Da Verona arriva una grande novità per i consumatori che sono rimasti vittime della vendita di diamanti da parte di IDB con il decisivo contributo di alcuni importanti istituti di credito tra i quali il Banco Popolare.
La banca è stata dichiarata responsabile per il danno sofferto dai propri clienti, invitati presso una filiale del Banco per l'acquisto dei preziosi nel lontano 2011.
La Banca è stata condannata al risarcimento del danno in favore dei consumatori, con il pagamento della differenza tra l'importo di vendita (più elevato) ed il reale valore dei preziosi (più modesto).
Per maggiori informazioni, potete scrivere a info@consumatoreinformato.it o sos@consumatoreinformato.it
1.- Premessa: la vendita dei diamanti in banca
Abbiamo già trattato la questione (vedi qui), evidenziando che la vicenda è caratterizzata dalla condotta ambigua tenuta dalle banche, le quali hanno concluso accordi volti a favorire la vendita di diamanti ai propri clienti da parte di alcune società, tra le quali Intermarket Diamond Business.
Molti correntisti, come noto, sono stati invitati presso la filiale, sollecitati all'investimento del proprio capitale in un prodotto presentato come "bene rifugio", ma il cui valore effettivo era inferiore a quello di vendita.
Peraltro, la successiva dichiarazione di fallimento di IDB (vedi qui) ha definitivamente accertato il reale carattere della vendita dei diamanti, pietre vendute a prezzi fuori mercato e lontani dal valore reale.
2.- Tribunale di Verona: il ruolo di Intermarket Diamond Business
I consumatori hanno deciso, quindi, di rivolgersi al Tribunale di Verona per chiedere l'accertamento del danno sofferto dalle società ed ottenere il relativo risarcimento.
E il giudice veronese ha ritenuto, in primo luogo, di dover accertare la posizione della società venditrice - Intermarket Diamond Business - individuando una peculiare condotta inadempiente da parte della società per aver presentato in modo parziale ed oscuro ai clienti la vendita dei diamanti.
Le informazioni relative ai preziosi, infatti, sono sempre state caratterizzate da dati parziali e poco attendibili, con quotazioni determinate dalla società venditrice e prive di riscontro del mercato.
Peraltro, lo stesso materiale informativo messo a disposizione dei consumatori dal venditore, era parziale e non attendibile, così come osservato dal giudice "Nel materiale divulgativo di IDB si sottolineava anche che la qualità dei diamanti era in grado di assicurare e come l’investimento fosse monetizzabile in qualsiasi momento (cfr. doc. 9 ) e in qualsiasi parte del mondo in tempi reali di mercato (doc. 10) e anche le sopra descritte modalità di pubblicizzazione della loro offerta (quotazioni, pubblicazione su giornali economici) erano idonee a far credere ai possibili acquirenti che i diamanti erano un bene rifugio, che avrebbe potuto preservare il valore dei risparmi investiti che e agevolmente liquidabile in tutto il mondo.".
Ma la realtà era ben diversa, come sperimentato da molti consumatori italiani, ed accertato dal Tribunale di Verona, ove è risultato che i diamanti non erano (e non sono) facilmente vendibili, di valore inferiore a quello della vendita, ed in conclusione una operazione in un bene rifugio.
Il giudice ha evidenziato, in particolare, che "In realtà, come è noto, la possibilità di recuperare il capitale investito dipende dal prezzo al quale si riesce a rivendere il valore acquistato e dall’ampiezza del mercato nel quale esso può essere piazzato. Tali possibilità nel caso di specie erano alquanto remote, tenuto conto delle già evidenziate modalità di determinazione del prezzo di acquisto dei diamanti e del conseguente ampio scostamento tra l’effettivo valore delle pietre e il prezzo corrisposto per il loro acquisto.
Le prospettate rivendibilità e redditività non erano dunque veritiere ed oggettive perché erano esclusivamente collegate all’eventualità che fosse una controllata di IDB, IDB Intermediazioni, a ricollocare, previa assunzione di un mandato a vendere eventualmente rinnovabile, diamanti, alle “quotazioni” pubblicate da IDB, prevalentemente, se non esclusivamente, nell’ambito del circuito messo creato da IDB e dagli istituti di credito di cui essa si avvaleva.".
In altri termini, la quotazione di IDB non era attendibile e solo l'intervento di altra società del gruppo - IDB intermediazione - avrebbe potuto favorire la rivendita dei diamanti.
3.- Quale ruolo del Banco Popolare? responsabilità da contatto sociale
L'aspetto decisivo del provvedimento del Tribunale di Verona, e che vogliamo evidenziare con questo nostro intervento, è il ruolo collaborativo assunto dalla banca ed accertato dal giudice.
La banca si è difesa sostenendo di non aver assunto alcun ruolo particolare nella vendita, essendosi limitata ad invitare i clienti, senza alcun particolare interesse nella conclusione dell'affare.
La tesi difensiva dell'istituto di credito è stata smentita dal giudice, secondo il quale è emerso che la banca aveva concluso un accordo con IDB secondo il quale ad ogni vendita di diamanti conclusa presso una propria filiale, avrebbe incassato una percentuale vicina al 20% del valore di vendita.
Tale circostanza è considerata idonea per dimostrare la non estraneità della banca alla vendita dei diamanti, così come dimostrato dal fatto che la vendita si era conclusa in seguito alla partecipazione della dipendente della filiale dell'istituto di credito, chiamata a promuovere la vendita: "L’istituto di credito quindi aveva l’obbligo, e non solo l’interesse, a promuovere presso la propria clientela la conclusione dei contratti di compravendita operando come intermediario a favore di IDB.".
Ne consegue che, secondo il giudice, la responsabilità della banca è del tutto uguale a quella della società venditrice, anche se il contratto di vendita è stato concluso tra quest'ultima e i consumatori.
Secondo il Tribunale, infatti, la banca è responsabile nei confronti dei clienti in forza di un dovere di protezione, informazione e tutela che trova fondamento nel contatto sociale intercorso tra le parti.
Sul punto, la posizione del giudicante è chiara e non discutibile:"E’ appena il caso di evidenziare che il comportamento tenuto in concreto dalla banca ha tradito quell’affidamento e molto probabilmente, per una sorta di eterogenesi dei fini, ha anche pregiudicato quel risultato di fidelizzazione della clientela che la resistente si prefiggeva di realizzare collaborando con IDB.
Il rapporto intercorso tra le parti ha anche generato a carico di Banco Bpm un obbligo di informazione e di protezione nei confronti del cliente a salvaguardia dell’affidamento in lui generato e il suo fondamento normativo può essere individuato, come suggerito dalla difesa attorea, nel disposto dell’art. 1173 c.c. [….]".
4.- Si al risarcimento del danno
Accertata la responsabilità contrattuale della banca, per aver violato il legittimo affidamento riposto dai clienti nella condotta dei propri dipendenti, il giudice ha determinato la misura del danno sofferto dai clienti ed oggetto di risarcimento, e consistente nella differenza tra il valore della vendita dei preziosi e quello effettivo accertato da perizia proposta dai consumatori.
Le prospettate rivendibilità e redditività non erano dunque veritiere ed oggettive perché erano esclusivamente collegate all’eventualità che fosse una controllata di IDB, IDB Intermediazioni, a ricollocare, previa assunzione di un mandato a vendere eventualmente rinnovabile, diamanti, alle “quotazioni” pubblicate da IDB, prevalentemente, se non esclusivamente, nell’ambito del circuito messo creato da IDB e dagli istituti di credito di cui essa si avvaleva.".
In altri termini, la quotazione di IDB non era attendibile e solo l'intervento di altra società del gruppo - IDB intermediazione - avrebbe potuto favorire la rivendita dei diamanti.
3.- Quale ruolo del Banco Popolare? responsabilità da contatto sociale
L'aspetto decisivo del provvedimento del Tribunale di Verona, e che vogliamo evidenziare con questo nostro intervento, è il ruolo collaborativo assunto dalla banca ed accertato dal giudice.
La banca si è difesa sostenendo di non aver assunto alcun ruolo particolare nella vendita, essendosi limitata ad invitare i clienti, senza alcun particolare interesse nella conclusione dell'affare.
La tesi difensiva dell'istituto di credito è stata smentita dal giudice, secondo il quale è emerso che la banca aveva concluso un accordo con IDB secondo il quale ad ogni vendita di diamanti conclusa presso una propria filiale, avrebbe incassato una percentuale vicina al 20% del valore di vendita.
Tale circostanza è considerata idonea per dimostrare la non estraneità della banca alla vendita dei diamanti, così come dimostrato dal fatto che la vendita si era conclusa in seguito alla partecipazione della dipendente della filiale dell'istituto di credito, chiamata a promuovere la vendita: "L’istituto di credito quindi aveva l’obbligo, e non solo l’interesse, a promuovere presso la propria clientela la conclusione dei contratti di compravendita operando come intermediario a favore di IDB.".
Ne consegue che, secondo il giudice, la responsabilità della banca è del tutto uguale a quella della società venditrice, anche se il contratto di vendita è stato concluso tra quest'ultima e i consumatori.
Secondo il Tribunale, infatti, la banca è responsabile nei confronti dei clienti in forza di un dovere di protezione, informazione e tutela che trova fondamento nel contatto sociale intercorso tra le parti.
Sul punto, la posizione del giudicante è chiara e non discutibile:"E’ appena il caso di evidenziare che il comportamento tenuto in concreto dalla banca ha tradito quell’affidamento e molto probabilmente, per una sorta di eterogenesi dei fini, ha anche pregiudicato quel risultato di fidelizzazione della clientela che la resistente si prefiggeva di realizzare collaborando con IDB.
Il rapporto intercorso tra le parti ha anche generato a carico di Banco Bpm un obbligo di informazione e di protezione nei confronti del cliente a salvaguardia dell’affidamento in lui generato e il suo fondamento normativo può essere individuato, come suggerito dalla difesa attorea, nel disposto dell’art. 1173 c.c. [….]".
4.- Si al risarcimento del danno
Accertata la responsabilità contrattuale della banca, per aver violato il legittimo affidamento riposto dai clienti nella condotta dei propri dipendenti, il giudice ha determinato la misura del danno sofferto dai clienti ed oggetto di risarcimento, e consistente nella differenza tra il valore della vendita dei preziosi e quello effettivo accertato da perizia proposta dai consumatori.
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