La sentenza che proponiamo di seguito affronta un argomento delicato, già trattato con nostri precedenti interventi, ma che vede una nuova interpretazione a seguito della recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (per maggiori informazioni o aiuto, scrivi a sos@consumatoreinformato.it).
Stiamo parlando della rinuncia abdicativa della proprietà, atto unilaterale che è oggetto di ripetute discussioni, in quanto contrastato dallo Stato in particolare laddove non tratti immobili pericolanti o per i quali sono richiesti importanti opere di restauro.
a.- La rinuncia abdicativa ad un diritto reale
Si tratta di un atto con cui il proprietario decide volontariamente di non essere più titolare di un bene immobile (una casa, un terreno, una multiproprietà ecc.), senza che lo stesso sia trasferito a qualcun altro (anche allo Stato) e senza ricevere nulla in cambio.
In termini più semplici non siamo di fronte ad una vendita, né ad una donazione o una cessione, ma una dichiarazione unilaterale (“rinuncio alla mia proprietà”) che comporta la perdita del diritto di proprietà.
Il diritto rinunciato può accrescere il diritto degli altri proprietari, nel caso di multiproprietà, o quello dello Stato nel caso di proprietà piena.
Caratteristiche principali
⇒ Atto unilaterale: lo decide solo il proprietario, non serve un accordo con altri.
⇒ Non recettizio: non deve essere comunicato a un destinatario specifico (diverso, ad esempio, da una donazione che richiede l’accettazione).
⇒ Non traslativo: non si trasferisce la proprietà a un’altra persona privata, ma si “abbandona” il bene.
⇒ Forma scritta: deve essere fatto con atto notarile o scrittura privata autenticata, perché riguarda un immobile.
⇒ Trascrizione: deve essere registrato nei registri immobiliari per avere effetto verso terzi.
b.- La vicenda
La questione arrivata davanti alla Corte di Cassazione riguarda dei proprietari decisi a rinunciare formalmente alla proprietà di terreni in zone franose e a rischio idrogeologico, quindi inutilizzabili e pieni di oneri.
I proprietari si recano dal notaio e dichiarano di voler rinunciare alla proprietà, con atto di rinuncia che comporta il trasferimento del bene immobile allo Stato.
Quest'ultimo, attraverso il Ministero dell'Economia e l'Agenzia delle Entrate (Ufficio del Demanio) si è opposto , sostenendo che questa “rinuncia abdicativa” non è prevista dalla legge e serve solo a scaricare costi e responsabilità sulla collettività.
In termini più semplici, l'opposizione dello Stato sosteneva che l’ordinamento non ammette un simile negozio abdicativo, o comunque che l’atto notarile debba essere considerato illecito/immeritevole perché volto a riversare sulla collettività i costi e le responsabilità connessi ai beni.
Le questioni a cui viene chiamata a decidere la Cassazione è se il nostro ordinamento preveda, e consideri ammissibile, la rinuncia abdicativa alla proprietà immobiliare (negozio unilaterale, non recettizio, non traslativo); e quale sia l’estensione del controllo giudiziale su tale atto (meritevolezza, liceità, abuso del diritto) e se possa arrivare alla dichiarazione della sua nullità.
c. - Cassazione Sezioni Unite sentenza n. 20393/2025
La Suprema Corte risolve le questioni operando, in primo luogo, una ricostruzione dell'istituto della rinuncia abdicativa, delineandone i caratteri fondamentali.
In seguito, affronta la prima delle due questioni, ossia se il nostro sistema giuridico possa prevedere la possibilità del proprietario di spogliarsi del bene immobile attraverso un atto unilaterale.
Il Giudice di legittimità ritiene che il proprietario sia legittimato alla rinuncia della proprietà, con conseguente acquisizione a titolo originario da parte dello Stato, così come previsto dall'art. 832 c.c..
Tale istituto è previsto nel nostro ordinamento e non può essere negato a colui che legittimamente intenda farne uso, con la conseguenza che gli effetti del negozio unilaterale non recettizio possono produrre gli effetti sugli altri proprietari o, in ultima istanza, verso lo Stato.
E quest'ultimo non può contestare la nullità o l'inammissibilità dell'atto di rinuncia contestandone l'assenza di oggetto o per illiceità della causa.
Sotto altro profilo, dando riscontro alla seconda questione sottoposta alla decisione, le Sezioni Unite hanno osservato che seppur un atto di rinuncia possa essere esplicativo di un fine egoistico, ciò non può giustificare l'utilizzo dell'istituto della nullità al fine di contrastare l'esercizio del legittimo atto da parte del proprietario.
La Corte conclude richiamando i due principi:
(1) "La rinuncia alla proprietà immobiliare è atto unilaterale e non recettizio, la cui funzione tipica è soltanto quella di dismettere il diritto, in quanto modalità di esercizio e di attuazione della facoltà di disporre della cosa accordata dall’art. 832 cod. civ., realizzatrice dell’interesse patrimoniale del titolare protetto dalla relazione assoluta di attribuzione, producendosi ex lege l’effetto riflesso dell’acquisto dello Stato a titolo originario, in forza dell’art. 827 cod. civ., quale conseguenza della situazione di fatto della vacanza del bene. Ne discende che la rinuncia alla proprietà immobiliare espressa dal titolare ‹‹trova causa››, e quindi anche riscontro della meritevolezza dell’interesse perseguito, in sé stessa, e non nell’adesione di un ‹‹altro contraente››.".
(2) "Allorché la rinuncia alla proprietà immobiliare, atto di esercizio del potere di disposizione patrimoniale del proprietario funzionalmente diretto alla perdita del diritto, appaia, non di meno, animata da un «fine egoistico», non può comprendersi tra i possibili margini di intervento del giudice un rilievo di nullità virtuale per contrasto con il precetto dell’art. 42, secondo comma, Cost., o di nullità per illiceità della causa o del motivo: ciò sia perché le limitazioni della proprietà, preordinate ad assicurarne la funzione sociale, devono essere stabilite dal legislatore, sia perché non può ricavarsi dall’art. 42, secondo comma, Cost., un dovere di essere e di restare proprietario per «motivi di interesse generale». Inoltre, esprimendo la rinuncia abdicativa alla proprietà di un immobile essenzialmente l’interesse negativo del proprietario a disfarsi delle titolarità del bene, non è configurabile un abuso di tale atto di esercizio della facoltà dominicale di disposizione diretto a concretizzare un interesse positivo diverso da quello che ne giustifica il riconoscimento e a raggiungere un risultato economico non meritato.".
Cassazione Sezioni Unite - sentenza n. 20393/2025
Diritto di rinuncia alla proprietà immobiliare - Cassazione Sezioni Unite n. 23093/2025 by Consumatore Informato
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