domenica 4 dicembre 2011

Fisco obbligato a pagare il professionista del contribuente nel caso di autotutela

Questa domenica vi proponiamo la recente sentenza n. 5120/2011 con la quale la Corte di Cassazione ha ribadito il principio secondo il quale il l'Amministrazione finanziaria che obblighi il cittadino a dotarsi di consulente tecnico per tutelarsi da un atto amministrativo del tutto illegittimo è tenuta a pagare il professionista.

Nel caso di specie, un contribuente si era visto costretto ad assumere un difensore tecnico per far annullare, in via di autotutela, un atto impositivo dell'Agenzia delle entrate.
L'ufficio, nonostante le osservazioni presentate dal contribuente, aveva "cancellato" gli effetti dell'atto amministrativo illegittimo solo dopo l'intervento del professionista.

La Suprema Corte ha punito il ritardo dell'Agenzia delle Entrate, motivando così la propria decisione "Infatti, anche sulla Pubblica Amministrazione grava l'obbligo di rispettare il principio fondamentale del neminem laedere, previsto dall'art. 2043 c.c.. Il comportamento tenuto dalla convenuta non può che ravvisare violazione del suddetto principio; infatti, nonostante le diffide, mai l'Agenzia delle Entrate di Patti ha provveduto a verificare quanto dall'attore lamentato, e cioè che esso non era tenuto al pagamento delle somme richieste con gli avvisi di accertamento notificati. Solo a seguito di ulteriori sollecitazioni da parte del commercialista dell'attore, l'Agenzia delle Entrate di Patti ha ammesso l'errore commesso, provvedendo all'annullamento delle somme richieste.
E' ovvio che, nel caso in specie, il comportamento tenuto dalla Pubblica Amministrazione, violando le più comuni regole di prudenza e di diligenza, ha causato un danno economico al sig. G., che non può che essere risarcito e che comprende, tra l'altro, le spese sostenute dallo stesso per il commercialista e per le varie trasferte verso l'ufficio della Pubblica Amministrazione, nonchè le spese accessorie e consequenziali sostenute per conferire con la Pubblica Amministrazione".
 
La Cassazione ha giustamente sanzionato la condotta della P.A., nella figura dell'Agenzia delle entrate, per non aver agito nel rispetto del contribuente ed obbligando quest'ultimo a maggiori costi per l'assunzione del professionista.



CASSAZIONE 5120/2011

[omissis]

Motivi della decisione

Con l'unico motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 2043 c.c.; si afferma in particolare che il Giudice di Pace nel ritenere applicabile alla P.A. il principio del neminem laedere e che "manca nella specie il carattere dell'ingiustizia del danno, in relazione al fatto che l'annullamento in autotutela non si configura quale obbligo bensì come mera facoltà dell'amministrazione, con le conseguenze che il privato non è titolare di alcuna posizione soggettiva in ordine al ritiro dell'atto in positivo".

Il ricorso è infondato e non merita accoglimento.
Deve, innanzitutto, rilevarsi (come del resto pacifico nella giurisprudenza di questa Corte - tra le altre, Cass. nn. 1191/2003;7531/2009; 7531/2009;S.U. 261082007) che l'attività della pubblica amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti dalla legge e dal principio primario del neminem laedere, codificato nell'art. 2043 c.c., per cui è consentito al giudice ordinario accertare se vi sia stato da parte della stessa pubblica amministrazione, un comportamento doloso o colposo che, in violazione di tale norma e tale principio, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo. Infatti, stanti principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, di cui all'art. 97 Cost., la pubblica amministrazione è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall'art. 2043 c.c., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale.

Sul punto, il giudice di merito ha, sulla base del discrezionale potere valutativo ad esso spettante, ritenuta sussistente la violazione dell'art. 2043 c.c., affermando, con sufficiente e logica motivazione, che "buon diritto ha il sig. G.F. di vedersi risarcito il danno causato dalla Pubblica Amministrazione.
Infatti, anche sulla Pubblica Amministrazione grava l'obbligo di rispettare il principio fondamentale del neminem laedere, previsto dall'art. 2043 c.c.. Il comportamento tenuto dalla convenuta non può che ravvisare violazione del suddetto principio; infatti, nonostante le diffide, mai l'Agenzia delle Entrate di Patti ha provveduto a verificare quanto dall'attore lamentato, e cioè che esso non era tenuto al pagamento delle somme richieste con gli avvisi di accertamento notificati. Solo a seguito di ulteriori sollecitazioni da parte del commercialista dell'attore, l'Agenzia delle Entrate di Patti ha ammesso l'errore commesso, provvedendo all'annullamento delle somme richieste. E' ovvio che, nel caso in specie, il comportamento tenuto dalla Pubblica Amministrazione, violando le più comuni regole di prudenza e di diligenza, ha causato un danno economico al sig. G., che non può che essere risarcito e che comprende, tra l'altro, le spese sostenute dallo stesso per il commercialista e per le varie trasferte verso l'ufficio della Pubblica Amministrazione, nonchè le spese accessorie e consequenziali sostenute per conferire con la Pubblica Amministrazione".

Il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell'intimato comporta il non doversi provvedere in ordine alle spese della presente fase.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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