L'acquisto di una vettura usata presenta sempre vari rischi, primo fra tutti, che il precedente possessore abbia subito incidenti stradali idonei a causare problemi di funzionamento del mezzo.
Anche per la vendita di veicoli usati deve essere applicato il principio generale di buona fede del venditore, il quale deve segnalare all'acquirente precedenti incidenti che l'auto possa aver subito e gli eventuali difetti.
L'omessa informativa fornita dal venditore alla controparte rende quest'ultimo responsabile ai sensi dell'art. 1494 c.c. per i vizi della cosa, così come ribadito ancora di recente dalla Corte di Cassazione con la sentenza che vi proponiamo di seguito.
La Corte ha in particolare evidenziato che se l'acquirente del veicolo usato lamenta l'omessa comunicazione di incidenti e/o difetti da parte del venditore, quest'ultimo, al fine di escludere la propria responsabilità per il danno cagionato, deve dimostrare la sua ignoranza di tali circostanze "Ai fini della sussistenza dell'obbligazione
risarcitoria del venditore per i vizi del bene venduto non e' necessario,
pertanto, provare la sua mala fede, ma e' sufficiente che egli non riesca a
dimostrare di non aver potuto, senza colpa, averne conoscenza. Ora, nel caso di
specie, questa ignoranza colpevole da parte della ricorrente, come si' e' gia'
sottolineato in occasione dell'esame del primo motivo, non risulta dimostrata,
non avendo la parte nemmeno allegato elementi di fatto a sostegno, sicche'
proprio tale difetto di prova e' gia' sufficiente a giustificare, sul piano
giuridico, la soluzione accolta dal giudice di merito.".
In parole semplici, quando l'automobile presenta dei difetti evidenti, l'acquirente può lamentare questi difetti al venditore.
Quest'ultimo è responsabile per non aver comunicato i difetti, a meno che non dimostri che egli stesso, senza colpa, non aveva conoscenza dei difetti (o di eventuali danni conseguenti ad incidenti subiti dal veicolo).
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA
DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Ca. An. Ma. (OMESSO) rappresentata e difesa per procura in calce al ricorso dall'A.xxxx;
- ricorrente -
contro
Ge. Ma. e Pa. Pa. ;
- intimati -
avverso la sentenza n. xxx del Tribunale di Ascoli Piceno, depositata il 18 novembre 2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11 luglio 2011 dal consigliere relatore dott.xxx;
udite le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. xxx, che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Ge.
Ma. e Pa. Pa. , premesso di avere acquistato da Ca. An. Ma. un'autovettura usata
per il prezzo di lire 18.000.000 e di avere successivamente scoperto che la
stessa presentava vizi derivanti da un pregresso incidente, convennero dinanzi
al Giudice di pace di Ascoli Piceno la venditrice chiedendone la condanna al
risarcimento del danno.
La convenuta si oppose alla domanda, contro deducendo che l'autoveicolo aveva subito solo un piccolo incidente, che
era stato completamente riparato e non aveva determinato alcun
difetto.
Il giudice adito accolse la domanda degli attori e condannò la
convenuta al pagamento della somma di lire 4.400.00.
Interposto gravame,
con sentenza n. 698 del 18 novembre 2004 il Tribunale di Ascoli Piceno confermò
la decisione impugnata, rilevando che la venditrice doveva considerarsi
responsabile del danno subito dalla controparte per avere colpevolmente taciuto
la circostanza che l'autovettura avesse subito incidenti e che il danno era
stato correttamente quantificato, sulla base delle risultanze della consulenza
tecnica d'ufficio, nella differenza tra il valore effettivo dell'autoveicolo e
le somme sopportate dagli acquirenti, oltre un modesto rimborso omnicomprensivo
delle spese e dei disagi sopportati da questi ultimi.
Per la cassazione
di questa decisione, con atto notificato il 30 dicembre 2005, ricorre Ca. An.
Ma. , affidandosi a quattro motivi.
Gli intimati Ge. Ma. e Pa. Pa. non si
sono costituiti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso
denunzia "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. Omessa decisione
su punti essenziali della controversia (articolo 360, n. 5). Nullita' della
decisione per violazione dell'articolo 132 c.p.c., n. 4 e articolo 111 Cost.",
censurando la sentenza impugnata per non avere esaminato ne' essersi pronunciata
sulle eccezioni sollevate dalla convenuta e, in particolare, sulla sua deduzione
di avere ignorato senza colpa l'esistenza dei difetti lamentati dagli
acquirenti, circostanza questa che emergeva dalla espletata istruttoria, dalle
risultanze peritali e dalle stesse dichiarazioni di parte attrice e che, se
considerata, avrebbe dovuto portare il giudicante a respingere la domanda di
risarcimento del danno ex articolo 1494 c.c.. Ne' l'accoglimento di essa puo' farsi discendere
dall'affermazione "paragiuridica" del giudice di pace, secondo cui con il suo
comportamento la venditrice avrebbe garantito la mancanza di vizi della cosa,
poiche' in tal caso la sentenza del Tribunale sarebbe nulla per violazione della
corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Il motivo non merita
accoglimento.
La doglianza della ricorrente che contesta al giudice di
appello l'omessa considerazione di risultanze istruttorie, da cui, secondo il
suo assunto, emergerebbe la prova che la venditrice aveva ignorato senza colpa i
vizi della cosa, appare palesemente generica, non indicando il ricorso quali
elementi probatori in concreto il Tribunale avrebbe colpevolmente ignorato. E'
noto per contro che, nel giudizio di legittimita', per i principi di
specificita' dei motivi e di autosufficienza, il ricorrente per cassazione che
deduca l'omessa considerazione o erronea valutazione da parte del giudice di
merito di risultanze istruttorie ha l'onere di indicarne esattamente il
contenuto nonche' di riprodurre l'oggetto documenti e delle prove che si
assumono non esaminate, al fine di consentire alla Corte di valutare la
sussistenza e decisivita' delle stesse (Cass. n. 17915/2010; Cass. n. 18506/2006; Cass. n. 3004/2004). Costituisce diritto vivente di questa
Corte il principio che il ricorso per cassazione deve contenere in se' tutti gli
elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della
sentenza di merito e, altresi', a permettere la valutazione della fondatezza di
tali ragioni, senza la necessita' di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo
stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di
merito (Cass. n. 15952 del 1997; Cass. n. 14767 del 2007; Cass. n. 12362/2006).
In questi rilievi deve ritenersi
assorbita anche la censura con cui la ricorrente lamenta l'omesso esame della
sua tesi difensiva di avere ignorato senza colpa i vizi dell'autovettura, tenuto
conto che tale eccezione, come si e' detto, non e' sostenuta da alcun riscontro
probatorio, sicche' il suo omesso esame non puo' considerarsi decisivo (Cass. n.
2313 del 2010). In ogni caso la censura e' infondata atteso che il suo esame ed
il suo rigetto appaiono impliciti nella motivazione della sentenza impugnata,
che ha confermato la pronuncia di primo grado in forza della considerazione che
la venditrice doveva considerarsi responsabile per avere, contrariamente al
principio di buona fede contrattuale, colpevolmente taciuto agli acquirenti che
l'autovettura avesse subito pregressi incidenti.
Per le ragioni sopra
richiamate va dichiarata inammissibile anche l'ulteriore censura di omesso esame
da parte del giudice di merito delle altre eccezioni sollevate dall'appellante,
non indicando la ricorrente ne' l'oggetto di tali eccezioni ne' di averle
ritualmente sollevate in primo grado e quindi riprodotte in atto di appello.
Anzi, poiche' l'unico riferimento riguardo ad esse che si legge nel ricorso e'
alle eccezioni che la parte avrebbe sollevato nella comparsa conclusionale di
primo grado (pag. 4 del ricorso), non puo' non rilevarsi che esse appaiono
irritualmente introdotte in giudizio, atteso che la comparsa conclusionale e'
atto destinato ad illustrare le difese delle parti e non puo' contenere nuove
domande ed eccezioni (Cass. n. 2578/2006; Cass. 14250/2004). La sentenza di merito che non ha
provveduto al loro esame appare quindi corretta.
Il secondo motivo di
ricorso, che denunzia "Omessa e/o insufficiente motivazione. Omessa decisione su
punti essenziali della controversia (articolo 360, n. 5). Nullita' della
decisione per violazione dell'articolo 132 c.p.c., n. 4 e dell'articolo 111
Cost.", lamenta che il giudice di appello non abbia preso in considerazione le
risultanze testimoniali da cui emergeva che la venditrice non aveva mai avuto
cognizione dei difetti dell'autovettura ne' aveva mai confermato o garantito gli
acquirenti del fatto che essa non aveva mai subito incidenti. Il mezzo e'
inammissibile per difetto del requisito di autosufficienza sopra richiamato, non
riportando il ricorso le dichiarazioni testimoniali che sarebbero state
colpevolmente ignorate dal giudice di appello.
Il terzo motivo di ricorso
denunzia "Motivazione insufficiente e contraddittoria", censurando la sentenza
impugnata per avere, in modo semplicistico ed in contrasto con le risultanze
istruttorie e con la stessa prospettazione dei fatti fornita dagli attori,
affermato che la convenuta, negando l'esistenza di pregressi incidenti da parte
dell'autovettura, aveva adottato una condotta contraria a buona fede, laddove
tale circostanza non risultava provata in atti. Anche questo motivo e'
inammissibile.
La censura attacca l'affermazione del giudice di merito
secondo cui la convenuta avrebbe colpevolmente taciuto il fatto che
l'autovettura aveva subito un pregresso incidente. Si tratta, tuttavia, di un
accertamento non decisivo ai fini della conclusione che ha accolto la domanda di
risarcimento del danno degli attori, posto che invero non e' in discussione, non
risultando investito da alcuna censura, il fatto che l'autovettura, a causa
dell'incidente, presentasse dei difetti. La circostanza sopra riportata, pure
accertata dal giudice di merito, non e' decisiva in quanto la garanzia del
venditore per i vizi occulti della cosa e' un effetto naturale della vendita e
sussiste anche in mancanza di una espressa garanzia che la cosa sia esente da
vizi; tale garanzia comporta inoltre a carico del venditore anche l'obbligo di
risarcire il danno, a meno che egli non provi "di avere ignorato senza colpa i
vizi della cosa" (articolo 1494 c.c., comma 1). Ai fini della sussistenza dell'obbligazione
risarcitoria del venditore per i vizi del bene venduto non e' necessario,
pertanto, provare la sua mala fede, ma e' sufficiente che egli non riesca a
dimostrare di non aver potuto, senza colpa, averne conoscenza. Ora, nel caso di
specie, questa ignoranza colpevole da parte della ricorrente, come si' e' gia'
sottolineato in occasione dell'esame del primo motivo, non risulta dimostrata,
non avendo la parte nemmeno allegato elementi di fatto a sostegno, sicche'
proprio tale difetto di prova e' gia' sufficiente a giustificare, sul piano
giuridico, la soluzione accolta dal giudice di merito. Ne consegue
l'inammissibilita' del motivo, atteso che esso investe un accertamento di per
se' non decisivo a sostenere, sul piano giuridico e motivazionale, la pronuncia
di condanna della parte venditrice.
Il quarto motivo di ricorso denunzia
" Omessa decisione su punti essenziali della controversia (articolo 360, n. 5)",
lamentando che il Tribunale non abbia preso in esame l'eccezione della convenuta
di tardivita' nella denunzia dei vizi ed il motivo di appello che lamentava una
duplicazione del danno, per avere il giudice di pace condannato la venditrice al
pagamento sia di una somma " per i definitivo riassetto del veicolo "che ad un
importo corrispondente al maggior prezzo mino valore del bene. Anche questo
motivo non merita accoglimento.
La prima censura e' inammissibile per
difetto di autosufficienza, non indicando il ricorso quando l'eccezione di
tardivita' della denunzia dei vizi e' stata sollevata, tenuto conto che la
stessa non e' nemmeno riportata tra le difese che la stessa ricorrente assume
avere svolto nella comparsa di risposta di primo grado (pag. 2 e 3 del ricorso).
La Corte non e' pertanto in grado di valutare se tale eccezione sia stata
effettivamente proposta dinanzi ai giudici di merito e se cio' sia avvenuto nel
rispetto del codice di rito.
La seconda censura e' invece infondata, non
essendovi inconciliabilità logica tra la liquidazione del danno consistito
nelle spese di riparazione del veicolo e quella del pregiudizio per il suo minor
valore, potendo le due voci coesistere nel caso in cui la riparazione non
restituisca al mezzo la sua originaria efficienza e funzionalità. In ogni caso,
al fine di dimostrare l'errore di duplicazione del danno, parte ricorrente
avrebbe dovuto riportare le conclusioni della consulenza tecnica d'ufficio, e
non limitarsi ad una censura generica, che non consente di verificare in
concreto la sussistenza del vizio denunziato.
Il ricorso va pertanto
respinto.
Nulla si dispone sulle spese di giudizio, non avendo la parte
intimata svolto attività difensiva.
P.Q.M.
rigetta il
ricorso.
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