Questa settimana vi proponiamo una sentenza con la quale il Consiglio di Stato ha riaffermato il principio secondo il quale le associazioni di consumatori non possono accedere alla visione dei documenti dei propri associati presso un istituto di credito (o anche Bankitalia).
Il giudice amministrativo ha evidenziato l'assenza di un interesse diffuso generico e generalizzato che, secondo CODACONS, giustificherebbe tale accesso ai documenti da parte dell'associazione.
E' necessario, invece, che l'interesse sia determinato, specifico ed effettivo e si deve concretizzare in una concreta necessità di prendere conoscenza di atti che possono incidere in via diretta e immediata sugli interessi degli associati, ovvero quelli tutelati dall'associazione rappresentativa.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2440 del 2011, proposto da
Codacons - Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei consumatori, in
persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avv. Marco Ramadori, Carlo Rienzi, con domicilio eletto presso l'ufficio legale nazionale del Codacons in Roma, viale G. Mazzini, 73;
contro
Banca d'Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Baldassarre e Adriana Pavesi, con domicilio eletto presso l'Ufficio Legale della Banca d'Italia in Roma, via Nazionale, n. 91;
Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
M. s.p.a. in liquidazione, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA, SEZIONE III, n. 36843/2010, resa tra le parti, concernente DINIEGO DI ACCESSO AI DOCUMENTI RELATIVI AL PROCEDIMENTO DI CANCELLAZIONE DI UN OPERATORE DALL'ELENCO DEGLI INTERMEDIARI FINANZIARI
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Banca d'Italia e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 maggio 2011 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Ramadori e Pavesi;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio e recante il n.6546/2010, il CODACONS - Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei consumatori, nonché il sig. L. C. chiedevano l'accertamento dell'illegittimità del silenzio tenuto dalla Banca d'Italia e dal Ministero del Tesoro sull'istanza di accesso proposta al fine di ottenere l'ostensione agli atti dell'istruttoria svolta nei confronti dell'Istituto finanziario M. in relazione all'abusiva emissione di libretti di risparmio (il procedimento in questione era sfociato, nel corso del 2004, nell'adozione di un decreto ministeriale con cui era stata disposta la cancellazione della società in parola dall'elenco degli intermediari finanziari ai sensi dell'art. 106, D. Lgs. n. 385/1993.
L'appellante CODACONS afferma che l'accesso agli atti del procedimento risultava necessario al fine di acquisire il materiale probatorio atto a sostenere la richiesta in sede giudiziaria di risarcimento danni "per la proposizione della quale centinaia di investitori privati avevano chiesto l'intervento dell'associazione odierna appellante" (ricorso in appello, pag. 2).
In sede di ricorso il CODACONS aveva rappresentato che "centinaia di risparmiatori - tra cui l'odierno ricorrente - negli oltre quattro anni di durata delle indagini - dal maggio 2000 al settembre 2004 - depositavano i propri risparmi presso le agenzie di M. (e) acquisivano azioni ed obbligazioni" e che "gran parte di essi si rivolgevano al Codacons per vedere tutelati i propri diritti".
Con la sentenza oggetto del presente appello il Tribunale amministrativo dichiarava il ricorso improcedibile nei confronti del sig. L. C. (atteso che, nelle more della decisione, era stato a lui consentito l'accesso agli atti oggetto di ostensione), mentre lo dichiarava inammissibile in relazione alla posizione del CODACONS.
Al riguardo, il Tribunale amministrativo osservava che, pur avendo l'associazione appellante fondato la sussistenza della legittimazione e dell'interesse ad agire sull'incarico ricevuto "da centinaia di risparmiatori" di tutelare i loro interessi, non aveva tuttavia fornito alcuna dimostrazione circa il fatto di avere effettivamente ricevuto incarichi in tal senso.
Inoltre, il primo giudice escludeva che il CODACONS potesse vantare una autonoma legittimazione all'ostensione in quanto associazione dei consumatori, non avendo dimostrato l'esistenza di un interesse differenziato e qualificato all'esercizio della domanda di accesso.
La sentenza viene appellata dal CODACONS, il quale ne chiede la riforma articolando i seguenti motivi:
1) Quanto alla manata allegazione della prova del ricevuto conferimento di incarico da parte dei risparmiatori incisi dalla liquidazione di M.;
Il primo giudice ha erroneamente ritenuto determinante il mancato deposito delle procure da parte delle "centinaia di risparmiatori" rivolti al CODACONS in relazione alla vicenda.
Al contrario, andava compresa l'impossibilità di depositare le procure ad agire, dato che i documenti da cui emergevano ritardi e inerzie da parte degli orgai pubblici sono stati acquisiti solo dopo l'ostensione consentita dalla Banca d'Italia a seguito del primo ricorso.
Secondo l'appellante, quindi "le formali procure ad agire sono state acquisite solo dopo aver esaminato i documenti e dopo aver reputato fondata l'azione risarcitoria: di qui l'impossibilità di depositare le prefate procure nel primo grado di giudizio".
Ad ogni modo, il CODACONS osserva che nulla impedisca al giudice di ammettere nel grado di appello i documenti (procure ad lites), perché l'art 104 Cod. proc. amm. tempera il divieto di nova in appello qualora il Collegio ritenga l'acquisizione dei nuovi documenti indispensabile ai fini della decisione.
Ciò, in quanto "l'odierna appellante non era in grado - senza sua colpa - di produrre delle formali procure - né di riceverne peraltro - prima di stabilire se fosse o meno fondata l'ipotizzata azione risarcitoria".
2) Sul preteso carattere di azione popolare dell'istanza del Codacons e sulla pretesa necessità per lo stesso di agire solo per la generalità degli utenti e dei consumatori
Il primo giudice ha errato a ritenere la domanda ostensiva inammissibilmente volta all'acquisizione di atti organizzativi degli organi di vigilanza e che essa avesse carattere esplorativo.
Al contrario, la domanda era finalizzata ad acquisire gli atti relativi a uno specifico oggetto e a un individuato procedimento di vigilanza e controllo (relativo all'istruttoria svolta nei confronti dell'Istituto finanziario M.).
Ancora, la sentenza erroneamente ha ritenuto che l'azione statutaria del CODACONS era limitata alla tutela delle situazioni che incidano sugli interessi della globalità degli utenti e dei consumatori: siffatta interpretazione è inaccettabile in quanto finirebbe per limitare in drasticamente gli spazi di azione, e in assenza di un'effettiva ragione giustificatrice sistematica. E inoltre non tiene conto che le associazioni consumeristiche sono libere di agire (nel perseguimento delle finalità statutarie) operando una selezione e interpretazione di interessi e situazioni rappresentate e prospettate, decidendo se e in quali casi agire effettivamente a tutela delle posizioni giuridiche di volta in volta loro rappresentate.
Si costituivano in giudizio la Banca d'Italia e il Ministero dell'economia e delle finanze, i quali concludevano per la reiezione dell'appello, chiedendo l'integrale conferma della pronuncia di inammissibilità resa dal primo giudice.
Alla Camera di consiglio del giorno 31 maggio 2011 il ricorso veniva trattenuto in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dall'associazione CODACONS - Coordinamento delle associazioni e dei comitati di tutela dell'ambiente e dei consumatori - avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio con cui è stato dichiarato in parte improcedibile e in parte inammissibile (per i profili di interesse dell'associazione appellante) il ricorso proposto al fine di ottenere l'accesso agli atti con cui il Ministero dell'economia e delle finanze e la Banca d'Italia avevano disposto la cancellazione di una società dall'elenco degli intermediari finanziari ai sensi dell'art. 106 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385.
2. L'appello è infondato.
2.1. Il primo giudice ha negato la sussistenza in capo al CODACONS di un'autonoma legittimazione all'ostensione della documentazione relativa alla cancellazione del richiamato operatore finanziario dall'elenco di cui all'art. 106 D. Lgs. 385/1993, così come la sussistenza di un interesse differenziato e qualificato all'ostensione di che trattasi.
Il CODACONS ha contestato gli assunti posti a fondamento della gravata sentenza sia per ciò che attiene la propria legittimazione all'ostensione, sia per quanto concerne uno specifico interesse a tal fine.
2.2. Il Collegio ritiene di prescindere dall'esame della questione relativa all'esistenza di una puntuale legittimazione in capo al CODACONS all'accesso agli atti posti in essere dagli organi di controllo sull'attività bancaria e finanziaria incidenti sulle posizioni giuridiche di una pluralità di utenti, dovendosi in ogni caso concludere per la carenza, nel caso di specie, di un interessedifferenziato e qualificato alla richiesta ostensione.
Infatti, anche ad ammettere, in mera ipotesi, che l'associazione in questione (in quanto assumentesi come esponenziale degli interessi diffusi degli utenti di un servizio o dei destinatari di atti autoritativi) abbia astrattamente un titolo a richiedere l'accesso agli atti relativi all'esercizio di una determinata attività avente rilievo, non si può comunque ritenere che siffatta, assunta rappresentatività conferisca per ciò solo all'associazione un generalizzato e indifferenziato titolo per il diritto d'accesso nei confronti degli atti in cui l'esercizio delle richiamate attività si sia concretato.
Al contrario, è consolidato orientamento - corrispondente al generale principio del necessario interesse alla domanda giudiziale, espresso dall'art. 100 del CPC, e di cui l'art. 22, comma 1, lett. b) l. 6 agosto 1990, n. 241 come sostituito dall'art. 15, legge 11 febbraio 2005, n. 15, è qui specificazione quando qualifica legittimati all'accesso in qualità di "interessati""tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso" - che, dal momento che il diritto di accesso non corrisponde ad un'azione popolare, il suo esercizio non può che essere collegato alla sussistenza (e alla puntuale rappresentazione) di un interesse differenziato, concreto e attuale, all'accesso ai documenti.
Il diritto di accesso - per come è oggi configurato dalla legge n. 241 del 19990 - postula pur sempre un accertamento concreto dell'esistenza di un bisogno differenziato di conoscenza in capo a chi richiede i documenti, perché non è orientato ad un controllo generalizzato ed indiscriminato di chiunque sull'azione amministrativa (che è anzi espressamente vietato a norma dell'art. 24,comma 3), ma solo alla conoscenza da parte dei singoli titolari di atti effettivamente, o anche solo potenzialmente, incidenti su loro interessi particolari.
La pretesa titolarità (o la pretesa rappresentatività) di interessi collettivi o diffusi non vale a costituire un potere - comunque privato e perciò estraneo ai circuiti pubblici di rappresentatività e responsabilità - di ispezione generalizzata sulla pubblica amministrazione. Dunque non è qualità sufficiente a legittimare un generalizzato interesse alla conoscenza di qualsivoglia documento riferito all'attività di un gestore del servizio o dell'esercente una pubblica potestà. Occorre piuttosto che perché il principio di trasparenza operi verso l'esterno, anche per tali figure sia sostenuto da un effettivo, attuale e concreto interesse alla conoscenza di atti che incidono in via diretta e immediata (in quanto collegati alla prestazione o alla funzione svolta), e non già in via meramente ipotetica e riflessa, sugli interessi collettivi degli associati (cfr. Cons. Stato, VI, 9 febbraio 2009, n. 737; 25 settembre 2006, n. 5636; 10 febbraio 2006, n. 555).
È evidente perciò che grava sin dall'inizio in capo all'associazione che si assume rappresentativa, alla luce del generale principio dispositivo, un onere di individuazione e rappresentazione di siffatti specifici interessi su cui si basa l'istanza, e altresì che non si può ammettere che la domanda, se incompleta, inesatta o reticente, possa costituire oggetto di integrazioni o rettifiche.
Difatti, l'esatta rappresentazione dell'interesse all'accesso costituisce un'indefettibile ed originaria condizione per l'ammissibilità della domanda ostensiva, che è onere di chi presenta l'istanza dedurre e suffragare, e non è dato al giudice di poter riqualificare una domanda non correttamente rappresentata per ciò che attiene una tale essenziale qualità.
Nel caso presente, in sede di proposizione del primo ricorso, il CODACONS aveva riferito che l'interesse all'accesso le derivava dall'essere stata incaricata di tutelare gli interessi di "centinaia di risparmiatori", i quali erano stati pregiudicati dall'attività della società M..
Con il ricorso in appello il CODACONS ha poi espressamente confermato quanto desunto dal primo giudice, cioè che, al momento della presentazione del primo ricorso, nessun incarico di tutela era in realtà ancora stato conferito all'associazione. Al contrario, incarichi di tal genere (per espressa ammissione dello stesso CODACONS) sono stati rilasciati solo dopo la conclusione del primo grado di giudizio.
In base a queste circostanze in fatto, il Collegio ritiene che vada confermata l'inammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 25 ex legge 241/1990, stante l'insussistenza di un interesse ostensivo rappresentato al primo giudice, visto che al momento della presentazione della domanda di accesso, il CODACONS non aveva mostrato di vantare alcun giuridico interesse alla conoscenza degli atti relativi al procedimento di cancellazione della società M..
Nemmeno si può ritenere ammissibile una produzione postuma di procure ad lites nel presente grado di appello facendo leva sulla previsione dell'art. 104, comma 2, Cod. proc. amm. (secondo cui, nel giudizio amministrativo di appello "non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga indispensabili ai fini della decisione della causa, ovvero che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile").
Si osserva al riguardo:
- che l'appellante non può invocare una non imputabilità ad esso della mancata acquisizione delle procure ad lites, non avendo allegato alcun elemento in tal senso;
- che, più in generale, appare ormai dimostrato (per espressa ammissione della appellante) che le procure in questione non esistevano al momento della proposizione del primo ricorso: il che rende manifesta l'originaria carenza dell'interesse alla proposizione del ricorso per l'accesso. Nè è dato giungere a conclusioni diverse in relazione alla successiva acquisizione delle richiamate procure. Infatti, l'interesse al ricorso rappresenta una specifica condizione per l'azione ( art. 100 CPC) e perciò deve sussistere sin dall'introduzione del giudizio e permanere sino alla sua definizione a pena - nella prima ipotesi - di inammissibilità dello stesso. Appare chiaro, quindi, che la soluzione proposta dall'appellante postula un'inammissibile integrazione postuma di un presupposto o condizione ab origine radicalmente carente.
3. Per le ragioni sin qui esposte, l'appello in epigrafe va respinto.
Sussistono giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Cons. Stato Sez. VI, Sent., 06-10-2011, n. 5481
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