Questa domenica vi proponiamo la recente sentenza n.
5120/2011 con la quale la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo
il quale il l'Amministrazione finanziaria che obblighi il cittadino a dotarsi
di consulente tecnico per tutelarsi da un atto amministrativo del tutto
illegittimo è tenuta a pagare il professionista.
La Cassazione ha giustamente sanzionato la condotta della P.A., nella figura dell'Agenzia delle entrate, per non aver agito nel rispetto del contribuente ed obbligando quest'ultimo a maggiori costi per l'assunzione del professionista.
Nel caso di specie, un contribuente si era visto costretto
ad assumere un difensore tecnico per far annullare, in via di autotutela, un
atto impositivo dell'Agenzia delle entrate.
L'ufficio, nonostante le osservazioni presentate dal
contribuente, aveva "cancellato" gli effetti dell'atto amministrativo
illegittimo solo dopo l'intervento del professionista.
La Suprema Corte ha punito il ritardo dell'Agenzia delle
Entrate, motivando così la propria decisione "Infatti, anche sulla
Pubblica Amministrazione grava l'obbligo di rispettare il principio
fondamentale del neminem laedere, previsto dall'art. 2043 c.c.. Il
comportamento tenuto dalla convenuta non può che ravvisare violazione del
suddetto principio; infatti, nonostante le diffide, mai l'Agenzia delle Entrate
di Patti ha provveduto a verificare quanto dall'attore lamentato, e cioè che
esso non era tenuto al pagamento delle somme richieste con gli avvisi di
accertamento notificati. Solo a seguito di ulteriori sollecitazioni da parte
del commercialista dell'attore, l'Agenzia delle Entrate di Patti ha ammesso
l'errore commesso, provvedendo all'annullamento delle somme richieste.
E' ovvio
che, nel caso in specie, il comportamento tenuto dalla Pubblica
Amministrazione, violando le più comuni regole di prudenza e di diligenza, ha
causato un danno economico al sig. G., che non può che essere risarcito e che
comprende, tra l'altro, le spese sostenute dallo stesso per il commercialista e
per le varie trasferte verso l'ufficio della Pubblica Amministrazione, nonchè
le spese accessorie e consequenziali sostenute per conferire con la Pubblica
Amministrazione".
La Cassazione ha giustamente sanzionato la condotta della P.A., nella figura dell'Agenzia delle entrate, per non aver agito nel rispetto del contribuente ed obbligando quest'ultimo a maggiori costi per l'assunzione del professionista.
CASSAZIONE 5120/2011
[omissis]
Motivi della decisione
Con l'unico motivo di ricorso si deduce violazione
dell'art. 2043 c.c.; si afferma in particolare che il Giudice di Pace nel
ritenere applicabile alla P.A. il principio del neminem laedere e che
"manca nella specie il carattere dell'ingiustizia del danno, in relazione
al fatto che l'annullamento in autotutela non si configura quale obbligo bensì
come mera facoltà dell'amministrazione, con le conseguenze che il privato non è
titolare di alcuna posizione soggettiva in ordine al ritiro dell'atto in
positivo".
Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.
Deve, innanzitutto, rilevarsi (come del resto pacifico
nella giurisprudenza di questa Corte - tra le altre, Cass. nn.
1191/2003;7531/2009; 7531/2009;S.U. 261082007) che l'attività della pubblica
amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei
limiti posti dalla legge e dal principio primario del neminem laedere,
codificato nell'art. 2043 c.c., per cui è consentito al giudice ordinario
accertare se vi sia stato da parte della stessa pubblica amministrazione, un
comportamento doloso o colposo che, in violazione di tale norma e tale
principio, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo. Infatti,
stanti principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, di cui
all'art. 97 Cost., la pubblica amministrazione è tenuta a subire le conseguenze
stabilite dall'art. 2043 c.c., atteso che tali principi si pongono come limiti
esterni alla sua attività discrezionale.
Sul punto, il giudice di merito ha, sulla base del
discrezionale potere valutativo ad esso spettante, ritenuta sussistente la
violazione dell'art. 2043 c.c., affermando, con sufficiente e logica
motivazione, che "buon diritto ha il sig. G.F. di vedersi risarcito il
danno causato dalla Pubblica Amministrazione.
Infatti, anche sulla Pubblica Amministrazione grava
l'obbligo di rispettare il principio fondamentale del neminem laedere, previsto
dall'art. 2043 c.c.. Il comportamento tenuto dalla convenuta non può che
ravvisare violazione del suddetto principio; infatti, nonostante le diffide,
mai l'Agenzia delle Entrate di Patti ha provveduto a verificare quanto
dall'attore lamentato, e cioè che esso non era tenuto al pagamento delle somme
richieste con gli avvisi di accertamento notificati. Solo a seguito di ulteriori
sollecitazioni da parte del commercialista dell'attore, l'Agenzia delle Entrate
di Patti ha ammesso l'errore commesso, provvedendo all'annullamento delle somme
richieste. E' ovvio che, nel caso in specie, il comportamento tenuto dalla
Pubblica Amministrazione, violando le più comuni regole di prudenza e di
diligenza, ha causato un danno economico al sig. G., che non può che essere
risarcito e che comprende, tra l'altro, le spese sostenute dallo stesso per il
commercialista e per le varie trasferte verso l'ufficio della Pubblica
Amministrazione, nonchè le spese accessorie e consequenziali sostenute per
conferire con la Pubblica Amministrazione".
Il mancato svolgimento di attività difensiva da parte
dell'intimato comporta il non doversi provvedere in ordine alle spese della
presente fase.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
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