erano pervenuti i periti E.E. e F.F. i quali, nell'affermare la correttezza della condotta dei sanitari che ebbero in cura il C.C. dal giorno 27 giugno (Omissis) fino al decesso, concludevano come segue: la morte era attribuibile ad insufficienza cardiocircolatoria in soggetto sottoposto ad intervento di riparazione aortica a cielo aperto per rottura di aneurisma dell'aorta addominale, affetto da ipertensione arteriosa, miocardiosclerosi e portatore di bioprotesi valvolare aortica; i sanitari che ebbero in cura il C.C. durante il ricovero presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale di (Omissis), in data 23 giugno (Omissis), nello svolgimento della propria attività non si attennero alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, omettendo l'esecuzione di un esame obiettivo completo e di approfondimenti diagnostici indispensabili al raggiungimento di una corretta diagnosi; non era possibile assumere, con ragionevole certezza, oltre ogni ragionevole dubbio, che una diagnosi correttamente impostata al momento del primo ricovero in data 23 giugno (Omissis), e un eventuale trattamento chirurgico in elezione, avrebbero evitato, ogni oltre ragionevole dubbio, il decesso del C.C.; si poteva offrire, tuttavia, il tasso percentualistico di mortalità post-operatoria per il tipo di intervento in elezione (3-7%) richiesto nel caso de quo, percentuale considerevolmente più bassa rispetto a quella con aneurisma rotto, che è molto elevato e cresce con l'aumentare dell'età e della presenza di comorbità, ed è pari a circa 48-72% nei pazienti con età superiore ai 75 anni. Pur riconoscendo l'errore diagnostico, la pronuncia assolutoria motivava rimarcando l'impossibilità di discostarsi dai risultati raggiunti dai periti se non con argomentazioni idonee a scardinare le loro conclusioni, che apparendo logiche e coerenti con il quadro clinico del paziente, non potevano essere poste in dubbio nemmeno dai consulenti delle difese.

4. La Corte di appello, nell'affermare la responsabilità degli imputati per i fatti in rubrica, sottolineava in primo luogo come non fosse mai stato messo in discussione dai periti l'evidente errore diagnostico compiuto sia dal A.A. che dalla B.B. nella superficiale diagnosi effettuata sul D.D. in data 23/6/(Omissis), tanto che anche il Tribunale ne aveva pacificamente dato atto, avendo i sanitari omesso sia l'esame obiettivo con palpazione sia ogni altro esame diagnostico, pur a fronte di un'osservazione del paziente che richiedeva un approfondimento; considerava che - in base ai differenti tassi di mortalità in caso di intervento di riparazione di aneurisma intatto ovvero per un'operazione non in elezione, e cioè per libera scelta diagnostica, ma anche con aneurisma rotto, come nel caso di specie - nel C.C. la percentuale di riuscita dell'intervento di riparazione dell'aneurisma in elezione avrebbe sfiorato il 60%; riteneva dunque del tutto contraddittorie e comunque riguardanti una questione strettamente giuridica sulla quale i periti non dovevano pronunciarsi (non avendone le specifiche competenze) le conclusioni nelle quali si richiamava da parte degli esperti il principio di diritto "dell'oltre ogni ragionevole dubbio". Aveva dunque errato il primo giudice laddove aveva pedissequamente riproposto in sentenza le conclusioni dei periti del Gip senza criticamente vagliarle. La Corte di (Omissis) ricordava, quindi, il principio di diritto enunciato dalla nota sentenza "Franzese" in tema di nesso causale nei reati omissivi impropri, secondo cui il nesso di causalità deve ritenersi accertato e sussistente, appunto, oltre ogni ragionevole dubbio, tutte quelle volte in cui con alto grado di credibilità razionale o probabilità logica, dalla diagnosi omessa o dall'intervento terapeutico non effettuato o male effettuato, sarebbe potuta derivare non solo la salvezza della vita del paziente, ma anche una attenuazione del danno prodotto dalla patologia con conseguente ritardo dell'evento morte. Affermava di conseguenza che nella fattispecie a giudizio, proprio sulla base delle conclusioni dei periti del Gip, adeguatamente supportate anche dal perito della parte civile Antico, era ragionevole inferire che l'evento morte avrebbe avuto diverse modalità di verifica e differenti e più estesi tempi di sopravvivenza, qualora in data 23/6/(Omissis) i due odierni imputati avessero praticato una corretta diagnosi come pacificamente emerso dall'intera istruzione dibattimentale svolta. La correttezza della diagnosi - prosegue la Corte di merito - avrebbe infatti avuto un elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica di salvare la vita del paziente, ovvero anche solo di ritardare l'evento morte e limitare le conseguenze dannose della patologia, il che equivale a dire che tra l'errore diagnostico commesso e l'evento morte sussiste un chiaro nesso di causalità sotto il profilo giuridico, prima ancora che fattuale.

5. Avverso la sentenza di appello ricorrono gli imputati, con distinti atti e per il tramite dei rispettivi difensori.

6. Il ricorso di B.B. si fonda su tre motivi con cui si deducono:

6.1. Inosservanza dell'art. 581, comma 1, lett. a), per non avere la Corte territoriale dichiarato l'inammissibilità dei motivi proposti dalla parte civile appellante, la quale, secondo lo stesso assunto della sentenza impugnata, con l'atto di gravame non ha esattamente indicato i punti della sentenza che impugnava, pur invocando la riforma integrale della sentenza con affermazione di reità degli imputati, cui far conseguire l'obbligo al risarcimento del danno. La Corte di appello si è limitata ad una generica ricostruzione dei fatti, senza tener conto delle specifiche condotte degli imputati, rispetto all'efficienza causale del ruolo di ciascuno di essi.

6.2. Violazione dell'art. 603, comma 3-bis, c.p.p. per non avere la Corte di merito disposto la rinnovazione istruttoria, nonostante abbia fondato la propria decisione sulle prove dichiarative, rappresentate dalla deposizione della parte civile, C.C., e dalle dichiarazioni dei medici sentiti in sede di incidente probatorio e in dibattimento.

6.3. Carenza e manifesta e logicità della motivazione con riguardo alla ipotizzata cooperazione colposa di cui all'art. 113 c.p., presupponendo, in conseguenza, l'esistenza di un legame psicologico tra le condotte di due imputati. Così facendo, non ha tenuto conto delle distinte posizioni: la dottoressa B.B., visitato il paziente aveva rilevato l'algia addominale, dandone atto e disponendo il ritorno del paziente al Pronto Soccorso.

7. Il ricorso di A.A. consta di un unico, articolato, motivo con cui si deduce violazione di legge, mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, nonchè insussistenza del nesso causale tra la condotta dell'imputato e la morte di D.D., con riguardo all'affermazione della responsabilità civile. Il ricorrente precisa che, al momento del secondo accesso in Ospedale l'aneurisma non era ancora rotto e che le gravi patologie da cui era affetto il paziente hanno comportato l'inevitabilità del decesso, anche se lo stesso fosse stato operato in elezione il 23/06/(Omissis), durante il primo accesso al Pronto Soccorso dell'Ospedale di (Omissis), stante l'imprevedibilità della patologia aneurismatica e della comorbidità di cui il C.C. era portatore.

8. In data 15/11/2022, sono pervenuti motivi nuovi a firma dell'avv. Saracino Nicola, difensore del A.A..

9. Il 22/11/22 è pervenuta memoria, corredata di allegati, della parte civile, a firma del patrono avv. Nardelli Ciro. 

Motivi della decisione

1. I ricorsi sono inammissibili.

2. Con il primo motivo la B.B. ripropone l'eccezione di inammissibilità dell'appello della parte civile, già formulata in sede di gravame, che la Corte territoriale ha respinto con argomentazioni non censurabili, avendo ricordato come non possa dirsi generico l'atto di appello qualora confuti in modo preciso e dettagliato tutto il contenuto motivazionale della sentenza di primo grado, pur se non contenga esattamente l'elenco delle statuizioni impugnate.

In particolare, per la parte civile, si è ritenuto che l'impugnazione avverso la sentenza di proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, è ammissibile anche quando non contenga l'espressa indicazione che l'atto è proposto ai soli effetti civili (Sez. U, n. 6509 del 20/12/2012, dep. 2013, PC in proc. Colucci e altri, Rv. 254130 - 01) e che, in ogni caso, la specificità che deve caratterizzare i motivi di appello deve essere intesa alla luce del principio del favor impugnationis in virtù del quale, in sede di appello, l'esigenza di specificità dei motivi di gravame ben può essere intesa e valutata con minore rigore rispetto al giudizio di legittimità, esigendosi unicamente che le doglianze non siano scollegate dagli accertamenti indicati nella sentenza di primo grado e si confrontino con essi.

Tanto è avvenuto nel caso di specie, come ben affermato dalla Corte di Campobasso.

Con il secondo motivo, la ricorrente si duole della riforma della sentenza assolutoria, pur se ai soli fini della responsabilità civile, nonostante la mancata rinnovazione della prova dichiarativa in appello, costituita in particolare dalle dichiarazioni dei periti.

Come è noto, questa Corte, pronunciando a Sezioni Unite, ha affermato la necessità della rinnovazione istruttoria della prova dichiarativa decisiva anche in caso di appello della parte civile (Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021, Cremonini Caudio, Rv. 281228 - 02). Nel caso di specie, tuttavia, deve essere rimarcato come la Corte territoriale sia pervenuta all'affermazione della responsabilità degli imputati ai fini civili senza rivalutare nel merito il compendio istruttorio, bensì correggendo l'errore di diritto in cui era incorso il giudice di primo grado laddove aveva escluso il nesso di causalità tra la condotta omissiva dei medici, odierni imputati, e il decesso del D.D..

Anche tale motivo è perciò palesemente infondato.

3. Possono essere a questo punto analizzati congiuntamente i motivi degli odierni ricorsi che contestano il ragionamento sviluppato nella sentenza impugnata circa la condotta gravemente colposa attribuita ai sanitari che presso l'Ospedale di (Omissis) presero in cura il paziente il 23 giugno (Omissis), omettendo entrambi, nelle rispettive qualità contestate nell'editto accusatorio, di approfondire la situazione clinica del paziente e di formulare la corretta diagnosi. Tanto è sufficiente per ritenere la cooperazione colposa, ciascun medico essendo consapevole della condotta dell'altro.

Per il resto le doglianze dei ricorrenti si risolvono in deduzioni di mero fatto, non proponibili in sede di legittimità, a fronte peraltro di una esposizione, da parte della Corte di merito, assai chiara e dettagliata dell'intera vicenda con particolare attenzione al parere scientifico formulato dagli esperti.

Indiscutibile, si è più volte ricordato, l'errore diagnostico e le conseguenti errate condotte omissive. Sul punto le sentenze di merito sono assolutamente conformi.

La Corte territoriale è pervenuta ad una decisione difforme rispetto a quella del primo giudice per aver correttamente applicato i principi della sentenza "Franzese", cui nel tempo si sono uniformate le sezioni semplici di questa Corte di legittimità. Va, del resto, riaffermato che, in tema di colpa professionale medica, l'errore diagnostico si configura non solo quando, in presenza di uno o più sintomi di una malattia, non si riesca ad inquadrare il caso clinico in una patologia nota alla scienza o si addivenga ad un inquadramento erroneo, ma anche quando si ometta di eseguire o disporre controlli ed accertamenti doverosi ai fini di una corretta formulazione della diagnosi (Sez. 4, n. 23252 del 21/02/2019, Leuzzi Raffaelangelo, Rv. 276365 - 01); e che risponde di omicidio colposo per imperizia, nell'accertamento della malattia, e per negligenza, per l'omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benchè posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente (Sez. 4, n. 26906 del 15/05/2019, Hijazi Daniel alias.... Rv. 276341 - 01. Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico che, visitando un paziente che riferiva dolori addominali alla fossa iliaca sinistra, aveva proceduto solo ad un esame obiettivo, limitandosi agli accertamenti strumentali di base, con somministrazione di terapia medica per via endovenosa a mero scopo analgesico e dimissioni, senza considerare l'ipotesi di aneurisma aortico, riscontrabile con una semplice ecografia).

4. Conclusivamente i ricorsi vanno dichiarati inammissibili e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, oltre che alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile per questo giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo. 

P.Q.M. 

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende. Condanna inoltre i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile C.C. che liquida in complessivi Euro 3.000,00, oltre accessori di legge.

Conclusione Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2022. Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2023 

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