sabato 23 marzo 2019

Gli altarini del risparmio gestito svelati dalla ricerca di Mediobanca

Il Fatto Quotidiano 18 febbraio 2019
L’Italia è proprio un paese anormale. Le rare analisi che smascherano gli altarini del risparmio gestito arrivano soprattutto da una società privata, cioè da Mediobanca. E non solo dal suo ufficio studi, ma anche da una sua branca rivolta agli investitori istituzionali (Mediobanca Securities). L’ultima ricerca di Gian Luca Ferrari del 5-2-2019 s’intitola Italian Asset Gatherers e analizza appunto le principali società di vendita non allo sportello, bensì porta a porta: Mediolanum, Banca Generali, Azimut, Fineco.

Quanti si riempiono la bocca con l’educazione finanziaria dovrebbero tradurla in italiano e darle ampia diffusione. Sicuri che ciò non avverrà, riportiamo alcune informazioni purtroppo in forma molto compressa.


Poca fatica, molto guadagno. La ricerca fornisce una stima - e questa è una vera novità - dei contatti dei venditori, sedicenti consulenti, coi loro clienti. In molti casi si riducono a qualche telefonata e due-tre visite l’anno; non di rado anche meno (p. 28). In compenso gli fanno pagare a vario titolo commissioni esorbitanti. Per patrimoni in gestione sui 250 mila euro esse vanno dal 2% al 2,8% annui. Per quelli sul milione di euro dall’1,7% al 2,5% (p. 27).

Distruzione di risparmio. Di fronte a tali percentuali è interessante porsi una domanda, che gli educatori finanziari si guardano bene dal formulare. Cosa comportano oneri anche solo del 2% per chi si lascia gestire i risparmi dall’età di trent’anni alla pensione? Significano che l’industria del risparmio gestito gli porta via complessivamente il 50% della cifra investita, erodendola un po’ alla volta. Nel caso di un prodotto previdenziale sciaguratamente intestato a un bambino, essa sottrae il 70%.

L’America insegna. Tutto ciò non è scontato. Negli Stati Uniti l’enorme società Charles Swab ha un’offerta diversificata, dove sostanzialmente si paga in base al servizio ricevuto e di regola molto meno, quasi sempre sotto l’1% annuo, a percentuali decrescenti col crescere dei patrimoni (pp. 15-25).

Frottole smontate. È falso che gli italiani abbiano troppi titoli a reddito fisso: non ne hanno mai avuto così pochi. Ma soprattutto è una menzogna che sia ancora poco diffuso il risparmio gestito: col 35% è ai massimi storici. Altra falsità che la quota in fondi comuni sia bassa nei confronti con l’estero. È viceversa fra le più alte (pp. 45-50).

E potremmo continuare. I dati forniti dalla ricerca sono così gravi che in un paese normale fungerebbero da pietra tombale per le società esaminate. Ma siamo in Italia e così non sarà.

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