domenica 21 febbraio 2021

Il giudice ancora in aiuto del consumatore: si alla riduzione dei costi di finanziamento

In tema di estinzione anticipata del finanziamento e di riduzione del costo del credito, il Tribunale di Torino, insieme a quello di Napoli (vedi) è stato uno degli apripista dell’applicazione dei principi contenuti nella sentenza Lexitor: la sentenza di appello del 21 marzo 2020, a firma del Dr. Enrico Astuni, è un esempio. 

La pronuncia in esame oggi dimostra che, nel contenzioso bancario del nostro paese, le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (la Lexitor, appunto) hanno un peso determinante, soprattutto per i giudici nazionali, i quali sanno che:

la Corte di Giustizia della UE interpreta le direttive e regolamenti della UE;

le norme nazionali devono essere allineate agli atti normativi della UE, e non il contrario

Eppure, questi principi sembrano sfuggire agli intermediari bancari, i quali ancora sostengono che la sentenza Lexitor, alla fin fine, verte su una direttiva che non si applica direttamente ai rapporti tra i privati. 

Teniamo anche conto del fatto che durante la pandemia il nostro legislatore nulla ha detto sulla questione, né nel Decreto “Cura Italia” né nel Decreto “Rilanci”: di conseguenza, due sono gli attori che hanno voce in capitolo, e sono l’ABF (nostro intervento qui) e i tribunali. 

Tornando, allora, alla sentenza oggetto del nostro intervento è emerso ancora una volta che, secondo i giudici torinesi, per interpretare l’articolo 125-sexies del T.U.B. non fanno più fede le circolari della Banca d’Italia, bensì direttamente la sentenza Lexitor, che ha sancito che la riduzione deve includere tutti i costi a carico del consumatore, superando la distinzione tra oneri up front e oneri recurring. 

Infatti, la diretta applicabilità di Lexitor è dovuta al fatto che l’articolo 125-sexies altro non è che la trasposizione di una regola sancita da una direttiva (art. 16 direttiva 2008/48), quest'ultima interpretata, appunto, dalla Corte di Giustizia. Tra l’altro, il Tribunale di Torino rincara la dose, specificando che quanto dice la Corte di Giustizia è vincolante anche per i  contratti già in essere al momento in cui è stata pubblicata la sentenza Lexitor. 

Ciò posto, viene chiarito che il cliente ha diritto alla riduzione di tutti i costi del credito in sede di estinzione anticipata. 

In sede processuale, questo si traduce nelle seguenti allegazioni, da produrre in giudizio: 

(1) il finanziamento rientra nel credito ai consumatori; 

(2) il finanziamento è stato estinto; 

(3) la banca ha trattenuto costi, quale che sia la loro qualifica, spesso resa difficile da contratti opachi e fumosi. 

Tale "semplificazione" processuale esplica i suoi effetti anche nei processi già pendenti.

E qui veniamo, agli ulteriori aspetti importanti di questa pronuncia, che ha toccato anche il tema dei costi assicurativi connessi alla durata del finanziamento. 

Anzitutto, la banca, e non l’assicuratore, viene ritenuto il corretto legittimato passivo di una domanda di riduzione del costo del credito, salvo il suo diritto di regresso verso l’impresa assicuratrice. Benché vi siano norme interne che prevedono il contrario, è ancora una volta l’articolo 125-sexies T.U.B. a fare fede. Questa determinazione, diciamo così, “smonta” gli accordi tra banche e assicurazioni e semplifica le mosse che può compiere il consumatore, che non viene costretto a chiamare in causa anche l’assicurazione per un costo che, alla fin fine, è collegato ad un finanziamento concluso con la banca. 

Quanto al merito della questione, e più precisamente a come si riducono i costi assicurativi, due sono i criteri citati dal Tribunale di Torino, che si applicano in questo preciso ordine: 

(1) anzitutto, il criterio pro rata temporis (vale a dire “in proporzione al tempo”): vi deve, cioè, essere proporzionalità tra la durata residua del finanziamento estinto in anticipo e i costi (tutti) riferiti a quella porzione di durata; 

(2) il criterio definito dal contratto, anche se meno favorevole per il cliente, purché sia conforme sia alle norme di settore (in particolare, agli articoli 22, comma 15-quater e 15-quinquies, del d.l. 179/2012 e dell'art. 49 reg. Isvap n. 35/2020), oltre che chiaro e comprensibile per il cliente. La chiarezza non è una mera questione di correttezza lessicale e grammaticale, infatti: il cliente deve poter applicare le indicazioni matematiche e finanziarie contenute nel contratto, senza condurre disamine proprie di un analista finanziario o di un magistrato. 

Qui trovate il provvedimento del Tribunale di Torino.

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