Ancora un punto in favore dei consumatori nella intricata vicenda che riguarda la commercializzazione di diamanti attraverso i più importanti gruppi bancari italiani.
In questi giorni, sono state pubblicate le varie sentenze con le quali il TAR Lazio sta confermando le sanzioni amministrative che lo scorso ottobre 2017 erano state determinate dall'Antitrust nei confronti di varie banche che avevano sollecitato all'acquisto di pietre preziose presso i propri sportelli.
Tra le varie sentenze in fase di pubblicazione, vi proponiamo quella resa nei confronti del Banco Popolare/BPM, uno dei soggetti che ha ospitato con più frequenza i promotori delle società Intermarket Diamond Business (Idb) e Diamond Private Investment, i quali si sono avvalsi dell'assistenza degli istituti di credito che hanno sollecitato i clienti all'investimento in diamanti.
Ma come è potuta avvenire questa manovra di raggiro verso 120.000 consumatori?
Il Giudice amministrativo ha sostanzialmente confermato la decisione dell'Autorità garante, ritenendo che i messaggi pubblicitari di BPM siano contrari alle norme di tutela del consumatore, ed in particolare la condotta si manifesta come ingannevole verso il contraente debole.
Riteniamo, sul punto, interessante estrapolare alcuni punti del provvedimento in oggetto, in quanto possono facilitarci a comprendere la strategia portata avanti per vendere i diamanti ai consumatori.
Banco popolare ha contestato di non aver svolto alcuna particolare attività di sollecitazione dei clienti e, quindi, di non essere tenuto ad informare Bankitalia rispetto a questa promozione dei diamanti (quindi non prodotti bancari) che avveniva (ed avviene?) nelle filiali.
Sul punto, il TAR ha richiamato l'accordo in essere tra IDB e il Banco Popolare, il cui contenuto è abbastanza chiaro ed inequivocabile "in forza della accordo di collaborazione sottoscritto da IDB e BBPM, la banca fosse tenuta a mettere a disposizione dei clienti, nei propri locali, il materiale divulgativo predisposto da IDB, provvedendo anche i funzionari dell'istituto ad inoltrare alla IDB le disposizioni d'acquisto sottoscritte dall'acquirente, previa informativa resa, dai medesimi funzionari, in ordine all'esatto ammontare dell'operazione".
Il giudice amministrativo, nel confermare la decisione di AGCM, osserva che era espressamente prevista la figura del "referente investimenti" all'interno delle singole realtà, il cui fine era proporre l'investimento in diamanti, ed assistere il cliente nella fase dell'acquisto.
Tutto ciò, secondo il TAR, attesta che l'attività di segnalazione della banca "comportasse un ruolo attivo nella dinamica contrattuale complessiva in cui il consumatore era coinvolto".
Ma nel provvedimento si trova un altro dato che, in modo inequivocabile, attesta la commistione degli interessi tra la società venditrice e la banca segnalatrice, ed è rintracciabile nell'accordo in essere tra le parti, con la previsione di una lauta commissione a vantaggio dell'istituto di credito che conclude le vendite dei preziosi.
Ed è per tale motivo, aggiungiamo noi, che le banche non avevano alcun interesse ad approfondire il grado di conoscenza ed informazione rispetto ai diamanti venduti, sicché il consumatore/cliente è stato lasciato ai soli pochi, e fuorvianti, dati offerti dalla società venditrice che, come accertato dall'Antitrust, non potevano aiutare il contraente debole nella scelta.
Per tali ragioni, il TAR ha ritenuto corretto tutto il ragionamento seguito AGCM, così respingendo il ricorso della banca.
In questi giorni, sono state pubblicate le varie sentenze con le quali il TAR Lazio sta confermando le sanzioni amministrative che lo scorso ottobre 2017 erano state determinate dall'Antitrust nei confronti di varie banche che avevano sollecitato all'acquisto di pietre preziose presso i propri sportelli.
Tra le varie sentenze in fase di pubblicazione, vi proponiamo quella resa nei confronti del Banco Popolare/BPM, uno dei soggetti che ha ospitato con più frequenza i promotori delle società Intermarket Diamond Business (Idb) e Diamond Private Investment, i quali si sono avvalsi dell'assistenza degli istituti di credito che hanno sollecitato i clienti all'investimento in diamanti.
Ma come è potuta avvenire questa manovra di raggiro verso 120.000 consumatori?
La risposta al quesito è chiara e semplice: grazie all'aiuto delle banche.
E' evidente che le società IDB e DPI si sono avvalse del canale bancario, come dalle stesse ammesso, per poter offrire i certificati di diamanti. E l'appoggio delle banche ha attribuito un carattere di sicurezza e certezza alle vendite che avvenivano nelle filiali.
Come ha accertato l'Antitrust, usualmente i clienti della banca venivano contattati da un dirigente della filiale che proponeva loro una particolare modalità di investimento, invitandoli presso la sede dell'istituto di credito.
In quella sede, un promotore delle società che vendono questi prodotti, sollecitava l'acquisto che si perfezionava con la firma del contratto e il bonifico di pagamento in favore della società.
La sanzione ha riguardato, in particolare, il messaggio pubblicitario veicolato dalla banca, la quale ha favorito la conclusione dei contratti con la società IDB.
E' evidente che le società IDB e DPI si sono avvalse del canale bancario, come dalle stesse ammesso, per poter offrire i certificati di diamanti. E l'appoggio delle banche ha attribuito un carattere di sicurezza e certezza alle vendite che avvenivano nelle filiali.
Come ha accertato l'Antitrust, usualmente i clienti della banca venivano contattati da un dirigente della filiale che proponeva loro una particolare modalità di investimento, invitandoli presso la sede dell'istituto di credito.
In quella sede, un promotore delle società che vendono questi prodotti, sollecitava l'acquisto che si perfezionava con la firma del contratto e il bonifico di pagamento in favore della società.
AGCM: condotta commerciale scorretta
Lo scorso ottobre 2017, all'esito di un accurato procedimento d'indagine, l'Antitrust ha sanzionato i venditori dei diamanti, ma anche le principali banche che si sono offerte per proporre questo tipo di business molto spesso a consumatori non esperti in materia.
AGCM ha accertato che in molte circostanze l'offerta di tali prodotti è avvenuta in assenza di valide e reali informazioni offerte ai clienti, ai quali l'acquisto è stato prospettato come una forma di investimento, basandosi su dei valori fuori dalla realtà (rectius mercato).
Ed anche le banche, come accertato dall'Antitrust, hanno avuto un loro ruolo nel favorire questo tipo di commercio, offrendo strutture e locali ove i consumatori sono stati ricevuti.
La sanzione ha riguardato, in particolare, il messaggio pubblicitario veicolato dalla banca, la quale ha favorito la conclusione dei contratti con la società IDB.
Anche il Banco Popolare, destinatario del provvedimento sanzionatorio, ha deciso di impugnarlo avanti al TAR del Lazio contestandone la legittimità.
Il TAR Lazio ha confermato le sanzioni al Banco Popolare
Il Giudice amministrativo ha sostanzialmente confermato la decisione dell'Autorità garante, ritenendo che i messaggi pubblicitari di BPM siano contrari alle norme di tutela del consumatore, ed in particolare la condotta si manifesta come ingannevole verso il contraente debole.
Riteniamo, sul punto, interessante estrapolare alcuni punti del provvedimento in oggetto, in quanto possono facilitarci a comprendere la strategia portata avanti per vendere i diamanti ai consumatori.
Banco popolare ha contestato di non aver svolto alcuna particolare attività di sollecitazione dei clienti e, quindi, di non essere tenuto ad informare Bankitalia rispetto a questa promozione dei diamanti (quindi non prodotti bancari) che avveniva (ed avviene?) nelle filiali.
Sul punto, il TAR ha richiamato l'accordo in essere tra IDB e il Banco Popolare, il cui contenuto è abbastanza chiaro ed inequivocabile "in forza della accordo di collaborazione sottoscritto da IDB e BBPM, la banca fosse tenuta a mettere a disposizione dei clienti, nei propri locali, il materiale divulgativo predisposto da IDB, provvedendo anche i funzionari dell'istituto ad inoltrare alla IDB le disposizioni d'acquisto sottoscritte dall'acquirente, previa informativa resa, dai medesimi funzionari, in ordine all'esatto ammontare dell'operazione".
Il giudice amministrativo, nel confermare la decisione di AGCM, osserva che era espressamente prevista la figura del "referente investimenti" all'interno delle singole realtà, il cui fine era proporre l'investimento in diamanti, ed assistere il cliente nella fase dell'acquisto.
Tutto ciò, secondo il TAR, attesta che l'attività di segnalazione della banca "comportasse un ruolo attivo nella dinamica contrattuale complessiva in cui il consumatore era coinvolto".
Ma nel provvedimento si trova un altro dato che, in modo inequivocabile, attesta la commistione degli interessi tra la società venditrice e la banca segnalatrice, ed è rintracciabile nell'accordo in essere tra le parti, con la previsione di una lauta commissione a vantaggio dell'istituto di credito che conclude le vendite dei preziosi.
Ed è per tale motivo, aggiungiamo noi, che le banche non avevano alcun interesse ad approfondire il grado di conoscenza ed informazione rispetto ai diamanti venduti, sicché il consumatore/cliente è stato lasciato ai soli pochi, e fuorvianti, dati offerti dalla società venditrice che, come accertato dall'Antitrust, non potevano aiutare il contraente debole nella scelta.
Per tali ragioni, il TAR ha ritenuto corretto tutto il ragionamento seguito AGCM, così respingendo il ricorso della banca.
Qui la sentenza del TAR.
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