domenica 23 gennaio 2011

La malattia del contribuente, se non debitamente provata, non esclude l'applicazione dello studio di settore

La Cassazione ha respinto il ricorso presentato dal contribuente contro un avviso di accertamento con il quale l'Agenzia contestava degli omessi versamenti di imposte basando la propria richiesta in base al risultato emerso dall'applicazione dello studio di settore.
Il ricorrente aveva giustificato la differenza emersa tra il dato ipotetico (quello emerso dallo studio di settore) e quello reale (derivante dalla dichiarazione dei redditi) con un periodo di malattia dallo stesso sofferta e che gli avrebbe permesso di poter svolgere la propria attività.
I Giudici di legittimità hanno respinto le argomentazioni del ricorrente, in quanto quest'ultimo non avrebbe fornito sufficiente prova delle ragioni di esistenza dello scostamento, ovvero della minor capacità lavorativa, dovuta allo stato di malattia, e quindi del minor reddito dichiarato.




SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE



SEZIONE TRIBUTARIA

Sentenza, 17 settembre 2010, n. 19754

Svolgimento del processo
1. F.S. propone ricorso per cassazione, sulla base di tre motivi, avverso la sentenza della Commsione tributaria regionale del Lazio indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento dell'appello dell'Ufficio, è stata affermata la legittimità dell'avviso di accertamento emesso nei confronti del contribuente, geometra, per IVA ed IRPEF relative al 1996, in applicazione dei parametri di cui al D.P.C.M. del 29 gennaio 1996.
In particolare, il giudice a quo ha affermato che il contribuente "non ha presentato studi di settore a lui più favorevoli come da richiesta dell'Ufficio in data 23/01/01, non aderendo all'accertamento con adesione e presentando documentazione parziale ed insufficiente in fotocopia", ed è inoltre "sprovvisto di documentazione relativa alla prognosi dell'intervento chirurgico effettuato".
2. L'Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo, il ricorrente - denunciando "violazione o falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, e del D.P.C.M. 29 gennaio 1996, nonché del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), della L. n. 212 del 2000, art. 12, (Statuto del contribuente), nonché del principio della necessaria flessibilità degli strumenti presuntivi di accertamento del reddito ex art. 53 Cost."; "violazione o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c. e segg., per violazione dei principi regolanti la formazione della prova"; "omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione" - censura la sentenza impugnata per avere il giudice a quo affermato la legittimità dell'avviso di accertamento solo ed esclusivamente sulla base del risultato dell'applicazione automatica dei parametri, senza in alcun modo verificare e valutare la legittimità e l'attendibilità di tale metodo presuntivo in relazione alla situazione concreta del contribuente.
Con il secondo motivo - con il quale si denuncia la violazione o falsa applicazione, oltre che delle norme già indicate nel primo motivo, anche dell'art. 2697 c.c., e art. 115 c.p.c., per violazione del principio di non contestazione, e dell'art. 2719 c.c., nonché vizio di motivazione -, il ricorrente lamenta che il giudice a quo ha fondato la decisione sulla mancata adesione del contribuente all'accertamento e sul fatto che il contribuente medesimo, al fine di fornire la prova liberatoria, dovesse presentare studi di settore al lui favorevoli o, comunque, prove documentali (laddove detta prova può essere data con ogni mezzo, anche con presunzioni), ed ha, poi, violato il citato art. 2719 c.c., il quale dispone che le copie fotostatiche delle scritture hanno la stessa efficacia probatoria delle autentiche se la loro conformità all'originale non è espressamente disconosciuta.
Con il terzo motivo, infine - denunciando nuovamente la normativa sui parametri, nonché vizio di motivazione -, il F. deduce che la CTR non ha attribuito valore probatorio, al fine di accertare la sua ridotta capacità produttiva di reddito nel periodo in contestazione, al fatto storico - documentato e non contestato dall'Ufficio - costituito dall'intervento chirurgico da lui subito in quell'anno, di per sé sufficiente a dimostrare la diminuzione di tale capacità, a prescindere dalla produzione di un documento che attesti la prognosi.
2.1. Il ricorso, i cui tre motivi possono essere esaminati congiuntamente per stretta connessione, va complessivamente rigettato, anche se la motivazione della sentenza contiene alcune erronee affermazioni in diritto, non influenti sulla correttezza del dispositivo, e quindi soggette a correzione ai sensi dell'art. 384 c.p.c., comma 2.
2.2. In particolare, la sentenza - il cui contenuto essenziale è stato sopra riprodotto nella narrativa in fatto -, per un verso, non è conforme ad alcuni principi affermati dalle Sezioni unite di questa Corte nella sentenza n. 26635 del 2009, secondo i quali, per quanto qui rileva, nella procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri, l'esito del contraddittorio endoprocedimentale non condiziona la successiva fase contenziosa, nella quale il contribuente non è vincolato alle eccezioni in quella sede sollevate e dispone della più ampia facoltà di prova, incluso il ricorso a presunzioni semplici; per altro verso, viola l'art. 2719 c.c., che equipara l'efficacia probatoria delle copie fotostatiche a quella degli originali, in assenza di espresso disconoscimento della controparte.
2.3. Tuttavia, come già detto, tali errate affermazioni in diritto si rivelano sostanzialmente ininfluenti ed inidonee ad inficiare la complessiva correttezza della decisione.
Premesso, infatti, che nella specie è pacifico che l'invito al contraddittorio endoprocedimentale vi è stato (anche se non ha portato ad esito positivo), ciò che rileva è che il giudice a quo, contrariamente a quanto lamenta il ricorrente, non ha deciso in base all'applicazione automatica dei parametri, perché, sia pure in modo sintetico, ha valutato le prove fornite (anche in sede contenziosa) dal contribuente in ordine alla sua situazione concreta, ritenendo, da un lato, che la documentazione prodotta fosse "parziale e insufficiente", e rilevando, dall'altro, la mancanza della prova relativa alla prognosi dell'intervento chirurgico.
Quest'ultima circostanza, ad avviso del Collegio, riveste importanza decisiva, essendo evidente che, ai fini di stabilire l'incidenza di un tale evento sulla capacità produttiva di reddito, non rileva il fatto in sé, ma la durata della (eventuale) derivatane inabilità allo svolgimento della normale attività lavorativa.

3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

4. Il ricorrente va conseguentemente condannato alle spese del presente giudizio di cassazione, che si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.100,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

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